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Joe Bell (2020)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 15 ago 2022
  • Tempo di lettura: 5 min

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Joe Bell

USA 2020 dramma 1h34’


Regia: Reinaldo Marcus Green

Sceneggiatura: Diana Ossana, Larry McMurtry

Fotografia: Jacques Jouffret

Montaggio: Mark Sanger

Musiche: Antonio Pinto

Scenografia: Kelly McGehee

Costumi: Susan Matheson


Mark Wahlberg: Joe Bell

Reid Miller: Jadin Bell

Connie Britton: Lola Bell

Maxwell Jenkins: Joseph Bell

Gary Sinise: sceriffo Gary Westin

Blaine Maye: Boyd Banks

Ash Santos: Kim

Igby Rigney: Chance Davidson

Morgan Lily: Marcie

Scout Smith: Colleen

Cassie Beck: signora Swift

Charles Halford: Will

Tara Buck: Mary Ivy


TRAMA: ‎La vera storia di un padre della classe operaia di una piccola città che intraprende un cammino attraverso gli Stati Uniti per una crociata contro il bullismo dopo che suo figlio è stato tormentato al liceo per essere gay. Nel frattempo, gli arriva una tremenda notizia.


Voto 6,5

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Quando il cinema si interessa a storie biografiche, quindi realmente vissute, capita a volta di scoprire vicende incredibili, altre volte simpatiche, spesso invece sono drammatiche che scuotono la coscienza, proprio come capita questa volta. Una storia che apre, ancora una volta, la discussione su uno degli aspetti oggi tanto discussi, quello delle tendenze sessuali delle persone. Se ne parla spesso ma a quanto pare mai abbastanza, a maggior ragione per il motivo per cui non è facile, in alcun Paese, legiferare in materia per proteggere i soggetti deboli di queste situazioni. Certamente un film, come ben sappiamo, non basta per sensibilizzare reazioni positive nella mentalità di tutte le persone, però potrebbe aprire squarci nella questione e portare alla sperata accettazione del libero comportamento sessuale. Cosa e quanto sappiamo a proposito delle sofferenze psicologiche delle persone erroneamente definite “diverse”? Perché usiamo questo aggettivo? Chi ha stabilito il concetto di normalità? Non è più giusto considerare normale che ognuno si comporti come natura gli chiede, se non fa male a nessuno e non invade la libertà altrui?

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Ecco una storia dura e significativa, iniziata in una delle tante famiglie della provincia americana, nell’Oregon, gente semplice che vive in una piccola cittadina: Joe e Lola Bell hanno due figli maschi, Jadine e Joseph. Il primo è un adolescente che viene continuamente bullizzato dai compagni di scuola perché dichiaratamente gay, che soffre per i maltrattamenti, a volte pesanti, e che sa che prima o poi dovrà rivelare al padre la sua tendenza e ciò che subisce. Fa tenerezza assistere alla scena in cui questo avviene, perché – se ci mettiamo nei suoi panni – dobbiamo avere contezza di quale difficoltà affronta un adolescente quando deve aprirsi non tanto alla mamma (che è sempre la persona più comprensiva e amorevole in famiglia) quanto al padre, che (lo sappiamo bene!) sogna per tradizionale mentalità come possa far crescere i figli con lo spirito maschile.

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Infatti, Joe Bell è l'immagine perfetta dell'uomo virile: marito e padre, sa come ottenere ciò che vuole e non esita a ricorrere alle maniere forti quando lo ritiene opportuno. Jadin ha però ben altra sensibilità e tentenna fino a quando trova il momento per aprirsi al papà. Inizialmente i due genitori spalleggiano il figlio e cercano di alzargli il morale nonostante l’ambiente non sia proprio favorevole. Quando sarà troppo tardi per correre ai ripari, Joe non si lascia sopraffare dai rimpianti e parte per una missione speciale tesa a far conoscere a tutti quanto speciale fosse Jadin e quanto pericoloso sia il bullismo. Inizia così una traversata dell’America a piedi con lo scopo di fermarsi nelle varie cittadine per parlare dei danni del bullismo e della mentalità sbagliata verso chi non è eterosessuale. Una lunga marcia che ha come traguardo New York, la città in cui sognava vivere Jadin. Joe incontra giovani e adulti, in palestre e in ogni luogo adatto dove arriva, preceduto dalla fama che intanto si è guadagnato tramite la sua impresa seguita dal profilo Facebook. In tanti lo riconoscono e si congratulano con lui e chiedono notizie del giovane, perfino in un gay bar, dove tristemente scopriamo che l’impresa di Joe è iniziata in conseguenza della disgrazia maggiore che gli poteva capitare: Jadin non ha avuto la forza morale e psicologica per resistere e si è suicidato. È per questo che l’uomo ha organizzato la sua marcia, che è protesta contro la mentalità predominante, è testimonianza di quell’affetto che si dovrebbe comunque donare a chiunque, è metodo per far conoscere la storia della sua famiglia, è incitamento per combattere il bullismo in ogni sua rappresentazione. Il suo compagno di viaggio è solo immaginario! Il vero rammarico, come confessa ad uno sceriffo che lo controlla in un momento di pausa, è stato di aver purtroppo trasformato involontariamente la manifestazione a favore del figlio in una celebrazione della sua persona, essendo diventato famoso per la sua lunghissima e quasi impossibile camminata.

