L'immensità (2022)
- michemar

- 23 dic 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 21 ago 2023

L'immensità
Italia/Francia 2022 dramma 1h37’
Regia: Emanuele Crialese
Sceneggiatura: Emanuele Crialese, Francesca Manieri, Vittorio Moroni
Fotografia: Gergely Poharnok
Montaggio: Clelio Benevento
Musiche: Rauelsson
Scenografia: Dimitri Capuani
Costumi: Massimo Cantini Parrini
Penélope Cruz: Clara Borghetti
Luana Giuliani: Andrea / Adriana Borghetti
Vincenzo Amato: Felice Borghetti
Elena Arvigo: Patrizia
Maria Chiara Goretti: Diana
Patrizio Francioni: Gino
Carlo Gallo: Alberto
Penelope Nieto Conti: Sara
Laura Nardi: Serena
Valentina Cenni: Giuseppina
Alvia Reale: nonna
Aurora Quattrocchi: madre di Clara
TRAMA: Roma, anni Settanta. In un periodo di grandi cambiamenti sociali e culturali, la giovane famiglia Borghetti si è appena trasferita in uno dei tanti condomini appena costruiti nella periferia buona della città. Nonostante le splendide e ampie vedute della città dal loro appartamento all'ultimo piano, la famiglia non è più così unita come un tempo. Clara e Felice non sono più innamorati e lei trova rifugio dalla solitudine nel rapporto con i suoi figli. La più grande dei tre, Arianna ha soli 11 anni ma si presenta ai coetanei del quartiere come un ragazzo, spingendo i legami familiari verso un punto di rottura.
Voto 6

La Grazia di Valeria Golino del solare e ribelle Respiro, firmato da Emanuele Crialese nel suo secondo film, è diventata la Clara di Penélope Cruz. Dalla luce abbagliante del sole e del cielo terso e dai colori mediterranei di Lampedusa, tutta rocce e mare, ai colori carichi della Roma anni Settanta, ma sempre con una protagonista femminile quale punto di riferimento attorno alla quale ruota la storia. Come in quel film, ma anche nel bellissimo Nuovomondo, è la donna l’epicentro della famiglia costituita o potenziale, attrazione affettiva o di desiderio dell’uno o dell’altro (che sia un uomo che perde la testa o che sia un adolescente che non sa farne a meno, poco cambia). E che tutte queste circostanze siano sicuramente esperienze vissute, almeno vagamente, da parte del regista risulta evidente ed inevitabile, dal momento che ciò che salta chiaro agli occhi è quanta sincerità esprime la sua opera. Anche in coincidenza della personalissima e delicata esternazione sulla propria sessualità, espressa in occasione della presentazione dell’opera al Festival di Venezia 2022. Si tratta quindi dell’opera più personale del cineasta italiano, nato biologicamente donna e poi, attraverso un lungo processo di transizione, diventato un uomo.

Undici anni dopo Terraferma, il regista è tornato in concorso alla Mostra con le vicende di Adriana (Adri per i familiari, ma comodo per l’adolescente, che così si fa chiamare, con un nome che non sa di donna o di uomo), che in realtà vuole essere chiamata Andrea, in cui si trasfigura nella cartina di tornasole dell’esperienza complicata e dolorosa di un autore cinematografico nato nella Roma del 1965 da genitori siciliani e del suo desiderio di passaggio e quindi di rinascita. Certo, il film è tutt’altro che una mera autobiografa. Si tratta piuttosto di un viaggio in salsa pop nell’immaginario vintage di un Paese in cui era inimmaginabile poter ipotizzare di mutare genere. La macchina da presa punta dritto sui primi piani della bella mamma Clara e dei suoi tre piccoli, tenendo a distanza focale invece il marito Felice (l’immancabile Vincenzo Amato, presente per la quarta volta su cinque con il regista), burbero, irascibile, fino a sembrare il vero obiettivo della sceneggiatura, il villain in un villaggio fiabesco di show televisivi in cui l’Italia di allora si cullava. Johnny Dorelli, Celentano, Patty Pravo ma soprattutto Raffaella Carrà fanno da colonna sonora e portante per distaccarsi dei litigi coniugali, per dimenticare i problemi annessi alla famiglia, all’urgenza di genere, all’attrazione verso la giovanissima nomade accampata al di là del canneto.

