Io, lui, lei e l'asino (2020)
- michemar

- 30 set 2021
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 14 giu 2023

Io, lui, lei e l'asino
(Antoinette dans les Cévennes) Francia/Belgio 2020 commedia 1h37’
Regia: Caroline Vignal
Soggetto: Robert Louis Stevenson (Viaggio nelle Cévennes in compagnia di un asino)
Sceneggiatura: Caroline Vignal
Fotografia: Simon Beaufils
Montaggio: Annette Dutertre
Musiche: Matei Bratescot
Scenografia: Valérie Saradjian
Costumi: Isabelle Mathieu
Laure Calamy: Antoinette Lapouge
Benjamin Lavernhe: Vladimir Loubier
Olivia Côte: Éléonore Loubier
Louise Vidal: Alice Loubier
Marc Fraize: Michel
Jean-Pierre Martins: sceriffo
Lucia Sanchez: Annie
Maxence Tual: Jacques
Marie Rivière: Claire
Luc Palun: André Barascut
François Caron: Bernard
Ludivine de Chastenet: Élizabeth
Pierre Laur: Roland
Denis Mpunga: Idriss
Bertrand Combe: Jean-Pierre
TRAMA: Antoinette, un'insegnante, attende con impazienza le vacanze estive per trascorrerle con Vladimir, suo amante segreto e padre di una sua allieva. Quando apprende che Vladimir non può rispettare il piano perché sua moglie gli ha organizzato un trekking a sorpresa nel Parco nazionale delle Cévennes con la figlia e un somaro per portare il loro carico, Antoinette decide di seguire le loro tracce, in compagnia del suo testardo asino.
Voto 7

Allez, Patrick!
Il celebre Robert Louis Stevenson, lo scrittore scozzese che divenne famoso per L'isola del tesoro e Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, pubblicò nel 1879 un saggio dal titolo Viaggio nelle Cévennes in compagnia di un asino, in cui descriveva la sua esperienza nel tragitto da Monastiers-sur-Gazelle a Saont-Jean-du-Gard, appunto sulle montagne delle Cévennes, in compagnia di un'asina di nome Modestine. Stevenson e l'asina vissero quasi una storia d'amore, costruita alla pari di una commedia romantica, un genere che ai tempi dello scrittore non esisteva ancora. In un primo momento, i due quasi non si piacevano, per usare un eufemismo, ma finirono pian piano per addomesticarsi a vicenda. E quando alla fine dovettero prendere strade diverse fu commovente. È una vicenda che in qualche modo, anche se non così “sentimentale”, ha vissuto anche la regista Caroline Vignal, la quale ha passato davvero delle vacanze in quella maniera con il suo asino prediletto Patrick. Così, ispirata da quello scrittore, lei si era decisa a girare un film dopo la delusione dell’esordio avvenuto ben 20 anni prima, convinta dell’operazione che si accingeva a realizzare.

La protagonista Antoinette (non sarà mai sufficiente elogiarla per la simpatia e la bravura) è una insegnante, amante del papà di una sua alunna, Vladimir, con il quale ha organizzato una settimana di passione appena finita la scuola. Ma l’uomo all’ultimo momento la molla perché ormai si è impegnato per una vacanza di trekking in montagna con la famiglia, nelle Cévenne appunto. La donna ci resta malissimo, ma per delusione, reazione e dispetto non si perde d’animo: affitta un asino, Patrick, e si inerpica sugli stessi sentieri, quelli già percorsi nel XIX secolo da Robert Louis Stevenson con la speranza di trovare il suo amante – di cui è follemente innamorata, di cui descrive nei pensieri quanto apprezzi il sesso fatto con lui – e metterlo alla prova. Il problema principale è che lei è alquanto impacciata per ciò che riguarda le escursioni e con molta inesperienza ma volontà si presenta al primo rifugio per avere il necessario per partire: mappe, materiale, istruzioni e… un asino che le trasporti le vettovaglie. L’inizio è tragicomico, non sa neanche come incominciare ad avvicinarlo e a trattarlo, soprattutto come farsi ubbidire per farlo camminare. Non basta dirgli Allez, Patrick! Si sa, l’asino è un animale forte ma testardo, sicuro ma non facilmente ubbidiente. E l’avventura (in tutti i sensi) inizia, per fortuna con l’assistenza di un tempo sereno e la poca difficoltà del percorso, chiaramente lunghissimo, diviso in tappe precise con soste nei rifugi previsti, dove si incontrano le altre persone che hanno intrapreso un viaggio simile.