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Il finale sarà ancora tinto di tragedia, proprio quando tutto sembrava proseguire normalmente: il destino è tante volte amaro e ci aspetta quando meno lo immaginiamo. Finale triste di una storia commovente e umanamente drammatica. Si potrebbe per questo accusare il regista Reinaldo Marcus Green di aver voluto calcare la mano sul lato drammatico del film, come ha fatto una parte della critica internazionale? Direi di no, dal momento che è tutto accaduto realmente e che la vicenda sia caratterizzata da dramma e commozione è evidente, basti vedere come è andata nella realtà. Anzi, le sofferenze psicologiche del giovane e quelle dei suoi familiari, la richiesta di aiuto e comprensione che Jadin cercava disperatamente nelle persone vicine, sono tutti drammi umani di cui la società dovrebbe farsi carico ed invece succede che molti politici, a cominciare da quelli italiani, trattano l’argomento come arma di propaganda pro e contro, secondo principî a dir poco discutibili. Il rammarico espresso prima dall’adolescente quando chiedeva aiuto, poi quello del padre che si giudica impotente ed incapace davanti ad un problema tanto grande si materializza con la confessione dell’uomo allo sceriffo, che ha anch’egli un figlio omosessuale: “In tanti credono che essere gay sia una scelta. Jadin non avrebbe mai scelto di venire bullizzato e non avrebbe mai scelto di morire così. Pensavo di voler dare un senso alla vita di Jadin e alla sua morte. Ma ho scoperto che ho camminato per capire perché mio figlio l'ha fatto e che ruolo ho avuto nella sua decisione di suicidarsi. Ero troppo preso dalla paura di cosa avrebbero pensato gli altri per capire quanto deve essersi sentito solo. Dovevo capire quanto stava male. Avrei dovuto capirlo subito invece ho reso l'omosessualità di Jadin una faccenda di Joe Bell. Una cosa mia, non di mio figlio.

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Cosa fare per aiutare le persone in queste situazioni? Forse non avendo paura di parlarne e di sembrare “diversi”, non parlando di malattie, deviazioni o terapie, o ancora peggio di peccati, come succede nella vita dei Bell, quando il prete invitava i gay a presentarsi sull’altare e dichiararsi pentiti dei propri peccati. Quando finirà questa storia? Reinaldo Marcus Green ha calcato la mano sul tasto dell’emotività? No, al massimo non ha voluto evitare i necessari dialoghi che spiegano la crisi anche del povero padre che non si dava pace per non essere stato sufficientemente vicino al figlio per evitare la tragedia. Una sequenza inevitabilmente emotiva.

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Il protagonista è Mark Wahlberg, certamente un attore abitualmente tutto muscoli e pistole, non solito a questo ruolo ma riesce a cavarsela dignitosamente, ben diretto da Reinaldo Marcus Green, il regista del premiato Una famiglia vincente - King Richard. Piuttosto è rilevante la presenza, pur breve e finale, di Gary Sinise, che dà l’ennesima prova della sua tanto collaudata ed esperta bravura, con una interpretazione tutta di sostanza. Il delicato ruolo del figlio è affidato a Reid Miller, nato a fine millennio, praticamente un giovanissimo attore che ha alle spalle già molte presenze in short e serie TV americane, a cui vanno aggiunte alcune regie e sceneggiature di cortometraggi e miniserie: evidentemente un nome da tener presente.


 
 
 

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