L'ombra del giorno (2022)
- michemar
- 7 ott 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 14 mag 2023

L'ombra del giorno
Italia 2022 dramma 2h5’
Regia: Giuseppe Piccioni
Sceneggiatura: Giuseppe Piccioni, Gualtiero Rosella, Annick Emdin
Fotografia: Michele D'Attanasio
Montaggio: Esmeralda Calabria
Musiche: Michele Braga
Scenografia: Isabella Angelini
Costumi: Bettina Pontiggia
Riccardo Scamarcio: Luciano Traini
Benedetta Porcaroli: Anna Costanzi / Esther Pauwel
Valeria Bilello: Amelia
Lino Musella: Osvaldo Lucchini
Sandra Ceccarelli: Elsa, madre di Corrado
Vincenzo Nemolato: Giovanni
Antonio Salines: il professore
Waël Sersoub: Emile Costa
Flavia Alluzzi: Maria
Costantino Seghi: Corrado
TRAMA: Ad Ascoli Piceno, nel 1938, e quindi poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, Luciano è il proprietario di un ristorante e, come moltissimi italiani, un simpatizzante del regime fascista. Un giorno però arriva nella sua vita una ragazza, Anna, che riesce a farsi assumere nel ristorante e che porta con sé un segreto. Luciano, che fino ad allora ha creduto di poter disporre della sua vita, si trova all'improvviso di fronte a un elemento nuovo: l'amore.
Voto 7

“E guardo il mondo da un oblò” cantava un noto cantautore degli anni ’80 e alla stessa maniera il protagonista Luciano Traini osserva la piazza principale di Ascoli Piceno dall’interno del suo ristorante, affacciato con ampie vetrate sul passeggio di persone di varia estrazione che attraversano la visuale. Siamo alla fine degli anni ’30, quando ormai il regime fascista, già imperante e dotato di uomini severi che controllano tutto, sta prendendo maggiore potere, è in procinto di firmare l’alleanza con Hitler e sta pensando seriamente di entrare in guerra, dichiarandosi alla Francia e all’Inghilterra. Ci sono cittadini favorevoli, perché fieri dell’opera di Mussolini, sempre più invadente nella vita pubblica e privata delle persone, e in minoranza c’è anche gente contraria ma che si guarda bene dal manifestare la loro contrarietà, soprattutto per paura. Girano già voci sui soprusi che subiscono questi ultimi, anche in città, ad opera del ducetto locale nella persona di Osvaldo Lucchini, (“Chiamatemi camerata Lucchini!”, ovviamente usando la seconda persona plurale come il regime dettava): sempre accompagnato da uomini rigorosamente vestiti di nero, entra ed esce dai locali con comportamento severo spargendo paura per controllare che ogni cosa vada come previsto e obbligato.

Il ristoratore stesso è un decorato di guerra, fascista come tutti, claudicante in modo evidente per una antica ferita al fronte, dove, si narra con orgoglio in giro, uccise cinque nemici con la sola baionetta. Lui non è che si dimostri orgoglioso più di tanto per questa prodezza, non ci pensa affatto, avendo come unico scopo la buona gestione del locale e facendosi i fatti propri. Tanto più che è una persona riservata, di poche parole e di rari gesti, con lo sguardo sempre serio emanato dai suoi occhi scuri. Come dice il titolo di un bellissimo film francese, ha il cuore in inverno e crede di poter vivere secondo le regole che si è dato, in una sorta di isolamento dal mondo esterno. Il trantran della piazza, che aumenta nei giorni di festa con le famiglie a spasso con l’abito migliore, è monotono e si trascina da tempo, così come la vita tra la cucina e il salone pieno di tavoli spesso occupati. Siamo in tempi di magra e il cibo di qualità scarseggia, ma un buon caffè, in questo posto, si trova sempre. La vita si ripete senza scossoni, fino al giorno in cui, Luciano si accorge che una bella e giovane ragazza guarda dentro insistentemente al di là della vetrina.

