La donna della domenica (1975)
- michemar

- 14 set
- Tempo di lettura: 3 min

La donna della domenica
Italia, Francia 1975 thriller 1h45’
Regia: Luigi Comencini
Soggetto: Fruttero e Lucentini (romanzo)
Sceneggiatura: Agenore Incrocci, Furio Scarpelli
Fotografia: Luciano Tovoli
Montaggio: Antonio Siciliano
Musiche: Ennio Morricone
Scenografia: Mario Ambrosino
Costumi: Mario Ambrosino, Vito Lattuada
Marcello Mastroianni: comm. Santamaria
Jacqueline Bisset: Anna Carla Dosio
Jean-Louis Trintignant: Massimo Campi
Aldo Reggiani: Lello Riviera
Pino Caruso: comm. De Palma
Lina Volonghi: Ines Tabusso
Maria Teresa Albani: Virginia Tabusso
Omero Antonutti: Benito
Franco Nebbia: Bonetto
Claudio Gora: arch. Garrone
Gigi Ballista: Vollero
Fortunato Cecilia: Nicosia
Tina Lattanzi: madre di Massimo
Antonino Faà di Bruno: padre di Massimo
Gil Cagnè: parrucchiere
TRAMA: Il commissario Santamaria, romano ma in forza presso la Questura di Torino, indaga sul delitto di un ingegnere. Giorno dopo giorno si accorge della corruzione e delle ambiguità che caratterizzano la borghesia torinese. I suoi superiori lo invitano alla prudenza, ma Santamaria scopre il colpevole e il movente: non è un delitto passionale.
VOTO 6,5

Diretto da Luigi Comencini e tratto dal romanzo di Fruttero & Lucentini, è un thriller che si traveste da poliziesco per raccontare le tensioni sociali dell’Italia degli anni ‘70. Il film si apre con l’omicidio di un noto architetto, ucciso in circostanze grottesche con un fallo di pietra. A indagare è l’ispettore Santamaria, interpretato da Marcello Mastroianni, che si ritrova coinvolto in un mondo elitario e ambiguo, popolato da personaggi raffinati e perversi.
La pellicola si muove tra le colline torinesi, dove risiedono le élite industriali, e le pianure urbane, abitate da prostitute e magnaccia. Questa geografia diventa metafora della divisione sociale: Santamaria, uomo del popolo, penetra appena nel mondo chiuso dell’alta borghesia, disturbando la quiete di una società decadente e viziosa. Il film si fa così riflessione politica, amara e disillusa, dove nessuno riesce a sfuggire alle proprie origini.
Tra i protagonisti spiccano Anna Carla Dosio (Jacqueline Bisset), aristocratica e algida, e Massimo Campi (Jean-Louis Trintignant), il cui personaggio è tormentato da un’attrazione omosessuale verso un giovane di rango inferiore, Lello, interpretato da Aldo Reggiani. La morte di quest’ultimo, inevitabile nel contesto narrativo, sottolinea il peso del conformismo e del clima regnante.
Nonostante la profondità tematica, il film soffre di una narrazione lenta e, al contrario, di una conclusione affrettata. L’indagine si sviluppa con una discreta incisività, ignorando piste logiche come gli affari immobiliari della vittima. La musica di Ennio Morricone, solitamente garanzia di atmosfera, fa il suo lavoro efficacemente ma non come altre volte: difatti non ricordiamo molto le sue note che invece normalmente restano nella memoria. A salvare soprattutto il film sono la presenza scenica di Marcello Mastroianni e il fascino glaciale di Jacqueline Bisset. Ciò però non vuol dire che il film sia mediocre. Forse il thriller non era proprio nelle corde del regista, resta comunque un’opera più sociologica che investigativa (e ciò è più congeniale a Comencini), un ritratto pungente di un’Italia divisa e inquieta, dove il delitto è solo il pretesto per svelare le crepe di una società in crisi.
Sfrondando parecchio episodi collaterali per rendere il racconto più agile, la sceneggiatura di due autori esperti come Age e Scarpelli unitamente alla mitica Agenore Incrocci, punta più sulla recitazione dell’ottimo cast che sulla complessità del celebre e corposo romanzo di Fruttero e Lucentini, celebri autori di gialli avvincenti e innovativi. È un ritratto forse perfino divertito dell’ambiente torinese, città in cui si svolgono i fatti misteriosi e delittuosi ma vista da lontano, con una acclimatazione quasi gotica. Su tutto emerge lo scetticismo del commissario Santamaria, che osserva i fatti con il distacco e l’ironia romanesche.
Nonostante le critiche che il film subì a suo tempo credo che invece sia un film comunque piacevole e interessante, da guardare con lo stesso distacco del bravissimo attore protagonista, spesso in felice dialogo frizzante con la bellissima attrice francese. La vera pecca comunque rimane quella patina fastidiosa che ricorda parecchio la fiction televisiva. E questo per me è sempre un difetto.
Il film si avvale di un cast artistico e tecnico di alto livello, in quanto annovera nomi molto noti in quegli anni: Pino Caruso, Lina Volonghi, Omero Antonutti, Franco Nebbia, Claudio Gora, Gigi Ballista, Tina Lattanzi. Ognuno di loro ha dato il proprio valido contributo.
Il film completo:
































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