L'uomo della scatola magica (2017)
- michemar

- 24 ago 2023
- Tempo di lettura: 4 min

L'uomo della scatola magica
(Czlowiek z magicznym pudelkiem) Polonia/Italia 2017 fantascienza/dramma 1h43’
Regia: Bodo Kox
Sceneggiatura: Bodo Kox, Paulina Krajnik
Fotografia: Dominik Danilczyk, Arkadiusz Tomiak
Montaggio: Milenia Fiedler
Musiche: Sandro Di Stefano
Scenografia: Anna Wlodarczyk, Wojciech Zogala
Costumi: Katarzyna Adamczyk
Piotr Polak: Adam
Olga Boladz: Goria
Sebastian Stankiewicz: Sebastian
Helena Norowicz: Urszula Stefanka
Wojciech Zielinski: agente Jan Tragosz
Bartlomiej Firlet: Kowalsky Radzimir
Bartosz Cao: figlio di Prol
Anna Konieczna: agente Maria Torunska
Bogdan Koca: Prol
TRAMA: A Varsavia, un operaio delle pulizie trova un dispositivo per viaggiare nel tempo nel suo appartamento e rimane bloccato nel passato mentre la donna che stava frequentando si mette alla sua ricerca.
Voto 6,5

In un futuro distopico non troppo lontano (siamo nel 2030), Adam scappa dalla zona più povera di Varsavia verso la Nuova Città. Con l'aiuto di un uomo, trova un appartamento in un vecchio edificio disabitato e un lavoro come addetto alle pulizie. Si innamora di Goria, un'affascinante impiegata dell'Ufficio Risorse Umane, che però non lo prende sul serio. Nell'appartamento Adam trova una radio degli anni '50 che trasmette musica del passato. Ma la radio emana anche delle onde theta che consentono di viaggiare nel tempo. Sperimentandone il funzionamento, Adam si ritrova prigioniero nel passato. Quando non si presenta al lavoro, Goria – capendo di aver perso il vero amore – comincia a cercarlo nel passato.
La pletora dei film proiettati nel futuro distopico ci ricorda come il cinema spaventa lo spettatore sulle condizioni di vita nei futuristici tempi lontani, costantemente con cittadini sottoposti a regimi duri e ridotti a soldatini obbligati ad operazioni umili e ripetitive, sotto la continua sorveglianza di agenti rigidi senza la minima emozione, eventualmente androidi dotati di obbedienza e assenza di sentimenti. È in questo tipo di ambiente che si ritrova il triste e depresso Adam, alla ricerca di un minimo di libertà e indipendenza. Quello che per lui si rivela un appoggio, Sebastian, che poi si rivelerà appunto un androide, lo aiuta a trovare un appartamento in un edificio abbandonato e vietato alla popolazione. Ne diventa anche collega venendo anche assunto come lui in qualità di inserviente per le pulizie di una impresa importante, dove ha modo di conoscere Goria, una bellissima ragazza che vi lavora. Lui si innamora immediatamente, sempre nei limiti del suo scarso entusiasmo per ogni cosa e con poche speranze di riuscire a conquistarla. Lei è una donna vivace e ribelle che si mostra limitatamente esaltata da quel triste giovanotto ma apprezza le offerte di amicizia e poi perfino il rapporto sessuale che ne segue, ringraziandolo addirittura dell’orgasmo, ma stabilendo presto che la faccenda è limitata solo a incontri occasionali. Nulla di più.
Ovviamente la loro frequentazione è frenata dai rigidi controlli sia dell’impresa che dalla società imperante, dove agenti che paiono androidi sorvegliano con sofisticati dispositivi la vita quotidiana. La vera novità che si verifica è una vecchia radio che Adam trova e si porta a casa, non sapendo che è un apparecchio dotato di onde che lo trasporteranno nel passato, proprio quando la ragazza comincia ad affezionarsi sempre di più a lui. A nulla servono gli avvertimenti di Sebastian a stare attento: si ritrova catapultato negli anni ‘50, mentre Goria, ormai innamorata persa, si dannerà l’anima pur di ritrovarlo, disposta a tutto pur di raggiungerlo, andando anche lei nel tempo che lui ha raggiunto, non potendo più farne a meno. Determinata soprattutto dopo aver ritrovato il suo corpo in una specie di obitorio per comatosi, immerso in un liquido ghiacciato e amniotico.
La fotografia di Dominik Danilczyk e Arkadiusz Tomiak ha il compito importante per creare, assieme alla scenografia di una Varsavia postmoderna, l’atmosfera tipica dei racconti distopici: un po’ da Grande Fratello di 1984 (l’insensibilità degli assuefatti individui che sembrano automi, la voce orwelliana stentorea e monotonale che esce da quella radio), un po’ vagamente ispirata ad un grigio Blade Runner altrettanto futuristico ma senza la mortale umidità: i colori grigioverdi (più il primo che il secondo), la monotonia cromatica, la stilizzazione delle infrastrutture, tutto contribuisce a farci vivere nel tempo (del dopo) di Adam e Goria.
La loro, lentamente, è diventata davvero una storia d’amore, trasformando questo racconto fantascientifico in una evoluzione appassionata in cui chi insegue si accorge che è disposto a sacrificare se stesso per ricongiungersi. E ritrovarsi finalmente in una discarica, lavorando affiancati lungo due nastri trasportatori per la divisione dei rifiuti, è nonostante tutto l’elegia dell’amore vero: fianco a fianco, paralleli come le loro storie personali, paralleli come le loro vite che evidentemente erano destinati a non lasciarsi più una volta venuti in contatto in posto ostile. Ora sono in un altrove prima impensabile, lontani dagli odiosi controllori, ma tanto vicini l’uno all’altra. Quella scatola magica, che pareva una radio, ha compiuto uno scherzo del destino e senza di essa sarebbe stata tutta un’altra storia.