È Anna, in cerca affannosa di lavoro e ha il volto preoccupato perché tutti i negozianti della zona le rispondono negativamente. L’uomo dà qualche consiglio e incuriosito, oltre che impietosito, decide su due piedi di assumerla immediatamente in prova, dato che lei afferma di sapersela cavare in ogni tipo di mansione. Ci vorranno poche ore per capire che in effetti la giovane se la sa sbrigare in ogni compito, dalle pulizie al servizio preciso ai tavoli: avendo un senso spiccato per l’ordine e la precisione, ci metterà poco a prendere in mano la situazione e mettere le stoviglie al posto giusto nelle credenze. Luciano la osserva attentamente e ne resta rapito dalla efficienza anche nella contabilità e si accorge con stupore che la sua vita sta cambiando, che il mondo circostante gli sta offrendo una variazione piacevole e soddisfacente alla esistenza grigia e solitaria. In cucina armeggia il cuoco Giovanni, sempre più perplesso sul peggioramento del clima sociale e politico, e Maria, che lava e aiuta sulle fiamme, ed entrambi si adeguano sia allo spirito di iniziativa della nuova arrivata che all’attrazione che il principale avverte verso lei. Ma è lampante che Anna non è sincera, che nasconde nella sua ansia mascherata dal bel sorriso i segreti che la animano. Aumentando la tensione per le visite sempre più frequenti dell’invasivo Osvaldo.

Chi è veramente la ragazza? Perché è sempre in guardia? Perché si allarma alla vista di un giovane che si siede un giorno ad un tavolo con aria allertata e che la guarda come se la conoscesse? Questi è Emile, che si rivela una persona importante per Anna, la quale non si chiama realmente così: arriverà il momento che svelerà la sua vera identità al padrone. Il suo vero nome è Esther Pauwel e non ci vuole molto a capire che è un’ebrea, impaurita dagli ultimi avvenimenti del regime che fanno licenziare le persone della sua razza e che fanno chiudere le attività che hanno. Luciano non è proprio un convinto fascista e la ragazza lo spinge a prendere una decisione importante e pericolosa per tutti. Come d'istinto, egli avverte qualcosa, un vago pericolo in cui si sta gettando, fino al punto che i giorni non saranno più gli stessi sia per lui sia per Anna. Mentre la situazione peggiora e le camicie nere imperversano, mentre anche l’anziano professore in pensione che si siede tutti i giorni per mangiare la minestra comincia a temere per la sua vita, dato che è sempre stato convinto oppositore del regime, il cerchio che stringe Osvaldo si fa sempre più stretto ed il classico evento ad opera dello spione di turno, affascinato dal clima politico, provocherà quello che sarebbe stato meglio evitare. Tutto precipita e necessita prendere il provvedimento giusto.

Tutto ciò poteva essere la spina dorsale di uno dei tanti film sul periodo terribile del Ventennio ma il progetto di Giuseppe Piccioni e degli altri sceneggiatori si rivela ben più alto della media dei film simili: lo script si sviluppa con ottima tensione crescente e con dialoghi molto apprezzabili, di buonissima scrittura, efficacissimi, dando la possibilità agli attori di recitare bellissimi e ben spiegati personaggi. Il carattere del protagonista è costruito molto bene e Riccardo Scamarcio dà prova di una recitazione di grande livello e di raggiunta maturazione: forse il ruolo giusto per lui. È difficile sempre fare classifiche, sfugge sempre qualcosa, ma forse si può dire che l’attore pugliese fornisce la migliore interpretazione di sempre: misurato, preciso, dalle giuste pause, dagli sguardi esplicativi. Una prova cupa e maiuscola, davvero. Pregevole è anche la presenza di Benedetta Porcaroli, attrice in continua crescita che rende molto bene l’idea di una ragazza in grave e impaurita difficoltà, un ruolo pieno di sfumature. Come sono preziose anche le recitazioni di Vincenzo Nemolato, attore napoletano che si adatta con precisione all’accento ascolano, dando molta umanità al personaggio di Giovanni. Discorso a parte per il sempre notevole Lino Musella, che quando si tratta di interpretare personaggi scomodi, antipatici e viscidi va a nozze: qui è quell’Osvaldo Lucchini che deve risultare precisamente così e lui ne esce egregiamente. Ormai ogni regista italiano sa su chi contare in questi casi. Da rimarcare, oltre alla bravissima Sandra Ceccarelli (ancora una volta con questo regista) in un piccolo ruolo, la presenza di Antonio Salines, vecchio grandissimo attore del teatro italiano che è venuto a mancare qualche mese dopo la fine del set. A lui è dedicato il film prima dei titoli finali.

“Non l’ho fatto per Esther. L’ho fatto per Anna.”
Bel film, molto ben scritto, girato e recitato, con un grandissimo (val la pena ripeterlo) Riccardo Scamarcio. Un film che ci mostra come la vita può cambiare precipitosamente come capita spesso a chi vive un amore difficile dentro il fascismo, nella provincia italiana che Giuseppe Piccioni conosce molto bene. Un film in cui, alla fine, è impossibile che un piccolo eroe non si debba sacrificare sull’altare della libertà che oggi abbiamo.
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