L’ultima ora (2018)
- michemar

- 19 ott 2020
- Tempo di lettura: 5 min

L’ultima ora
(L'heure de la sortie) Francia 2018 dramma 1h44’
Regia: Sébastien Marnier
Soggetto: Christophe Dufossé (romanzo)
Sceneggiatura: Elise Griffon, Sébastien Marnier
Fotografia: Romain Carcanade
Montaggio: Isabelle Manquillet
Musiche: Zombie Zombie
Scenografia: Guillaume Deviercy
Costumi: Emmanuelle Pastre
Laurent Lafitte: Pierre Hoffman
Emmanuelle Bercot: Catherine
Luàna Bajrami: Apolline
Victor Bonnel: Dimitri
Pascal Greggory: Poncin
Véronique Ruggia: Françoise
TRAMA: Il professor Capadis si lancia dalla finestra della sua aula davanti agli occhi dei suoi studenti. Quasi tutti gli allievi sono terrorizzati, ad eccezione di sei di loro, che rimangono stranamente impassibili. Pierre Hoffman, il supplente di francese, nota lo strano comportamento dei sei che, insolitamente intelligenti e precoci, diffondono ostilità e paura in tutta la scuola. Pian piano, Pierre si ritrova ossessionato dalla loro rabbia e la sua vita si trasforma in incubo quando scopre quanto estremo e pericoloso sia il loro obiettivo.
Voto 6

Film sconcertante, il cui regista vaga tra sentieri tortuosi senza stabilire con certezza il genere in cui si deve catalogare (esigenza che in realtà si può ignorare) ma che alla fine dei conti sembra toccarne diversi. Sfiora argomenti sociali, ecologici, di rapporti umani e principalmente delle relazioni interpersonali tra i docenti e i discenti delle nostre scuole, poi vira – e lo si intuisce vagamente sin dall’inizio – verso il thriller psicologico, spingendo addirittura il pedale verso l’horror. Questo perché accadono diversi eventi, il più delle volte attinenti e legati, talvolta spiazzanti ma in un certo qual modo attesi, inevitabili, consequenziali. L’atmosfera spesso rarefatta contribuisce a rendere ancora più inquietante lo sguardo attonito e impenetrabile dei ragazzi che imperversano nella trama.

Tutto ha inizio sin dai primi istanti, volutamente scioccanti per far capire subito che possiamo aspettarci di tutto: il professore di letteratura Eric Capadis è seduto in fondo all’aula della scuola (un istituto esclusivo, solo per giovani superdotati e precoci) mentre gli studenti sono intenti a svolgere il compito assegnato. Nessuno lo può vedere essendo alle spalle di tutti quando si alza, si avvicina alla finestra e lentamente sale sul davanzale, lasciandosi cadere giù nel grande cortile, con un tonfo che fa sobbalzare tutti i presenti. Scattano in piedi, intuendo l’accaduto non vedendo più il loro apprezzato insegnante e si precipitano alla finestra. Tutti, tranne sei di loro che si guardano in faccia ma non esprimono grande stupore, come se non fossero poi così stupiti dal tragico gesto. Sono proprio i sei studenti che tracceranno la più strana e imprevedibile traiettoria del film, attirando l’attenzione, la meraviglia e lo sgomento di Pierre Hoffman, il supplente che verrà chiamato dal preside per sostituire il titolare della cattedra. Il quale sin dal primo incontro avverte qualcosa di anomalo nell’aria di quella classe: non è un insegnate esperto, è solo un supplente, ed è impegnato totalmente nella stesura di una tesi su Kafka.

È immediatamente percepibile che l’atteggiamento dei sei giovani, due ragazze e quattro maschi, è di distacco dal resto della classe, che formano un inquietante gruppo a sé, che rispondono agli altri e soprattutto al nuovo professore con aria di superiorità e superbia. Intrattabili, silenziosi, è chiaro che hanno un piano per destabilizzare la vita degli altri: convinti ecologisti, sembrano l’ala radicalizzata del “Fridays for Future”. Quando Hoffman si propone di studiarli meglio e di spiarli, occasione che gli si presenta per caso durante una delle sue uscite da cicloamatore nei sentieri dei boschi circostanti, scopre particolari sconvolgenti dell’attività che svolgono nel tempo libero. Si sfidano in scioccanti prove di opposizione al dolore fisico picchiandosi a turno, in dimostrazioni di resistenza sott’acqua rischiando perfino la vita con sadismo da parte degli altri componenti il gruppo e altre imprese simili. Da alcuni DVD che nascondono sottoterra, il professore scopre le bravate incoscienti che compiono in previsione di un gesto clamoroso che hanno deciso di portare a termine. L’occasione, percepisce Hoffman, sarà sicuramente la gita scolastica prevista per la fine dell’anno scolastico.

