L’amico del cuore (2019)
- michemar

- 9 apr 2021
- Tempo di lettura: 5 min

L’amico del cuore
(Our Friend) USA 2019 dramma biografico 2h4’
Regia: Gabriela Cowperthwaite
Soggetto: Matthew Teague (autobiografia)
Sceneggiatura: Brad Ingelsby
Fotografia: Joe Anderson
Montaggio: Colin Patton
Musiche: Rob Simonsen
Scenografia: Cara Brower
Costumi: Alana Morshead
Casey Affleck: Matthew Teague
Dakota Johnson: Nicole Teague
Jason Segel: Dane Faucheux
Jake Owen: Aaron
Gwendoline Christie: Teresa
Cherry Jones: Faith Pruett
Denée Benton: Charlotte
Isabella Rice: Molly
Violet McGraw: Evie
Marielle Scott: Kat
Ahna O'Reilly: Gale
Azita Ghanizada: Elizabeth
Sampley Barinaga: Kenny
TRAMA: Dopo aver scoperto che la moglie Nicole ha davanti a sé solo sei mesi di vita, Matthew ottiene inaspettatamente il sostegno del miglior amico Dane, che decide di trasferirsi in casa loro e di mettere in stand-by la sua stessa esistenza. L'impatto che avrà sulla famiglia sarà però maggiore di quanto chiunque potesse mai pensare.
Voto 6

Personalmente, quando mi avvicino ad un film che parla di malattia terminale spesso rifuggo, sia perché è un argomento spiacevole che fa star solo male, sia perché da Hollywood all’Europa dell’Est e dell’Ovest sino all’Estremo Oriente tante produzioni si sono occupate di questo tema, che – inutile negarlo – regala tanti spettatori e successo. Oltre al fiume di lacrime per la moltitudine degli appassionati al cancer movie, come lo chiamano brevemente gli anglosassoni. Questo ne è solo l’ennesimo esempio e il milionesimo film. Alla fin fine, ne ricordiamo degni solo pochissimi e per i più svariati motivi. Questo fa parte dei dimenticabili pur se ha, oltre i soliti difetti, alcuni – pochi – pregi.

Il quadretto familiare è quello classico: una bella famiglia dove Matt Teague (Casey Affleck) è un giornalista del quotidiano locale, quindi di scarsa importanza, vive a Fairhope, in Alabama con la moglie Nicole (Dakota Johnson) artista, attrice, cantante e con due piccole femminucce, una famiglia in cui tutto procede come da quotidianità, compreso qualche piccola cotta per colleghi di lavoro. Un giorno arriva la tempesta che non ti aspetti: la donna ha un cancro che non le darà scampo e così inizia quel calvario che tante giovani famiglie conoscono, con la discesa nell’inferno delle cure, delle inutili speranze, della angosciante attesa della fine, con gli immancabili e comprensivi dubbi per come e se dire alle bambine la verità. Matt, che in cuor suo confida di essere meglio apprezzato nel suo lavoro, che spesso consiste in piccoli articoli banali, viene contattato da un prestigioso giornale nazionale che lo manda in giro per l’intero mondo quale inviato di guerra nei posti più “caldi” del pianeta. Dovendosi allontanare e vivere lontano dalla famiglia, la situazione peggiora allorquando arriva la notizia della grave malattia di Nicole, motivo per il quale trovano la disponibilità di un collega di lavoro di lei che, per amicizia e principalmente per il suo naturale altruismo, si mette a disposizione per badare alla casa e alle bambine.

Questi è Dane (Jason Segel), che inizialmente non ha un buon approccio con il padrone di casa, avendo sulla coscienza un tentativo di corteggiamento verso la moglie, dal momento che non era al corrente che fosse già sposata. Matt non lo vede di buon occhio ma la bontà naturale insita nel carattere di Dane e la comprensione dell’altro li conducono ad un rapporto sempre migliore, sino a diventare ad una sincera amicizia, che arriva a sfiorare una inattesa fratellanza, avendo perlomeno una unità di intenti nel lavoro domestico necessario. Dane ha sempre il sorriso per tutti, dice sempre sì, si impiega affinché ci sia sempre una soluzione a quello che succede: si è ricavato un angolo della casa per sé e ha abbandonato ogni altro affare, anche la fidanzata lontana che incontra via Skype, pur di assolvere al suo difficile compito. Dove si trova un amico così?

