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La giuria (2003)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 16 ott 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 23 set

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La giuria

(Runaway Jury) USA 2003 thriller giudiziario 2h7’


Regia: Gary Fleder

Soggetto: John Grisham (romanzo)

Sceneggiatura: Brian Koppelman, David Levien, Rick Cleveland, Matthew Chapman

Fotografia: Robert Elswit

Montaggio: William Steinkamp

Musiche: Christopher Young

Scenografia: Nelson Coates

Costumi: Abigail Murray


John Cusack: Nicholas Easter

Gene Hackman: Rankin Fitch

Dustin Hoffman: Wendell Rohr

Rachel Weisz: Marlee

Bruce Davison: Durwood Cable

Bruce McGill: giudice Harkin

Jeremy Piven: Lawrence Green

Nick Searcy: Doyle

Stanley Anderson: Henry Jankle

Gerry Bamman: Herman Grimes

Orlando Jones: Russell

Cliff Curtis: Frank Herrera

Leland Orser: Lamb

Marguerite Moreau: Amanda Monroe

Jennifer Beals: Vanessa Lembeck

Bill Nunn: Lonnie Shaver

Luis Guzmán: Jerry Hernandez

Dylan McDermott: Jacob Wood


TRAMA: Una giovane vedova di New Orleans cita in giudizio un potente consorzio d'affari che ritiene responsabile della morte del marito. Il suo avvocato, Wendall Rohr, ha un forte senso morale e si oppone con veemenza al team dei difensori, paravento dietro cui si nasconde Rankin Fitch, uno spregiudicato e brillante consulente per giurie, consapevole che il verdetto dipende in massima parte dalla composizione della giuria.


Voto 7


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Per l’ennesima trasposizione di un romanzo thriller dello scrittore di successo editoriale e cinematografico John Grisham, il regista Gary Fleder (Il collezionista, Don't Say a Word) lo adatta cambiando sostanzialmente la questione di fondo che dà origine ad una morte e alla conseguente denuncia da parte della vedova. Si passa, cioè, da una morte a causa del tabacco a quella dell’uso delle armi, che come ben sappiamo in America è all’ordine del giorno. Ma la caratteristica principale resta invece l’ossatura su cui verte l’intero film, e cioè la composizione della giuria laica, quella popolare come quelle che si vedono spessissimo nel filone dei legal thriller.


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Infatti nell’ordinamento statunitense è previsto, una volta selezionata la giuria popolare, poterne contestare la composizione e sostituire alcuni elementi che non stanno bene o all’accusa o alla difesa. Sono gli stessi legali che ne discutono e operano affinché il giudice provveda ai cambiamenti. Tutto ciò è molto importante ai fini del giudizio finale perché sono proprio le persone scelte che devono decidere se l’imputato è colpevole o innocente. Questo ha portato, di conseguenza, ad un perfezionamento del lavoro di legali specializzati nel saper scegliere quei componenti.


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Lavoro non facile ma importantissimo. Basterà osservare con attenzione cosa succede in questo film, che si presta a una seria riflessione sul sistema della giuria e sui poteri del giudice di determinare il destino del caso. Ma con il sistema della giuria aperta a possibili manipolazioni e manomissioni, come quello che viene mostrato, forse non ci potrebbe mai essere un modo infallibile al 100% per garantire che il crimine paghi accuratamente. La giustizia è cieca oppure no? Lo dimostra la figura centrale del personaggio del grande Gene Hackman, l’avvocato specializzato nel ramo Rankin Fitch, che non esita ad andare border line pur di scoprire le debolezze e gli scheletri nell’armadio di taluni giurati per poterli eliminare dalla lista o ricattarli: spietato (come sa fare molto bene l’attore) e spregiudicato, con il sorriso sprezzante quando riesce nell’intento.


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Siamo a New Orleans, dove un impiegato appena licenziato entra nel suo vecchio ufficio sparando all'impazzata contro i presenti per poi suicidarsi. Due anni dopo, la moglie di una vittima, Marlee (Rachel Weisz) fa causa alla società produttrice dell'arma usata per l'omicidio del marito per il mancato controllo del relativo commercio. Il processo vede in ballo svariati milioni di dollari: tutto sta nel verdetto finale dei dodici giurati. A sostenere l'accusa vi è l'avvocato vecchio stile Wendell Rohr (Dustin Hoffman) una persona che si potrebbe definire perbene, mentre la difesa è coordinata dagli avvocati Durwood Cable e quel Rankin Fitch, noto soprattutto come consulente per la composizione delle giurie nei processi, che non si fa scrupoli a corrompere o minacciare la giuria per vincere. Il terzo personaggio è un giurato che non ha assolutamente voglia di farne parte, Nicholas Easter (John Cusack), commesso che fa di tutto per farsi escludere, ma bloccato dal giudice. Sembra un giovanotto di poco conto ed inaffidabile ed invece assurgerà a ulteriore protagonista della vicenda. Le carte sono tante da giocare e si corre sul filo del rasoio: dalla battaglia tra i due avvocati e il lavorio sotterraneo del giovane Easter dipenderà l’esito del dibattito e la sentenza. Tutto sta da come riusciranno i primi due ad elaborare prima la composizione della giuria e poi nel dibattito serrato in aula. Una partita avvincente prima e durante.


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Se Gary Fleder se la cava dignitosamente, lo spettacolo è assicurato dalla coppia dei grandi attori che dominano la scena. Avere vicini sullo schermo Gene Hackman e Dustin Hoffman (due attori con la desinenza “man”!) è proprio questo e vederli per la prima volta diventa anche una curiosità non solo statistica. Il loro è uno show di bravura e in un’aula di tribunale, dove conta l’abilità strategica e oratoria, non sbagliano nulla. La sorpresa è anche l’eccellente John Cusack che con il suo personaggio e le sue maniere sibilline non si sa mai dove si può arrivare. La dolce Rachel Weisz ha poche carte da giocare, oscurata dal duello legale e dal lavoro di manovalanza del giovanotto, determinante ai fini della sentenza.



È un film su argomenti legali ma che dimostra quanto siano poco legali le manovre sottobanco: tutto ha un prezzo? Stiamo a guardare, perché Wendell Rohr è una persona retta e onesta ma non ci sta a perdere la grande occasione e fatica a venire a patti con la possibilità di perdere la causa contro un paio di imbroglioni. Badiamo bene a cosa si dicono nel bagno del tribunale.



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