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L’assoluzione (1981)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 14 ago 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

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L’assoluzione

(True Confessions) 1981 thriller drammatico 1h48’


Regia: Ulu Grosbard

Soggetto: John Gregory Dunne (romanzo ‘Verità confessate’)

Sceneggiatura: John Gregory Dunne, Joan Didion

Fotografia: Owen Roizman

Montaggio: Lynzee Klingman

Musiche: Georges Delerue

Scenografia: Stephen B. Grimes

Costumi: Joe I. Tompkins


Robert De Niro: Des Spellacy

Robert Duvall: detective Tom Spellacy

Charles Durning: Jack Amsterdam

Kenneth McMillan: detective Frank Crotty

Ed Flanders: Dan T. Campion

Cyril Cusack: cardinale Danaher

Burgess Meredith: mons. Seamus Fargo

Rose Gregorio: Brenda Samuels

Dan Hedaya: Howard Terkel

Gwen Van Dam: sig.ra Fazenda

Thomas Hill: sig. Fazenda

Jeanette Nolan: sig.ra Spellacy

Pat Corley: Sonny McDonough

James Hong: coroner Wong


TRAMA: Desmond Spellacy (Robert De Niro), segretario dell'arcivescovo della sua diocesi, è sensibile al fascino del potere, anche se esercitato con la tonaca del prete. Suo fratello Tom (Robert Duvall) è un poliziotto che fa il suo dovere, ma non è immune da compromessi poco onorevoli. L'assassinio di una prostituta mette in conflitto il sacerdote ammanicato coi potenti e lo sbirro che indaga sul delitto.


Voto 7

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Siamo nella Los Angeles del 1948, quando, non molto tempo dopo la Seconda guerra mondiale, prima che la televisione diventasse un vero punto di riferimento dell’informazione e quando Hollywood stava ancora producendo un paio di centinaia di film all'anno. Una mattina, in un appartamento vuoto e particolarmente brutto, viene scoperto il corpo nudo e fatto a pezzi di una bella ragazza che un po’ faceva l’attricetta e un po’ praticava la prostituzione a chiamata, una sfollata del Middle West che è diventata quella che i giornali chiamavano, insomma, una party girl. È un omicidio decisamente raccapricciante, ma all'inizio non sembra essere particolarmente importante. È ancora un altro caso, l’ennesimo della malavita, almeno così pare. Desmond, detto Des, Spellacy (Robert De Niro) è un ambizioso monsignore assistente dell'arcivescovo, mentre suo fratello Thomas (Robert Duvall) è un poliziotto duro e impulsivo che indaga sull'omicidio. Il prelato è più votato ad assicurare il benessere materiale dell'arcidiocesi che non alla cura delle anime e, sia pure senza trarne alcun vantaggio personale, non disdegna di accettare le offerte di Jack Amsterdam (Charles Durning), un ambiguo imprenditore con una vita ricca di zone d'ombra. Tom riesce a risolvere il caso di omicidio ma solleva uno scandalo che investe l'arcidiocesi e segna la rovina delle ambizioni di carriera del fratello. Quest'ultimo recupera però la dimensione spirituale del suo ministero e, dopo molti anni, rappacificato con sé stesso e in punto di morte, ne rende grazie al fratello.

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In altre parole, mentre il detective indaga sull’efferato delitto, un omicidio in stile Black Dahlia – ed infatti è proprio basato su quel famoso crimine di cronaca raccontato più volte al cinema e in letteratura, riferito all’uccisione mai risolta di Elizabeth Short -, il personaggio di Duvall scopre connessioni tra la vittima e appunto il magnate corrotto Amsterdam, sempre in affari poco chiari con il fratello prete. Basato su un romanzo di John Gregory Dunne, qui anche cosceneggiatore, il film naviga in acque torbide di identificazione di genere, senza ritagliarsi una configurazione precisa sia per i fili della trama, sia per lo studio attento dei personaggi: non è proprio un esame dei legami tra fratelli, o un lurido mistero di omicidio, o una critica alla corruzione e all'ipocrisia tra circoli religiosi politici e organizzati, ma prende in prestito un po’ da tutti e tre questi aspetti.

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Si intuisce ben presto quanti loschi affari girano tra persone dei diversi ambienti, religiosi e laici, e mentre le indagini continuano, le connessioni diventano sempre più complicate e pericolose per quasi tutti, tranne, forse, per il cardinale Danaher (Cyril Cusack), che ha reso la sua arcidiocesi una delle più grandi del paese, e per Frank Crotty (Kenneth McMillan), il partner di Tom. Questi è un poliziotto allegramente corrotto che prende piccole tangenti ma che non porterebbe mai un uomo innocente alla camera a gas, come invece potrebbe fare il collega.

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Indubbiamente il film di Ulu Grosbard ha una trama consistente, interessante, e anche se non è sempre possibile seguire i dettagli degli affari, il film è ricco di vita e carattere. Non è l’azione che interessa al regista di origine belga, piuttosto è l’indagine dei caratteri e dei legami tra i personaggi, un impatto riflessivo. Per cui il film assume un ritmo lento e compassato, basato principalmente sulla formidabile recitazione di due attori al massimo del loro potenziale. Al centro del film, infatti, c'è il rapporto tra il monsignore e il detective: il primo molto più mondano e consapevole di sé del poliziotto. Il film beneficia della sua origine letteraria, soprattutto attraverso quei dialoghi così spigolosi e ficcanti tra i due fratelli e non solo, ed è anche una spietata fotografia dell’era postbellica e del tempo del terribile McCarthy, che il regista, quasi a sorpresa (era al suo quarto lavoro, appena dopo gli interessanti Chi è Harry Kellerman e perché parla male di me? e Vigilato speciale, entrambi con un formidabile Dustin Hoffman), sa rapportarci con estrema precisione.

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Oltre ad essere un buonissimo film, l’opera beneficia, come detto, della eccellente performance dei due grandi attori, i quali funzionano così bene che a volte sembrano i due lati caratteriali di uno stesso personaggio. E non solo: è tutto il cast che desta ammirazione, dal momento che Ulu Grosbard riesce a tirare il meglio da tutti i comprimari, ad iniziare da Charles Durning e continuando fino a Kenneth McMillan, Ed Flanders, il glorioso Cyril Cusack, Burgess Meredith e Rose Gregorio, attrici e attori che indossano i panni di prelati di basso, medio e alto rango o losche figure di malavitosi con l’abito buono e presentabile.

Noir d’altri tempi, paragonabile al modello classico, anche per merito di una degna sceneggiatura che sa descrivere adeguatamente i dettagli d’epoca e i caratteri dalle chiare personalità.

True Confessions, le confessioni vere, quelle che, pur tarde, vengono stimolate dall’incontro inaspettato tra Des e Tom e ne consegue una stuzzicante e provocatoria serie di colloqui che diventano il cuore di un bel film.

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Riconoscimenti

1981 – Festival di Venezia

Fenice d'oro al miglior attore a Robert De Niro e Robert Duvall

Premio Pasinetti al miglior attore a Robert Duvall

Candidatura al Leone d'oro al miglior film a Ulu Grosbard


 
 
 

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