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La donna elettrica (2018)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 22 apr 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 23 apr 2020


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La donna elettrica

[Kona fer í stríð (Una donna va in guerra) – Woman at War] Islanda/Francia/Ucraina 2018 dramma 1h41’

Regia: Benedikt Erlingsson

Sceneggiatura: Benedikt Erlingsson, Ólafur Egilsson

Fotografia: Bergsteinn Björgúlfsson

Montaggio: David Alexander Corno

Musiche: Davíð Þór Jónsson

Scenografia: Snorri Freyr Hilmarsson

Costumi: Sylvia Dögg Halldórsdóttir, Maria Kero

Halldóra Geirharðsdóttir: Halla / Ása

Jóhann Sigurðarson: Sveinbjörn

Jörundur Ragnarsson: Baldvin

Juan Camillo Roman Estrada: Juan Camillo

Björn Thors: Primo Ministro

Vala Kristin Eiriksdottir: Stefania

Solveig Arnaldsdottir: Gudrun

Margaryta Hilska: Nika

Þórhildur Ingunn: Sirry

TRAMA: Halla è una donna dallo spirito indipendente che ha superato da un bel po' la quarantina. Dietro la tranquillità della sua routine si nasconde però un'altra identità che pochi conoscono. Conosciuta come "la donna della montagna", Halla è infatti un'appassionata ambientalista che ha ingaggiato una guerra solitaria contro l'industria dell'alluminio, che sta cercando di espandersi nella sua Islanda. Con le sue azioni che diventano sempre più audaci e con il negoziato tra il governo islandese e la multinazionale cinese dell'alluminio rimandato, Halla è costretta a rivedere le sue priorità quando le comunicano che è stata accettata la sua richiesta di adozione.

Voto 7


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La donna elettrica è Halla, che nel film dolcemente battagliero di Benedikt Erlingsson insegna canto e sabota gli impianti dell’alta tensione, per preservare la Terra dalla arroganza delle multinazionali in sprezzante e continua espansione. Il titolo originale però rende meglio l’idea: Halla è in realtà “una donna in guerra”, perché ormai ha capito che per difendere il nostro pianeta non bastano le solite maniere, ma bisogna combattere sul campo. Solo che lei è ancora analogica, è vecchio stile, per cui le sue armi sono ancora convenzionali, tipo esplosivo classico, smerigliatrice per tagliare i cavi d’acciaio dei piloni d’alta tensione, se non addirittura arco e frecce. Però ben adeguate alle circostanze: con una buona mira e una freccia annodata alla corda, se centri il drone spione puoi tirarlo giù e maciullarlo con un sasso. Che soddisfazione, per una ribelle che odia i consumi della tecnologia moderna!


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D’altronde i film del regista islandese Benedikt Erlingsson sono (come si nota dal precedente ‘Storie di cavalli e di uomini’ del 2013) sempre dedicati alla natura e al modo di vivere secondo i suoi ritmi. Anche il metodo di battaglia ambientalista è all’antica e quindi consiste principalmente nel vecchio concetto del sabotaggio, tranciando fili, abbattendo pali elettrici. Poi arriverà il momento si scegliere, come quando uno deve decidere cosa fare da grandi: dall’Ucraina arriva la notizia attesa da tempo che concede ad Halla l’adozione di una bimba. Che fare ora? La mamma o continuare la sua personale guerra per la salvezza della Natura e preservare così il futuro della nuova arrivata? Erano quattro anni che Halla aveva fatto domanda per l’adozione e quindi le era proprio sfuggito di mente, tanto era occupata con le varie iniziative per contrastare l’invasione dell’industria cinese nella verde Islanda, che lei vedeva così votata alla pastorizia e alla coltura agricola. Ciò che la aiuta nelle incursioni e nelle fughe precipitose, inseguita da elicotteri della polizia, dall’intervento perfino della CIA (!) e dei servizi segreti israeliani, è il suo attivismo fisico: è allenatissima e per giunta resistente alla lunga marcia (e se del caso, alla corsa) e alle intemperie, piena di idee e ricca di accorgimenti per adattarsi alle situazioni più ostili e alle difficoltà della conformazione orografica di quella bella e grande isola. Senza inventiva e velocità di pensiero rischierebbe tutte le volte di essere agevolmente arrestata e invece un naturale nascondiglio, una mimesi tra le bestie, un tuffo nelle acque gelide dei torrenti e persino l’interstizio tra i ghiacciai le sono di grande aiuto. Non si perde mai d’animo, si guarda intorno e agisce. Con immediatezza ed efficacia. Sfugge sempre, l’unica défaillance può derivarle solo dal DNA. E infatti… Alla fine sarà quindi non semplice scegliere tra la felicità di diventare una mamma single o continuare la personale battaglia, in cui ha trovato come alleato solo ed unicamente un pastore, forse suo lontano cugino.


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Ma come afferma lo stesso regista: “Diventare genitori è una forma di attivismo. Tutto quello che Halla fa è politico: tra i suoi sabotaggi e l’adozione di Nika non c’è conflitto, sono gesti politici in egual misura, fronti differenti della stessa battaglia.” E a proposito della scelta di proporre una donna come protagonista: “È stata una scelta vecchio stile: le donne salvano il mondo e per questo sono al centro delle narrazioni. Nella mia società hanno sempre avuto un ruolo centrale, ma ci sono in tutto il mondo tradizioni che legano il femminile alla Terra: da Cerere al Sudamerica, sono le donne che salvano il mondo. E Halla ci mette davanti a una domanda: come lo salvi? Anche adottando un bambino. Per questo, la sua è un’unica grande missione.”


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Il finale, costruito ad arte, come un thriller americano, con colpi di scena e inseguimenti degni delle illuminate strade notturne delle città americane, ma svolti nella impervia terra islandese, sembra volare verso il traguardo voluto dalla giustizia di stato, ma ecco il gran colpo di teatro, un vero coupe de foudre: la sorella gemella Ása, la cui soluzione va oltre ogni minima immaginazione. Davvero un colpo di genio!

Il film però non è tutto nella trama e nell’interessante sviluppo, ha anche sorprendenti accorgimenti di natura artistica: il doppio commento musicale. Da un lato, ogni tanto, nei momenti in cui necessita passare da una situazione all’altra ecco comparire dal nulla un trio di coriste abbigliate con i costumi tradizionali islandesi, che si comporta come un coro da tragedia greca che commenta (immagino) le varie circostanze. A questo si alterna un altro trio, tre musicisti che ogni volta adattano - guidati dal valente batterista che ricorda innegabilmente il celebre ed inimitabile Antonio Sánchez del Birdman di Iñárritu – il ritmo della loro musica a quello tenuto dalla protagonista. Una cadenza perfettamente sincrona che completa magnificamente il contesto. Li vedremo tutti e sei assieme nel gran finale sorprendente, giustamente, quasi a festeggiare l’ingegnosa soluzione adottata. Perché lo stratagemma finale, va ribadito, è davvero una genialata.


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Nulla da eccepire sulla regia di Benedikt Erlingsson, un 50enne islandese che conosce bene la sua terra e sa come fotografarla e sfruttarla a fini spettacolari. Ma la vera star è Halldóra Geirharðsdóttir, l’attrice protagonista: fisico da atleta e viso espressivo, faccia intelligente e simpatica, occhioni vispi pronti a studiare cosa e chi la circonda, una bella scoperta.

Attenzione: si parla di un remake americano diretto e interpretato da Jodie Foster!



 
 
 

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