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L'ombra di Stalin (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 17 apr 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 11 mag 2023


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L'ombra di Stalin

(Mr. Jones) Polonia/UK/Ucraina 2019 biografico 2h21’


Regia: Agnieszka Holland

Sceneggiatura: Andrea Chalupa

Fotografia: Tomasz Naumiuk

Montaggio: Michal Czarnecki

Musiche: Antoni Lazarkiewicz

Scenografia: Grzegorz Piatkowski

Costumi: Galina Otenko, Ola Staszko


James Norton: Gareth Jones

Vanessa Kirby: Ada Brooks

Peter Sarsgaard: Walter Duranty

Kenneth Cranham: David Lloyd George

Joseph Mawle: George Orwell

Celyn Jones: Matthew

Christoph Pieczynski: Maxim Litvinov

Beata Pozniak: Rhea Clyman

Marcin Czarnik: Paul Kleb


TRAMA: Una giornalista gallese pubblica la notizia sui media occidentali della carestia in Unione Sovietica all'inizio degli anni '30 compreso l’Holodomor, il nome attribuito a quella provocata dal governo comunista dell'URSS nel territorio dell'Ucraina dal 1932 al 1933, causando diversi milioni di morti. Il suo viaggio, la vita e la morte ispirò “La fattoria degli animali” di George Orwell.


Voto 6

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1933. Gareth Jones è un giovane e ambizioso giornalista gallese che si è guadagnato la notorietà per essere stato il primo giornalista straniero a intervistare Hitler. Alla ricerca della sua prossima grande storia, si concentra sull'utopia sovietica chiedendosi come Stalin stia finanziando la rapida modernizzazione dell'Unione Sovietica. Decide allora di recarsi a Mosca con l'obiettivo di ottenere un'intervista con lo stesso Stalin. Una volta nella capitale russa, ha modo di incontrare Ada Brooks, una giornalista britannica che gli rivela come la storia del regime sia del tutto diversa da quella che trapela. Apprendendo della carestia indotta dal governo, Gareth riesce a eludere le autorità e si reca clandestinamente in Ucraina, dove è testimone di una delle più grandi atrocità della storia: milioni di persone vengono lasciate morire di fame per rivendere il grano all'estero e finanziare con i ricavi l'impero sovietico. Ritornato in patria, Gareth pubblica un articolo in cui rivela gli orrori a cui ha assistito ma le sue denunce vengono presto smentite dai colleghi occidentali di stanza a Mosca, costretti dalle pressioni esercitate dal Cremlino. Mentre aumenta il numero delle minacce di morte che riceve, Gareth si ritrova a dover lottare in nome della libertà quando la sua strada incrocia quella di un giovane autore di nome George Orwell con cui condivide le sue scoperte.

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Il film di Agnieszka Holland è due film in uno: in parte è un’opera investigativa su come la verità dietro l'Holodomor ucraino sia stata finalmente scoperta nonostante gli innumerevoli tentativi di costruire una falsa immagine di prosperità in Unione Sovietica; e in parte è un resoconto a volte silenzioso, riflessivo e certamente emotivo di difficoltà, brutalità e sofferenza di un popolo, quello ucraino (film per cui, visto oggi, con la guerra in atto, fa ancora più impressione).

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Il primo terzo è decisamente un pezzo tradizionale di cinema investigativo, alla ricerca della verità, con nulla che non ti aspetteresti dal genere. Aiutato dalla buonissima scenografia, il film trasporta gli spettatori in un'epoca in cui la libertà ha sempre avuto un prezzo e qui la nota regista trasmette ottimamente la sensazione, ma non prende mai decisamente il volo, restando nella normalità. È nel seguito che il film acquista, tramite le sequenze e la drammaticità della situazione ucraina e della dittatura sovietica, tono e significati importanti. Quando, cioè, Gareth Jones riesce a vedere in prima persona come appare davvero una carestia insopportabile, anche perché causata dall'uomo, non piovuta come una calamità naturale. È in questi momenti di osservazione della durissima realtà e degli inutili dialoghi, nei silenzi della natura e della gente cadavere per le strade innevate dei villaggi che il film prende davvero importanza e senso. Sono più le osservazioni del protagonista e le sue annotazioni che fanno impressione e le poche frasi scambiate con le famiglie affamate e i bambini che arrivano a nutrirsi del corpo dei familiari morti che aprono scenari disumani. Solo allora, quando il film si allontana dal tentativo di spettacolarizzare la dura sostanza della situazione, il film riesce a diventare importante, aiutato anche dalla fotografia che parla da sé, dalle inquadrature che descrivono solo desolazione.

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Come abbia potuto cavarsela il giornalista, almeno sul momento, è quasi un mistero, eppure la sua forza d’animo e la tremenda voglia di sopravvivere nelle disavventure a cui andrà incontro, nonostante le innumerevoli difficoltà ambientali, perennemente inseguito e sfuggito ogni volta miracolosamente, riusciranno a riportarlo in patria, convinto di poter dar conto della sua testimonianza all’opinione pubblica occidentale. Ed invece ecco ritorcerglisi contro l’establishment politico che lo isola, con suo grande rammarico. Una fatica enorme che rischia di risultare vana. Non si arrenderà, anche se dovrà tornare momentaneamente nella sua città natale nel Galles.

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Film abitato da personaggi dubbi, dalla doppia personalità, intimoriti o lautamente compensati dal regime sovietico, omicidi studiati. Tutto serve a dare un significato da thriller ad una storia molto drammatica di cui si parla molto poco. L’interpretazione di James Norton è molto buona, un attore rivelatosi meglio in seguito, nel bellissimo Nowhere Special - Una storia d'amore di Uberto Pasolini, come quella di Vanessa Kirby (ah, che brava in Pieces of a Woman, premiata a Venezia con la Coppa Volpi!) nel ruolo della fidata Ada Brooks. Ottimo anche il lavoro di Peter Sarsgaard nel compito di rappresentare il peggiore di tutti, il corrispondente del New York Times a Mosca Walter Duranty, Premio Pulitzer ma invischiato nel potere del Cremlino, una personalità complicata e di dubbia moralità. Premio mai ritiratogli nonostante il suo pessimo comportamento.

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Mentre la storia si concentra sulle vicissitudini del protagonista, Agnieszka Holland inserisce le sequenze in cui il grande scrittore George Orwell (Joseph Mawle) approfitta per stendere uno dei suoi romanzi più famosi, La fattoria degli animali, allegoria che riflette sugli eventi che portarono alla Rivoluzione russa e successivamente all'era staliniana dell'Unione Sovietica, in cui tutti gli animali sono uguali ma qualche animale è più uguale degli altri.


Gareth Jones, un piccolo martire del giornalismo che non ebbe mai paura delle sue decisioni e che rimarrà vittima del silenzio dell’Occidente e del potere politico sovietico.



 
 
 

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