La simpaticissima e performante sceneggiatura – uno dei punti fermi del successo della commedia francese che ben conosciamo – esplode sin da questa partenza, in cui alla tavolata dei tanti partecipanti (dove però, inaspettatamente manca proprio la famiglia di Vladimir) inizia un colloquio fatto di domande insistenti dei presenti (per lo più coppie) che si incuriosiscono dei motivi che hanno spinto Antoinette a quella impresa. Anzi, il dialogo diventa un vero interrogatorio, specialmente da parte di quelli (e non sono tutte donne!) che vorrebbero sapere di più, che insistono su particolari parecchio personali, a cui l’insegnante non rinuncia a rispondere, per nulla infastidita, anzi pare addirittura contenta di poter sfogare la sua delusione e raccontare la sua relazione rimasta monca. Una sequenza che dura anche troppo, provocando nello spettatore qualche disagio, ma è una situazione creata dalla regia proprio per esporre il momento della donna e la familiarità che si instaura tra i tanti camminatori delle montagne. Una scena scomoda ma molto divertente, in cui il sorriso smagliante di Antoinette non fa mai un passo indietro: uno spasso, un’ulteriore conferma della ottima scrittura del film sempre ad opera della regista.


L’incrocio con la famiglia Loubier è solo rimandato di un giorno e ciò a causa della inesperienza della donna che durante la seconda tappa, un po’ per i capricci di Patrick, un po’ perché lei, svagatamente con la mente sempre rivolta al suo amato Vladimir, che sta cominciando a inviarle degli SMS convinto che sia in città, perde l’orientamento e, ahimè, il sentiero, compiendo un girotondo che la riporta al rifugio, dove è appena arrivato l’uomo, con la moglie e la figlia sua alunna. Come da prassi di commedia, ecco gli imbarazzi, gli incontri segreti, le bugie, le presentazioni: tutto come da copione ci si diverte e si sta sulle spine. Perché, sia chiaro, il tifo per Antoinette si fa per forza, è inevitabile. Lei è troppo simpatica per attirarsi i giudizi moralistici dei benpensanti, lei è infelice senza il suo caro Vladimir, che, come tanti mariti traditori, promette la svolta ma non ne ha la forza. La bravura della regista sceneggiatrice si rivela a questo punto: l’amore che non si realizza tra le due persone si trasferisce bucolicamente – qui la Natura la fa da padrona, con le belle montagne, i prati verdi, i boschi, gli animali selvaggi che la avvicinano – tra Antoinette e Patrick, che è sì caparbio come gli spetta ma la sa anche comprendere e cammina volentieri solo se la vede al fianco e se lei continua a parlargli continuamente, ovviamente della sua relazione, ma anche della sua vita. Ad ogni tappa serale e notturna lei, che ha sempre evitato di usare il frustino, si assicura che avrà ogni cura nel recinto, lo lascia malvolentieri, come un nuovo amante. L’animale le dà segni di affetto, lei lo accarezza e bacia come un compagno di vita. Il finale? Scontatamente straziante, come accaduto a Stevenson: lei, una volta giunta all’arrivo finale, non riesce ad abbandonarlo, lo rincorre quando già ha intrapreso il viaggio di ritorno con un altro escursionista, un giovane affascinante che non rifiuta la sua compagnia. Chissà…

La regia di Caroline Vignal è consapevole, motivo per cui riesce a trasmettere quello per cui si era messa all’opera, è convincente e sa dirigere un’attrice che è più di una scoperta, forse solo per il mercato italiano, perché la bravissima Laure Calamy è (in patria è ormai acclamata come una delle migliori della sua generazione) trascinante, continuamente in scena come una dominatrice, dalla simpatia esplosiva, dal sorriso che contamina. Brava nella gestualità, spumeggiante nella recitazione, bella presenza (non bellissima ma piacente), padrona di sé. Si può pretendere di più da Laure Calamy? e dalla commedia francese imbattibile? I risultati non sono mancati: miglior attrice ai César 2021. Poi viene spontaneo chiedersi come abbia fatto ad approcciarsi così bene con l’asino! E, particolare non da poco, Patrick è davvero simpatico anche lui, ma è proprio bravo anche in scena. Una coppia riuscitissima, in un film che lo è nella stessa misura: un piacere guardarlo. Peccato solo per il titolo italiano, adattato come un film comico degli anni Settanta.
Allez, Patrick!

Riconoscimenti
Premio César - 2021
Migliore attrice a Laure Calamy
Candidatura a miglior film
Candidatura a migliore attore non protagonista a Benjamin Lavernhe
Candidatura a migliore sceneggiatura originale
Candidatura a migliore fotografia
Candidatura a miglior montaggio
Candidatura a migliore musica da film
Candidatura a miglior sonoro






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