Piotr Polak è un Adam sensibile e taciturno, tanto attonito, finalmente stordito dal sentimento che prova verso una donna che non avrebbe mai pensato di avvicinare: Goria, interpretata da una splendida Olga Boladz, altezzosa e inavvicinabile per un tipo d’uomo come quell’addetto alle pulizie, che invece ha tanto da dare in fatto di emozioni nascoste. Il suo carattere e la sua personalità sono le caratteristiche predominanti, che non era semplice rappresentare ma che la brava attrice sa bene come performare, riuscendoci perfettamente. L’altro attore da segnalare è Sebastian Stankiewicz che con il ruolo di Sebastian che pare cucitogli addosso, infido e mellifluo ma con segni di ribellione (altro topos del genere), segna il personaggio necessario per dare ulteriore instabilità agli eventi, un personaggio nervoso che sfoga la personale insoddisfazione con una collezione di cubi di Rubik completati in pochi minuti. Tutti attori con all’attivo decine e decine di partecipazioni a film e serie polacche, quindi con molta esperienza, a cui il regista Bodo Kox – al suo lavoro più recente dopo diverse corti e alcuni film – si è evidentemente affidato per realizzare un film straniante e inquietante nella giusta misura. Il film, sicuramente spiazzante, compassato ma molto significativo, è nonostante tutto coinvolgente, ammesso che lo spettatore dedichi la giusta attenzione e ne segua l’evoluzione mai didascalica e quindi che ne tragga i significati e i salti temporali e di volontà dei personaggi.

Tra propaganda nazionalista e militarismo, tra difesa dall’immigrazione e altoparlanti su auto che mettono in guardia la popolazione, tra confronti tra la Polonia postbellica e pre-Stalin (ma è sicuro che siamo nel futuro?), trionfa comunque l’amore, tanto da farmi esclamare alla fine della visione che questo è un film d’amore, anche nella cupezza che predomina.
Apprezzabili le musiche dell’italiano Sandro Di Stefano.
Diverse candidature ai premi nazionali e vincitore dell’Asteroide Award 2017 al Trieste Science+Fiction Festival.






















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