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La forma dell'acqua - The Shape of Water(2017)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 15 feb 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 11 giu 2023


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La forma dell'acqua - The Shape of Water

(The Shape of Water) USA 2017, fantasy, 2h3’


Regia: Guillermo del Toro

Sceneggiatura: Guillermo del Toro, Vanessa Taylor

Fotografia: Dan Laustsen

Montaggio: Sidney Wolinsky

Musiche: Alexandre Desplat

Scenografia: Paul D. Austerberry

Costumi: Luis Sequeira


Sally Hawkins: Elisa Esposito

Michael Shannon: col. Richard Strickland

Richard Jenkins: Giles

Doug Jones: uomo anfibio

Michael Stuhlbarg: dott. Robert 'Bob' Hoffstetler / Dimitri

Octavia Spencer: Zelda Delilah Fuller

Nick Searcy: gen. Frank Hoyt

David Hewlett: Fleming

Lauren Lee Smith: Elaine Strickland


TRAMA: Nel 1963 nell'America segnata dalla guerra fredda, in un laboratorio governativo segreto ad alta sicurezza lavora la solitaria Elisa, muta dalla nascita e intrappolata in un'esistenza di silenzio e isolamento. La sua vita cambia però in maniera inevitabile quando con la collaboratrice Zelda scopre un esperimento classificato come segreto.


Voto 8

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Guillermo del Toro, fisiognomicamente simile ai suoi generosi e gentili mostri, con il suo sorrisone sornione che conquista, ci porge una bella favola, un po’ dark, un po’ gotica come le altre volte. Le sue storie preferite sono sempre, eccettuato qualche volta (vedi Pacific Rim) dolci fiabe abitate da persone cattive e persone buone, anzi genuinamente sensibili e candide, tra cui si insinuano strane creature che nell’immediato danno l’idea del mostro e che terrorizzano. Ma solo al primo sguardo. Anzi, più esattamente questa è l’impressione che suscita solo ai cattivoni delle storie, perché agli altri sembra invece un angelo benefico che arricchisce la vita terrena, persone semplici che sanno accettare la diversità di quelle creature e non le vedono come nemiche. Individui che spesso sono persone incomprese, sole, piene di bontà e fantasia.

Sì, è proprio un film sulla solitudine, quella di personaggi alla ricerca di qualcosa: vivono una vita fin troppo monotona e grigia e ciò che manca più di tutto è l’amore e perché no perfino il sesso.

Il gotico e il dark è sommerso da una bellissima fotografia dai toni forti, come i colori pastello che dominavano il cinema degli anni ’60. Colori a loro volta dominati da varie nuances del colore principale del film, il verde. Verde è l’acqua salmastra in cui deve vivere lo strano essere anfibio, verde è il colore delle torte al lime preferite da Giles, verde son le caramelle che Richard Strickland mastica di continuo, verde è la nuova macchina che quest’ultimo compra [“No! È turchese tenue!” dice il concessionario (che poi nell’originale in verità è “carta da zucchero”)], verde è anche il colore dominante di ciò che regna nella casa della timida ma determinata Elisa.

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La vita di Elisa (quanto di sé ha questo personaggio della gentile Sally Hawkins? tantissimo!) è in fondo molto monotona: alla sveglia il bagno quotidiano, con conseguente e puntuale momento erotico self-service, qualche uovo lesso (uh1 quante uova nel bollitore in questo film! uova per tutti!), la colazione servita al vicino solitario (eccone un altro) Giles (sempre puntale il bravo Richard Jenkins) e poi una giornata dura di lavoro a fare pulizie in coppia con Zelda (una strepitosa Octavia Spencer) nei bagni di un centro di ricerche americano, dove appunto studiano questo strano essere anfibio catturato in Sudamerica. Solo l’arrivo di questo animale così simile all’uomo (oh! se è simile all’uomo!!! in tutto e per tutto…) le potrà la svolta nella sua minuscola vita. Eh già, è proprio un’altra versione delle Bella e la Bestia.

In fondo l’amore è, lo sappiamo bene tutti, ciò che dà un significato compiuto alla propria vita, ciò che riempie i vuoti, le assenze. Che dà il senso essenziale all’esistenza. È il miracolo che trasforma le persone in esseri compatibili anche se diversi, è il miracolo che fa trasformare le ferite in branchie, è il miracolo che ti consente di vivere per sempre con la persona amata in tutti in entrambi gli ambienti.

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Michael Shannon ormai non riesce più a liberarsi dai ruoli di cattivo, è prigioniero del suo physique du rôle, ma efficacissimo; Michael Stuhlbarg lo chiamano tutti i registi, credo lo troveremo anche al botteghino: è il jolly da giocare all’occorrenza a quanto pare.

Guillermo del Toro viaggia con il pilota automatico: sa bene cosa deve realizzare e lo fa come in un mondo incantato, dove ogni cosa fila liscia verso la realizzazione di un sogno, mentre la sua fantasia produce solo storie belle che fanno bene al cuore, nonostante le strane figure che frequenta la sua geniale inventiva.

Una storia sull’estraneo, quindi, sull’ospite inatteso, sgradito a molti e come si fa a non andare col pensiero ai tempi che stiamo vivendo? Anche questa creatura ha sentimenti, ha affetto da donare, ha la sensibilità di ricambiare la generosità ricevuta. Come i tanti “diversi” (?) che arrivano da lontano. Film bello, molto affascinante, che procura sorrisi e malinconia nello stesso tempo.



Oscar 2018 per miglior film, regia, scenografia, colonna sonora.

Golden Globe 2018 per regia e colonna sonora.


 
 
 

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cinefilo da bambino

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