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L’ultimo appello (1996)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 30 ago
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 13 set

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L’ultimo appello

(The Chamber) USA 1996 dramma 1h53’

 

Regia: James Foley

Soggetto: John Grisham (romanzo)

Sceneggiatura: William Goldman, Chris Reese

Fotografia: Ian Baker

Montaggio: Mark Warner

Musiche: Carter Burwell

Scenografia: David Brisbin

Costumi: Tracy Tynan

 

Chris O’Donnell: Adam Hall

Gene Hackman: Sam Cayhall

Faye Dunaway: Lee Cayhall Bowen

Robert Prosky: E. Garner Goodman

Raymond J. Barry: Rollie Wedge

Bo Jackson: Clyde Packer

Lela Rochon: Nora Stark

David Marshall Grant: David McAllister

Nicholas Pryor: Flynn Slattery

Harve Presnell: gen. Roxburg

Richard Bradford: Wyn Lettner

Seth Isler: Marvin B. Kramer

 

TRAMA: Un giovane appena laureato in legge cerca di ottenere la sospensione dell’esecuzione del nonno razzista che si trova nel braccio della morte.

 

VOTO 6,5


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Ambientato nel profondo Sud degli Stati Uniti, il film segue Adam Hall (Chris O’Donnell), un giovane avvocato idealista che decide di difendere suo nonno Sam Cayhall (Gene Hackman), condannato a morte per un attentato dinamitardo razzista avvenuto decenni prima. Membro del Ku Klux Klan, Cayhall è accusato di aver ucciso due bambini in un attacco contro lo studio di un avvocato ebreo. Adam, spinto da un desiderio di verità e riconciliazione familiare, si immerge in un’indagine che lo porterà a confrontarsi con il passato oscuro della sua famiglia e con le contraddizioni del sistema giudiziario americano.


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Tratto dal libro di John Grisham, James Foley utilizza una grande prestazione di Gene Hackman per la storia di un condannato a morte. Nel braccio della morte si consuma il tentativo di un giovane avvocato, nipote dell’assassino, di salvarlo per lo meno dal suo estremo razzismo e dare un significato ad una vita ormai spesa male. Potrebbe essere un tema attuale?


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Presentandosi come un’opera che cerca di scavare sotto la superficie del crimine per esplorare le radici culturali e personali dell’odio, la storia personale del personaggio di Cayhall è una lente sul passato segregazionista degli Stati Uniti e sulle sue ripercussioni nel presente. Non secondario è l’argomento che riguarda la pena di morte: il film non prende una posizione netta, ma mostra le implicazioni emotive e morali di una condanna capitale.


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Importante anche l’aspetto della memoria familiare, perché è naturale che il giovane avvocato riflette sul passato dei congiunti e cerchi di comprendere se il sangue che lo lega a Cayhall lo condanna o lo libera. È anche un tentativo, aiutando il nonno, di risolvere la storia familiare non certo elogiabile. E non si tratta solo di ideali, ma anche di una mentalità che si vuole superare. Chi lo sconcerta è proprio quell’uomo che deve salvare dalla condanna, il quale è coriaceo e non vuol cambiare idea, troppo orgoglioso e mai pentito.


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Sicuramente non è uno dei migliori adattamenti dai romanzi di Grisham, ma di sicuro è uno dei più audaci. Meno spettacolare di Il Cliente o Il Socio, il film punta tutto sul confronto generazionale e sul peso del passato. È un’opera che, pur con qualche limite narrativo, merita di essere considerata per la sua capacità di porre domande scomode e attuali.


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Ottima la prestazione, come sempre, di Gene Hackman, che domina la scena con le sue urla, ma anche il buon Chris O’Donnell se la cava egregiamente.

 


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michemar

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