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Irma la dolce (1963)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 22 nov 2023
  • Tempo di lettura: 5 min

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Irma la dolce

(Irma la Douce) USA 1963 commedia 2h27’


Regia: Billy Wilder

Soggetto: Alexandre Breffort (musical teatrale)

Sceneggiatura: Billy Wilder, I.A.L. Diamond

Fotografia: Joseph LaShelle

Montaggio: Daniel Mandell

Musiche: André Previn

Scenografia: Alexandre Trauner

Costumi: Orry-Kelly


Jack Lemmon: Nestore Patou/Lord X

Shirley MacLaine: Irma

Lou Jacobi: Moustache

Grace Lee Whitney: Kiki la cosacca

Joan Shawlee: Annie l'amazzone

Diki Lerner: Jo Jo

Bruce Yarnell: Ippolito il Bue

Herschel Bernardi: ispettore Lefevre

Howard McNear: concierge


TRAMA: Nestor, ex poliziotto, s'innamora di Irma, una prostituta parigina. Lei ha una cagnetta che ama la birra e calze verdi, lui ha un cuore d'oro, ma è anche parecchio ingenuo. Per impedirle di esercitare la professione, Nestor impersona un fantomatico e generosissimo Lord X che sarà così il suo unico cliente, il quale però scompare e Nestor viene accusato del suo omicidio. Ma l'amico Moustache mette le cose a posto.


Voto 6,5

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Tre anni dopo il successo de L’appartamento, il grande Billy Wilder richiama la coppia vincente Jack Lemmon e ShirleyMacLaine per un film che mi azzardo, sotto la mia responsabilità, a definire più comico che commedia, piena di scene anche travolgenti e battute ben studiate a tavolino dall’altra coppia altrettanto vincente: il regista e il consueto I.A.L. Diamond. Sembrano aforismi sparati da saggi spiritosi che si adeguano all’atmosfera brillante e colorita/colorata del quartiere parigino Les Halles, sede anche dei caotici mercati generali, vero ventre di Parigi, sapientemente ricostruito in studio dallo scenografo Alexandre Trauner, quindi anche merito della vistosa fotografia di Joseph LaShelle. Già nei titoli di testa si viene introdotti in questo microcosmo – dove tutto avviene, con una continuità senza sosta – abitato soprattutto dalle vistose prostitute di Rue Casanova, dai loro clienti e dai “mac”, così chiamati anche nella lingua inglese dell’originale, cioè i protettori, i quali fanno la bella vita nel bistrot di Moustache mentre aspettano l’incasso notturno delle loro donne. La voce narrante ci introduce bene in quel mondo, avvertendo che lo spettatore vedrà una storia di “passione, sangue desiderio e morte: tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”.

Prima che inizi a spiegarci l’ambiente quella voce, tra un accredito e l’altro ci viene mostrato il “lavoro” di Irma (Shirley MacLaine), la bella parigina dominata dal verde del suo abbigliamento, dei suoi occhi, del suo trucco, dal fiocco che ha tra i capelli, alla pari del suo adorato ed ubriacone cagnolino. È talmente furba che ad ogni cliente, nel momento di riscuotere il compenso, tira fuori la sua lacrimevole storia di famiglia (sempre una nuova ad ogni occasione) per stimolare la pietà e ricavare una mancia supplettiva personale. Quello che cambia tutto ad un tratto, nel consumato rito della giornata nella via, è l’arrivo di un nuovo poliziotto, Nestore (Jack Lemmon), fresco di sei mesi di servizio in un parco di bambini, ingenuo fino al punto di chiedersi cosa mai facciano tutte quelle donnine in quella strada, fino a voler multare la bella Irma per non tenere al guinzaglio la sua bestiolina, senza mai intuire l’attività delle donne. Succede in seguito che, licenziato dopo aver rovinato i buoni e malati rapporti tra polizia locale e i piccoli criminali della strada (“Ma poi un giorno... la catastrofe: arrivò nel quartiere un poliziotto onesto”), si innamora proprio di lei in un tale modo che pretende che nessuno più la frequenti e la maniera per riuscirci la trova da una delle tante avventure che gli racconta il padrone del bar: si traveste da ricchissimo signore inglese, Lord X, che la paga così profumatamente (500 franchi a volta!!!) da farla smettere. Solo che in seguito le cose si complicano e la trama prende una piega inimmaginabile, con molti colpi di scena.

