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L’età giovane (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 17 nov 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

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L’età giovane

(Le jeune Ahmed) Belgio/Francia 2019 dramma 1h30’


Regia: Jean-Pierre & Luc Dardenne

Sceneggiatura: Jean-Pierre & Luc Dardenne

Fotografia: Benoît Dervaux

Montaggio: Marie-Hélène Dozo, Tristan Meunier

Scenografia: Igor Gabriel

Costumi: Maïra Ramedhan Levi


Idir Ben Addi: Ahmed

Claire Bodson: mamma di Ahmed

Olivier Bonnaud: educatore

Myriem Akheddiou: Inès

Othmane Moumen: imam Youssouf

Victoria Bluck: Louise

Laurent Caron: Mathieu

Amine Hamidou: Rachid

Marc Zinga: giudice

Eva Zingaro-Meyer: psicologa


Trama: Ahmed, adolescente musulmano del Belgio, pianifica l'omicidio della sua insegnante dopo aver abbracciato l'ala più radicale della sua religione.


Voto 7,5


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Anche per affrontare il difficile tema della radicalizzazione islamica, gli infallibili fratelli Dardenne utilizzano ancora una volta un protagonista giovane, nell’occasione addirittura adolescente e, pur non prevedendo nella loro sceneggiatura alcuna scena violenta, il film ne mostra l’aspetto più terrificante. Innanzitutto perché cogliendo le frasi, le intenzioni, i proponimenti del giovane Ahmed, del suo giro di amicizie e del suo rigoroso imam si prova grande sconcerto e, perché no, spavento. Almeno è ciò che io ho avvertito.


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Ahmed è un giovane studente che fuori della scuola frequenta solo e soltanto la moschea dell’imam Youssouf, dove studia con forte impegno il Corano e assorbe ogni insegnamento duro e radicale. Versetti del Corano ripetute fino all’ossessione, cadenze inderogabili per le preghiere, abluzioni sistematiche e meticolose prima delle preghiere, limitazioni verso le usanze più socievoli degli occidentali, avversione per le abitudini degli “infedeli”, repulsione per ogni tipo di contatto fisico, seppur minimo e innocente, con le donne: è un piccolo elenco dei comandamenti che Ahmed osserva scrupolosamente e rigidamente, perfino offendendo la madre che negli anni si è troppo occidentalizzata. La donna soffre molto osservando i mutamenti e le ripercussioni sul carattere e sul comportamento del giovane figlio, ormai catechizzato fin nell’intimo e ispirato dal fulgido esempio di un cugino presumibilmente rimasto martire a causa del suo operato. Anche con la sorella è in continua lotta, già anch’essa abituata alle usanze europee e agli abiti troppo succinti per la mentalità araba.


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Si resta sbalorditi da tanta devozione ma anche dalla totale cecità culturale e mentale del giovane ragazzo, soprattutto se pensiamo che lui è solo uno dei tantissimi che vivono ormai in mezzo a noi e in tutte le nazioni europee dove sono stati accolti i loro genitori e nonni. Anche se nel frattempo il resto della famiglia di Ahmed è completamente adeguata alla nuova vita, rimanendo in ogni caso fedeli alla loro legittima religione, lui non cambia atteggiamento. Né serve l’aiuto delle infrastrutture sociali belghe, la presenza di una psicologa e di un avvocato, tutte persone che si impiegano per seguirlo da vicino con lo scopo di indurre lui a gli altri alla ragione e alla pacifica convivenza. Ma Ahmed è sempre vigile e attivo, mascherando bene le sensazioni di odio che avverte, tanto da ripromettersi di provare ancora ad attuare il piano delittuoso che si era prefissato, per vendetta e per dimostrazione di fedeltà ai principi della jihad. È così determinato che è capace di resistere perfino all’attrazione e alla simpatia che prova verso una coetanea con cui lavora in una fattoria didattica a cui è stato assegnato per la rieducazione. Nulla lo distrae, niente lo fa distogliere dagli intenti iniziali: gli insegnamenti ricevuti nella piccola moschea dove si ritrovava con gli altri per pregare sotto la rigida guida dell’imam hanno trovato terreno fertilissimo nel suo animo. Il suo cuore è solo di Allah. Riuscirà a rimanere integro e integralista? Arriverà a compiere l’eclatante gesto, di uccidere cioè quell’insegnante che lo ha istruito sin da bambino ma che pretende di dargli la mano per salutarlo? I Dardenne lo seguono passo passo, con una macchina da presa traballante che gli sta sul collo ogni momento per ogni respiro ogni gesto ogni preghiera sul suo tappeto. Veniamo così a recepire tutte le emozioni, sempre trattenute e represse, gli intenti, le reazioni che gli passano per la testa, temendo che arrivi al suo terribile scopo. I collegi rieducativi belgi riusciranno a rimetterlo in strada? gli faranno capire il grave errore che aveva tentato di commettere? sorriderà mai alla vita? vorrà dedicarsi agli svaghi come ogni altro giovanotto della sua età giovane? Il finale sarà dedicato ad un episodio che risulterà determinante ai fini della narrazione.


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Il film, attenzione, non mira affatto alla condanna dei musulmani e della loro inflessibile religione, non tende a dimostrare che noi siamo buoni e loro cattivi. No. I due registi non fanno alcun processo all’Islam e alla religione musulmana, per nulla. Hanno solo voluto indagare, fotografare, osservare e mostrarci cosa vuol dire e come sia insensato per un giovane perdere di vista la vita pacifica e conviviale nella società, che non solo li ospita ma li educa e li instrada verso la maturità. I Dardenne volevano studiare come si diffonde il fondamentalismo in occidente senza con questo emettere sentenze. Il male tuttalpiù è nell’oscurantismo degli integralisti, nella lettura distorta delle Sacre Scritture che invece il più delle volte indicano invece leggi morali molto simili a quelle cristiane, ma soprattutto nel cattivo insegnamento che alcuni imam insinuano nelle menti immature dei giovani discenti.


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L’assenza totale di un commento musicale che accompagni lo sviluppo della trama acuisce la metamorfosi del giovane studente, esalta maggiormente il suo declino psicologico e la sua assoluta determinatezza a portare a termine il sanguinoso obiettivo che si era imposto. Ancora una volta però tocca fare un appunto al titolo del distributore italiano: l’età giovane di chi, di quale gioventù? Il giovane Ahmed in originale è molto più esplicativo e giustificato, in quanto i fratelli belgi ci raccontano proprio e solo l’età difficile e di formazione di quell’adolescente in particolare, che al massimo può servire come paradigma ma senza generalizzare. Film molto bello che nella sua giusta lunghezza (un’ora e mezza) sa addensare perfettamente il contenuto. Il premio alla regia a Cannes 2019 ne è la dimostrazione. Cinema essenziale, asciutto e denso, senza fronzoli, che caratterizza tutto il cinema dei registi belgi. I quali avevano già nel 2016 il progetto di un film sul terrorismo islamico in Europa, concepito appena dopo gli attentati islamici di Bruxelles, ma le polemiche seguite ne frenarono la realizzazione. Solo due anni dopo nacque la definitiva idea di un film inizialmente chiamato Ahmed, ed oggi eccoci qui al film definitivo.


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Spero che le comunità islamiche che vorranno vedere il film ne apprezzino le giuste intenzioni e spero anche che serva alla pacificazione delle persone che vogliono vivere in fratellanza. Film durissimo senza scene dure, film incisivo e, se vogliamo, terribile nella sua limpida esposizione.


I Dardenne non deludono mai.



 
 
 

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