Un dramma a puzzle: quello della mamma che non gode della sufficienza stabilità psicologica alla pari di quella riccioluta e bionda di Respiro (altro ricovero per tornare a stare bene) che deve sopportare un marito insofferente e fedifrago, oltre a supportare la felicità dei bimbi; quella dei due più piccoli che intuiscono i gravi problemi domestici che affliggono la loro infanzia; quella, in primis, di Andrea, che dà battaglia al mondo intero per poter affermare ciò che sente di essere, senza doversi vergognare, senza farsi prendere in giro anche dal padre e dagli altri. Il legame tra i quattro è forte, com’è giusto che sia ma quello in particolare tra lui/lei e la mamma rappresenta la tana in cui rifugiarsi nei momenti di tempesta, di incomprensione, di fuga dalla realtà. Rimedio vicendevole, perché solo così anche Clara trova pace interiore: abbracciata ad Adri, dormendo nel lettino dei figli, ribellandosi al regime patriarcale. Sono gli occhi dell’adolescente che ci guidano silenziosamente nei meandri dei suoi pensieri e dei comportamenti della madre, della voglia di affermarsi, della libertà di urlare al mondo che lui non sopporta il proprio corpo da piccola donna. Odiando il padre quando la rimprovera urlando “la signorina”. In questo mondo contrario, oltre all’immensità dell’amore della mamma, spira aria buona solo quando sta insieme alla giovane zingara che lo accetta per ciò che è, che accetta persino un timido corteggiamento. Solo chi viene emarginato e segregato, solo chi è oggetto di discriminazione può capire colui che subisce il medesimo trattamento. Fino al punto di sentirsi un “alieno”. La scena iniziale ne è preannunciante: Adriana sul terrazzo di casa intenta ad aspettare invano un segnale dallo spazio, una ragazzina con il giubbotto di pelle rosso, una stella da sceriffo sul petto e il dolore di sentirsi diversa da come l’hanno “creata” i genitori.

No, non è mai facile realizzare un film autobiografico. Diventa quasi impossibile saperlo fare trattando la materia che ha fornito dolore e straniamento, aggiungendo anche la difficoltà di portarlo a termine con equilibrio e senza enfasi, nel dolore e nelle piccole gioie. E non c’è riuscito appieno, nonostante la sincerità e la grande voglia, neanche Emanuele Crialese, che, evidentemente nell’impeto impaziente, ha turbato le acque limpide di partenza e ha colorato di colori confusi la sua adolescenza sullo schermo. Peccando anche nel mescolare sin troppo la vita reale con quella televisiva, immedesimandosi troppo nei cantanti che dominavano il piccolo schermo in bianco e nero, interrompendo troppo spesso il filo del racconto, il regista ha provato a mitigare l’atmosfera di quegli anni ruggenti con la fotografia ipercolorata di Gergely Poharnok (già molto noto per innumerevoli film di successo), coinvolgendo nel tourbillon anche (forse non adatta) Penélope Cruz, che sì, ha dato l’anima ma non è colpa sua se il suo personaggio è nebuloso quanto il film. In buona sintesi, un coming age, oltre che di genere, con i toni del mélo, sullo sfondo di un patriarca eccessivo e detestabile.

Per stessa ammissione di Emanuele Crialese: “È un personaggio ispirato alla mia infanzia, alla mia storia, trasfigurata. Sono nato biologicamente come donna. Non sarò mai come un altro uomo, ma ciò non significa che non ci sia in me quella parte femminile che penso sia anche la parte migliore di me in quanto maschio. Io sono quello che sono e mantengo entrambe le polarità.”
Regia rimandata al prossimo lavoro (Respiro e Terraferma sono superiori, ma Nuovomondo è di un altro pianeta, bellissimo nel bianchissimo onirico che lo plasma), a tempi migliori. Mentre Penélope Cruz dà un’ulteriore conferma della sua poliedricità, al servizio di tanti tipi di ruoli, ed è sempre brava, e mentre il fidato Vincenzo Amato compie umilmente e devotamente il suo dovere, anche se in un ruolo ingrato e di secondo piano anche visivo, l’attenzione è tutta su Luana Giuliani, sensibile e pronta. Essendo ancora in erba, l’esordio può solo essere un augurio. Si vedrà.
Le attese a Venezia furono alte, i giudizi un po’ meno, la critica piuttosto severa.

Riconoscimenti
2023 - David di Donatello
Candidatura alla miglior attrice protagonista a Penélope Cruz
Candidatura alla miglior sceneggiatura originale
Candidatura alla miglior acconciatura






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