La regista americana Gabriela Cowperthwaite prende spunto da una reale storia, quella appunto del giornalista Matthew Teague, che in passato ha girato il mondo come corrispondente da paesi come Afghanistan, Sri Lanka, Cina e Irlanda, per National Geographic, Vanity Fair, The Atlantic e altri importanti giornali. Ha passato anni a raccontare storie di altre persone: storie complicate di spie, agenti segreti e doppi giochi. Ma la sua storia più importante e drammatica si è svolta a casa sua e l’ha raccontata in The Friend: Love is Not a Big Enough Word. Il principale pericolo di portare questa storia sul grande schermo era realizzare un film strappalacrime come ce ne sono tanti e la regista ha cercato, e lo si nota, di evitare di calcare la mano su questo aspetto tragico, tanto che le scene drammaturgiche non sono molte e credo che fossero anche inevitabili. Il difficile è, a mio parere, è saperle girare e recitare queste scene: facile urlare, piangere, stendersi su un letto, mettere al corrente le altre persone: la difficoltà è non diventare paradossalmente comici. E qui, diciamo, gli attori ci sono: in primis quel Casey Affleck che ben conosciamo e che qui ritroviamo come lo abbiamo lasciato nel meraviglioso Manchester by the Sea (recensione), anzi pare proprio con lo stesso trasandato abbigliamento e la solita capigliatura arruffata; e poi un buonissimo Jason Segel, fotografia del buon ragazzone (alto 1.93) sempre pronto ad aiutare e a sorridere, che inghiotte pazientemente le offese gratuite dell’amico, reso nervoso dalla brutta situazione, che mette da parte ogni dispiacere o bisogni personali per correre in aiuto ad ogni componente della famiglia. Portare a scuola le ragazzine cantando le canzoni che loro amano, preparare i pasti meglio di quello che sanno fare loro, rinunciare totalmente alla propria vita. Che amico! Un santo amico! Jason Segel ha proprio una predisposizione fisica e attoriale per poterlo rappresentare bene e sa come per trasformarsi in quel personaggio. La bella Dakota Johnson invece mi è parsa alquanto freddina: non credo che, almeno per adesso, sia nelle sue corde un ruolo di questo tipo, ci vogliono ben altre doti caratteriali per esprimere dolore e sconforto, amore di madre e malata terminale (non dimagrisce di un grammo!). Ma nel complesso non sono in grado di giudicare con obiettività la recitazione dei tre protagonisti perché il film l’ho potuto vedere solo sullo streaming di Amazon, ed era purtroppo(issimo) solo in versione doppiata e quindi i tre, per quanto mi riguarda, sono ingiudicabili. Con l’aggravante che la voce di Casey Affleck era così inadatta che sulle prime stavo interrompendo la visione: inguardabile, anzi inudibile! Non si può uccidere il mugugno di quello straordinario attore con un doppiaggio che distrae tanto è lontano da lui!

Però il film ha sicuramente un pregio e non secondario: Gabriela Cowperthwaite evita di girare un film solo puntato sul dolore, la compassione e la perdita. Buona parte della narrazione si rivolge ai rapporti preesistenti tra Matt e Nicole, alla carriera di reporter di lui, alle debolezze sentimentali di lei, alle reazioni delle due figlie, alle relazioni sempre più nervose e difficili tra Matt e le due figlie. E maggiormente mettendo in risalto la bontà di quell’inaspettato amico che prima non pensavano di avere. Quindi la regista non ci spiattella l’ennesimo film sponsorizzato dai fazzolettini ma ci parla di disponibilità umana e di amicizia, di altruismo e di sofferenza condivisa, sinceramente. E ciò non è poco: evitare il patetico era importante e almeno il film si salva al cinquanta per cento su questo piano. Nel complesso, comunque, nulla di eclatante, un film che si lascia vedere. Ma da giudicare assolutamente quando visionato in lingua originale.
Un appunto negativo sul titolo italiano: Our Friend vuol dire, come sapete, il nostro amico, del cuore di chi stiamo parlando? Ma questa è un’altra faccenda.






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