Una, chiamiamola, camminatrice di strada (“Sai, mi hanno chiesto di fare le cose più strane, ma mai di smettere di fumare”) ed un poliziotto, tanto ingenuo da far tenerezza, che perde il posto di lavoro a cui tanto teneva e diventa, suo malgrado, il “mac” più potente della zona. Niente di più fantasioso poteva venire in mente ad Alexandre Breffort, l’autore del musical teatrale che è diventato il soggetto del film e che i due collaudati sceneggiatori hanno rimodellato per una commedia adatta alle loro qualità. Ma, ripeto, così piena di gags e di fantasiose trovate – spesse volte poco credibili – che il film prende la direzione di una vera e propria opera comica, lontana mille miglia dal film precedente che vedeva i due protagonisti e che evidenziava alcuni aspetti sociali criticabili dell’America degli anni a metà del XX secolo. Invece, nell’occasione, è un susseguirsi di situazioni farsesche, paradossali, imprevedibili e frenetiche, che i due eccellenti interpreti affrontano con la loro riconosciuta abilità, qualche smorfia (lei, in questo campo, è insuperabile) e dialoghi effervescenti. In un continuo che non conosce soste. E, soprattutto, a lungo. Talmente a lungo che il film acquista una durata sconcertante, raramente vista per un film brillante e ciò non credo sia un punto a favore, specialmente perché il bello (e il divertente) deve durare poco, al massimo tanto, ma mai tantissimo.

Billy Wilder non aveva certo predilezione per il musical, per cui i due autori scelsero di nascondere le canzoni pur rimanendo fedeli all’atmosfera parigina del film e al suo ambiente, che non lasciamo mai veramente dal momento che tutto si sviluppa lì. Da notare, invece, è che forse per la prima volta il regista si spinge nel territorio che lambisce i limiti della censura, così pesante in quegli anni, e perciò, con questo film, non va lontano dalla rappresentazione dei tormenti sessuali e morali e dei tabù da cui solo qualche autorevole autore stava in quel momento attingendo. Si può insomma affermare che Irma è sì dolce ma Wilder doveva dosare con attenzione lo zucchero che aveva potenzialmente. Ma siccome è tutto così leggero e parigino tutto andò bene.

La critica statunitense non ne fu entusiasta e credo che ancora oggi non ricordino il film come uno dei maggiori del regista. In Europa andò, ed ancora oggi è così, molto meglio e molto critici lo adorano. Io, nel mio infinitesimale piccolo, sono un po’ più freddo: carino sì, ma non trovo l’animo pungente e artisticamente alto della migliore produzione del regista. Per questo scrivevo all’inizio che lo vedo più come film comico che vera e classica commedia. Non sono la stessa cosa, mi si potrà ribattere? Non credo: la bella commedia è anche comica, non solo comica. Shirley MacLaine è brava (e bellissima) e lo dimostra ancora una volta di più, Jack Lemmon fa quasi il Jerry Lewis della situazione (che non è un giudizio negativo, però…), costretto dalla trama che per alcune trovate è alquanto fantasiosa. E poi, è troppo lunga.

Però ci si diverte, il giusto.

I costumi, belli e colorati, sono del premiatissimo Orry-Kelly.

Riconoscimenti

1964 - Premi Oscar

Migliore colonna sonora

Candidatura miglior attrice protagonista Shirley MacLaine

Candidatura miglior fotografia

Golden Globe

Migliore attrice in un film commedia o musicale Shirley MacLaine

Candidatura miglior attore protagonista Jack Lemmon

Candidatura miglior film commedia o musicale

1964 -David di Donatello

Migliore attrice straniera Shirley MacLaine


 
 
 

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