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La bicicletta verde (2012)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 24 feb 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 19 mag 2023


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La bicicletta verde

(Wadjda) Arabia Saudita/Olanda/Germania/Giordania/Emirati Arabi/USA 2012 dramma 1h38’


Regia: Haifaa Al-Mansour

Sceneggiatura: Haifaa Al-Mansour

Fotografia: Lutz Reitemeier

Montaggio: Andreas Wodraschke

Musiche: Max Richter

Scenografia: Thomas Molt

Costumi: Peter Pohl


Waad Mohammed: Wadjda

Reem Abdullah: madre

Abdullrahman Al Gohani: Abdullah

Ahd: sig.ra Hussa

Sultan Al Assaf: padre


TRAMA: Una ragazzina saudita intraprendente partecipa alla competizione di recitazione del Corano della sua scuola per raccogliere i soldi di cui ha bisogno per comprarsi la bicicletta verde che ha catturato il suo cuore.


Voto 7

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La donna, in Arabia Saudita, come sappiamo, è considerata e trattata come un essere inferiore e moltissime cose non le sono permesse, tanto che un antico proverbio locale dice “Una ragazza non possiede altro che il suo velo e la sua tomba”, restringendo e semplificando la libertà di vita e di scelte che sono concesse. La ribellione a questo stato di cose e alla severa dottrina della religione wahabita, è un sogno che forse non viene neanche in mente a molte donne, rassegnate ed educate a questo mo(n)do di vivere. Se vivere si può dire. Poi succede che una bambina di 12 anni, ribelle di natura, ma in maniera spontanea e spigliata, sente il bisogno di poter giocare come i maschietti, di competere addirittura con loro, di gareggiare con l’amichetto Abdullah che possiede una bella bicicletta. Ma non solo sarebbe vietato giocare con lui, ma figuriamoci in bici (vietata anch’essa), dal momento che neanche possiede il denaro necessario e né ha possibilità di ottenerlo dalla mamma. Donna già ripudiata dal padre perché non può più fare figli.

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Wadjda è intelligente, molto attiva, e non si sogna di arrendersi davanti a tali difficoltà, soprattutto da quando ha visto in un negozio una bici che è diventata la sua ossessione. Infatti, ogni giorno Wadjda passa davanti a un negozio di giocattoli e si ferma a guardare la bella bicicletta verde in esposizione. Anche se alle ragazze islamiche è proibito andare in bicicletta, sogna di comprarla e per raccogliere i soldi necessari escogita un piano, cominciando a vendere a scuola nastri musicali registrati e aiutando una ragazza più grande a incontrare un ragazzo. Il suo piano però non basta e a lei non resta che cogliere al balzo una nuova occasione: partecipare a un concorso di lettura del Corano con in palio una cospicua somma di denaro. Con l'astuzia, cercherà un modo per sconfiggere i rivali e arrivare prima.

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È difficile per Wadjda, ma è quasi impossibile per una donna saudita essere filmmaker, girare un film su un’idea che la attira. Anzi, ripartiamo dalla cima. È illegale mostrare film pubblicamente in Arabia Saudita. È vietato alle donne adulte fare quasi tutto senza il permesso di un tutore maschio (!), di solito un padre, un fratello o un marito. Eppure, in qualche modo, Haifaa Al-Mansour (una donna!) è riuscita a scrivere e dirigere un lungometraggio ed è stata la prima donna saudita a farlo, e come ci è riuscita solo Dio lo sa (o Allah). Con capitali raccolti in varie nazioni, con una troupe sostanzialmente tedesca, con l’aiuto di tutti e di un walkie talkie dal retro di un camioncino, è riuscita nella titanica impresa e il film è giunto sano e salvo in porto, riscuotendo consensi in ogni dove.

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Vien da chiedersi se la pura e sola novità dell’opera sarebbe stata la cosa più interessante ed invece, con sorpresa di tanti, ne è scaturito un film delizioso e potente pur nella sua leggerezza, nella giocosità dell’espressione che deriva direttamente dalla bella bimba protagonista. Potente anche per come è stato realizzato e per il forte messaggio che porta intrinseco, un atto di ribellione artistica rivolto a quel mondo e spedito al mondo intero. Semplicemente perché il film, ora, esiste. In fondo, Wadjda prova perfino divertimento a sfidare l’ambiente e la severità della dottrina, anzi utilizzandola a proprio soddisfacimento. In un luogo, tra l’altro, in cui le ragazze e le donne dovrebbero essere silenziose e invisibili, e che invece la stimola maggiormente sfidando anche i suoi insegnanti indossando scarpe da ginnastica occidentali con lacci blu brillante, oppure utilizzando un appendiabiti metallico come antenna per la sua radio per catturare il segnale di un DJ di lingua inglese e dall'accento americano che suona musica pop se non addirittura hard rock. Questa meravigliosa bimba non è ribelle: è rivoluzionaria!

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Questo film è una denuncia ed è un grido di libertà, con una regista donna e una protagonista una futura donna. Con la speranza che un giorno non si ascolti più chi, come la signora Hussa, rimproveri perché “Non si ride così forte. Avete dimenticato che la voce delle donne non deve mai oltrepassare la porta? La voce della donna è la sua nudità”.


E mentre scrivo queste righe ripenso al coraggio delle ragazze iraniane.



 
 
 

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michemar

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