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Io, me & Irene (2000)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 26 ott
  • Tempo di lettura: 3 min
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Io, me & Irene

(Me, Myself & Irene) USA 2000 commedia 1h56’

 

Regia: Bobby e Peter Farrelly

Sceneggiatura: Mike Cerrone, Bobby Farrelly, Peter Farrelly

Fotografia: Mark Irwin

Montaggio: Christopher Greenbury

Musiche: Lee Scott, Pete Yorn

Scenografia: Sidney J. Bartholomew Jr.

Costumi: Pamela Withers Chilton

 

Jim Carrey: Charlie Baileygates / Frank (Hank) Evans

Renée Zellweger: Irene P. Waters

Anthony Anderson: Jamaal Baileygates

Mongo Brownlee: Lee Harvey Baileygates

Jerod Mixon: Shonté Jr. Baileygates

Chris Cooper: tenente Gerke

Michael Bowman: Casper (Mozzarella)

Daniel Greene: Dickie Thurman

Robert Forster: colonnello Partington

Tony Cox: Shonté Jackson

Richard Jenkins: agente Boshane

Zen Gesner: agente Peterson

Mike Cerrone: agente Stubie

Traylor Howard: Layla

 

TRAMA: Charlie è un agente che ha alle spalle diciassette anni di servizio tra le fila della polizia di Rhode Island. È una persona fin troppo educata ed è sempre pronto ad aiutare gli altri. Ha un unico problema: è schizofrenico, e quando finisce le medicine sprofonda nelle sue crisi e si trasforma nell’iperaggressivo Hank. I due non hanno niente in comune salvo Irene una bellissima fuggiasca che ha alle costole la polizia.

 

VOTO 6,5


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Avete presente quando vi svegliate e non sapete se siete più Charlie o Frank? No? Beh, Jim Carrey sì. Con l’occasione ci regala una performance che è un mix esplosivo tra schizofrenia comica e tenerezza da cartone animato. Merito di quei due pazzi scatenati dei fratelli Farrelly, quelli che ci hanno fatto ridere (e rabbrividire) con Tutti pazzi per Mary, che tornano con una commedia che ha meno sperma sullo schermo ma più cuore sotto la camicia. Il risultato? Una corsa sfrenata tra battute scorrette, mucche immortali e gelati al cioccolato serviti in modi che non vorreste mai vedere.


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Carrey interpreta dunque Charlie, un poliziotto così gentile che probabilmente chiede scusa anche ai birilli quando gioca a bowling. Ma dentro di lui cova Frank (Hank nell’originale), il suo alter ego sboccato e aggressivo, che parla come Dirty Harry e si comporta come se avesse appena bevuto tre Red Bull e visto Taxi Driver in loop. Quando Charlie deve scortare Irene (una dolce ma un po’ trasparente Renée Zellweger) in un viaggio che diventa una fuga da poliziotti corrotti e killer albini, la sua doppia personalità esplode. Letteralmente. E noi ci godiamo ogni pugno che si dà da solo.


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La trama? Un pretesto. Un filo narrativo su cui i Farrelly appendono gag, situazioni assurde e dialoghi che farebbero arrossire persino Mel Brooks. Tra i momenti cult: una mucca che rifiuta di morire, un cane con problemi intestinali e una conversazione tra Charlie e un oggetto che non dovrebbe parlare. Ma lo fa. E lo fa bene.


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Tanto per cominciare e inquadrare la sua vita bislacca, egli è fidanzato con Layla (Traylor Howard), la donna con cui sognava un futuro idilliaco. Tuttavia, il giorno delle nozze, Layla si ritrova attratta da un brillante autista afroamericano affetto da nanismo, Shonté (Tony Cox), che aveva aiutato gli sposi a sistemarsi nella loro nuova casa: nove mesi dopo, Layla dà alla luce tre gemelli, Jamal, Lee e Shonté Junior, dalla carnagione inequivocabilmente diversa dalla sua e da quella di Charlie. Nonostante l’infedeltà di Layla sia palese, Charlie preferisce ignorare la realtà e sceglie di concentrarsi sul suo amore per i bambini, coltivando l’illusione che tutto nella sua vita stia andando per il verso giusto. Un giorno, Layla abbandona Charlie e i suoi tre figli. Charlie, abituato a reprimere ogni emozione, soffoca il dolore e la rabbia dentro di sé e cade in una profonda crisi interiore che dà vita a uno sdoppiamento della personalità. E così nasce Frank, il suo alter ego, che si manifesta solo quando è sotto pressione.


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Se cercate una storia d’amore da batticuore, il film non vi aiuterà: è più un pretesto che un personaggio. Ma se volete ridere fino alle lacrime, questo è il film giusto. Jim Carrey è in stato di grazia, e anche quando si prende a schiaffi da solo, riesce a farci tifare per entrambi.


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Ciò che si può dedurre dal film è facile: Jim Carrey è un genio bipolare (in senso comico); i Farrelly stavolta sono meno volgari, ma sempre sopra le righe; Renée Zellweger è carina, ma un po’ sbiadita; le gag, beh, alcune da antologia, altre da censura. Il film è una corsa folle che vale il biglietto, purché abbiate lo stomaco forte e il senso dell’umorismo ben allenato.

 

 


 
 
 

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