Il loro sguardo assente e la mancanza del sorriso su quei visi indifferenti e impassibili, fanno tornare in mente le scene di film come Il villaggio dei dannati, o libri come Un gioco da bambini di Ballard: Hoffman avverte tutto ciò e ne subisce qualcosa che sta tra il fascino e il terrore, immaginando scenari che lo spaventano. È come se siano gli unici consapevoli del disastro ecologico che sta avvenendo sulla terra e questo atteggiamento iper-serioso li fa sembrare adulti e convinti, al contrario degli adulti che li circondano. I professori della scuola vengono mostrati come fanciulli adolescenti, incoscientemente sorridenti, dediti agli scherzi della colleganza, meno intelligenti dei loro studenti, sciocche persone che si divertono in discoteca come ragazzini. Gli insegnanti giocano un ruolo fondamentale in quello che accade nel film: molti di loro si sono arresi, diventando indifferenti alla sofferenza degli adolescenti che dovrebbero proteggere. C'è un senso di cecità e irresponsabilità nei docenti ritratti dal regista che fa impressione. I due giovani che capeggiano sono Apolline e Dimitri, che sfidano con lo sguardo e gli atteggiamenti il professore troppo curioso della loro condotta: intuiscono il pericolo che viene da lui e lo sfidano sul piano mentale e comportamentale. Il debole è proprio lui e ne patisce le conseguenze a livello di subconscio, fino a subire incubi notturni che lo fanno svegliare sudato: lui continua a indagare ma affonda nella paranoia. Alla fine vinceranno loro, davanti all’esplosione di una centrale nucleare distante solo a pochi chilometri. È li che si consuma l’avvicinamento prima impensabile tra il gruppo e il professore, con una sequenza simbolica in cui, mentre assistono atterriti al fumo mortale che si leva dalla centrale, Hoffman e Apolline si prendono per mano.


Il film è liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Christophe Dufossé, pubblicato in Italia da Einaudi. A spiegare le ragioni dell'adattamento sono state le parole dello stesso regista Sébastien Marnier in occasione della partecipazione al Festival di Venezia 2018: "Ho letto il romanzo di Dufossé quindici anni fa ed ero rimasto sopraffatto dal fascino delle situazioni che sapeva raccontare: un insegnante che si suicida davanti alla sua classe, l'atmosfera di sospetto che circonda gli studenti, un piano indecifrabile che un gruppo di adolescenti sta mettendo in atto… Avrei voluto che fosse il mio primo film, ma sono felice di averlo girato solo molti anni più tardi, quando la situazione politica e ambientale in tutto il mondo, e in Francia in particolare, si è fatta ancora più preoccupante. La realtà diventa sempre più difficile e lo stesso vale per la visione che i ragazzi protagonisti hanno del loro futuro. Credo che le nuove generazioni siano diventate più consapevoli del mondo in cui vivono e, come abbiamo capito mentre facevamo il casting del film a oltre 150 ragazzi, anche più pessimistiche.” È quindi un film genuinamente politico e il finale dovrebbe creare un'immagine forte della potenziale risposta al disastro della situazione attuale. Il fatto che l'insegnante, Pierre, diventi parte del gruppo in quel particolare momento trasmette delle emozioni contraddittorie, ma comunque positive. Nel corso di tutto il film, infatti, si vedono due generazioni confrontarsi senza mai davvero comprendersi. E lo stesso succede in tutto il mondo, dove assistiamo al succedersi di così tanti segnali drammatici di emergenze ambientali davanti alle quali i leader politici e le lobby economiche sembrano restare completamente indifferenti.






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