The Alto Knights - I due volti del crimine (2025)
- michemar

- 5 giorni fa
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The Alto Knights - I due volti del crimine
(The Alto Knights) USA 2025 gangster 2h3’
Regia: Barry Levinson
Sceneggiatura: Nicholas Pileggi
Fotografia: Dante Spinotti
Montaggio: Douglas Crise
Musiche: David Fleming
Scenografia: Neil Spisak
Costumi: Jeffrey Kurland
Robert De Niro: Vito Genovese / Frank Costello
Cosmo Jarvis: Vincent Gigante
Debra Messing: Bobbie Costello
Kathrine Narducci: Anna Genovese
Robert Uricola: Tony Bender
Michael Rispoli: Albert Anastasia
Wallace Langham: sen. Estes Kefauver
Matt Servitto: George Wolf
Louis Mustillo: Joe Bonanno
Carrie Lazar: ten. Trooper
Belmont Cameli: Frankie Boy
James Ciccone: Carlo Gambino
TRAMA: New York, anni ‘50. Due dei più noti boss della criminalità organizzata di New York, Frank Costello e Vito Genovese, sono intenti a contendersi il controllo delle strade della città. Un tempo migliori amici, piccole gelosie e una serie di tradimenti li mettono in una rotta di collisione mortale che cambierà per sempre la mafia.
VOTO 6

Con uno stile che si avvicina parecchio a quello del miglior Coppola e al miglior Scorsese (a cui tanto si rassomiglia questo film), ma mai all’altezza di questi grandi autori, Barry Levinson torna dietro la macchina da presa a 83 anni e dopo 10 dall’ultimo lavoro per il grande schermo (nel frattempo ha lavorato per la TV) ma purtroppo non con la stessa qualità dei suoi maggiori successi. Per fare ciò ha scelto un monumento del cinema come Robert De Niro per farlo sdoppiare in un doppio ruolo, quello dei due rivali ed ex amici fin dalla gioventù Vito Genovese e Frank Costello, personaggi reali che hanno condizionato e comandato il campo gangster per decenni. Anche stavolta c’è una voce narrante, quella di Costello, che parte sin dalla prima sequenza in cui subisce il tentativo di assassinio su ordine dell’ex compagno di tante scorribande criminali, ad opera del braccio armato Vincent (Cosmo Jarvis). Scampato quasi miracolosamente al proiettile che gli aveva quasi sfondato il cranio, ma già stanco di quella vita per cui sognava con l’amata moglie Bobbie (Debra Messing) una felice e serena vecchiaia, decide definitivamente di ritirarsi, ammesso che il nemico-amico lo lasciasse in pace.


Come si intuisce, Robert De Niro torna a interpretare il mondo della malavita e addirittura esagerandosi nel doppio ruolo. Sebbene il film sia lungo e spesso ripetitivo, riesce comunque a catturare sufficientemente l’attenzione, soprattutto grazie alla performance del grande attore, sempre a suo agio con questi personaggi, che ormai interpreta col pilota automatico. Un ritratto vivace e pungente, reso ancora più efficace da un trucco prostetico che lo trasforma in un personaggio memorabile, degno dei suoi ruoli di trent’anni fa. Ma, onestamente, non alla stessa altezza.


Infatti, il Costello di De Niro appare più piatto, quasi un’eco smorzata del suo Frank Sheeran del lunghissimo The Irishman nonostante anche qui sia preciso e composto, ma è privo di pathos. Il film guadagna slancio negli ultimi quaranta minuti, quando Costello convoca una riunione di Cosa Nostra ad Apalachin, una località dello stato di New York. Quello è un tranello in cui fa cadere tutti i suoi boss e compari per attuare il piano agognato del ritiro. Il caos che ne segue, con boss mafiosi in fuga dai posti di blocco della polizia, è tra le sequenze più riuscite e quasi anche comico e grottesco.


Tuttavia, trovo che il film soffra di una scarsa profondità nei rapporti personali: il matrimonio lampo tra Genovese e Anna (Kathrine Narducci) è tratteggiato in modo frettoloso, mentre la relazione tra Costello e la moglie Bobbie manca di tensione emotiva, nonostante il tentato omicidio che incombe sul loro futuro. Traspare comunque come questi ultimi si volessero davvero bene.


La narrazione, affidata al Costello anziano, ricalca lo stile del citato film di Scorsese, ma non riesce a sviluppare appieno l’amicizia iniziale tra i due protagonisti, che si trasforma rapidamente in una faida. Nonostante la sceneggiatura dell’eccellente Nicholas Pileggi (ricordiamo autore dello script di Quei bravi ragazzi e Casinò) e un cast di rilievo, il film non decolla mai davvero. Più che un’epopea di amicizia e tradimento, si rivela uno dei tanti film sulla mafia italo americana, con una lista lunghissima di piccoli e medi boss dal cognome nostrano o appena cambiato come lo stesso Costello, ex Castiglia.


Quasi superfluo far notare la bravura del doppio De Niro, anche nella variazione di tono di voce per i due personaggi, ma la qualità finisce qui, perché il film è troppo ripetitivo, lento e pieno di dialoghi fitti che troppo spesso, stante la buona sceneggiatura, si replicano con le stesse frasi, quasi all’infinito, sia discutendo i due co-protagonisti sul ritiro che Costello ha deciso e sia quando Genovese continua a rimproverare Vincent di non aver saputo eseguire alla perfezione l’omicidio che gli era stato affidato. Si sfiora, ahimè, la noia della monotonia e delle repliche delle scene e dei dialoghi.

Non è Coppola né Scorsese, come si diceva prima, ed alla fine non resta granché nella voglia di rivederlo, né tantomeno il Michael Mann di Nemico pubblico - Public Enemies o, eventualmente, di Heat - La sfida, che ha qualche attinenza nelle scene in cui i due criminali si incontrano al tavolo per discutere in una sfida psicologica. Qui non ci sono poliziotto e criminale ma un paio di Alto Knights, due cavalieri di rango (come dice il titolo) nella malavita predominante, tant’è che il titolo iniziale del progetto era Wise Guys, tipi svegli, o meglio, nel gergo della mafia americana, sinonimo di mafiosi affiliati.

Finale malinconico ma meritato: entrambi in galera, ma il cattivissimo Genovese muore nella clinica penitenziaria, Costello nel suo letto a 80 anni, assistito come sempre dalla moglie, una Debra Messing in versione first lady che vede e non vede ma gode dei frutti del consorte mafioso.
Ho il timore che anche De Niro, in vecchiaia, si accontenti come Barry Levinson: quello che passa il convento.






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