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La nostra vita (2010)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 8 ott 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

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La nostra vita

Italia/Francia 2010 dramma 1h38’


Regia: Daniele Luchetti

Sceneggiatura: Daniele Luchetti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli

Fotografia: Claudio Collepiccolo

Montaggio: Mirco Garrone

Musiche: Franco Piersanti

Scenografia: Giancarlo Basili

Costumi: Maria Rita Barbera


Elio Germano: Claudio

Isabella Ragonese: Elena

Raoul Bova: Piero

Stefania Montorsi: Liliana

Luca Zingaretti: Ari

Giorgio Colangeli: Porcari

Alina Berzunteanu: Gabriela

Marius Ignat: Andrei


TRAMA: Claudio, operaio edile in un cantiere alla periferia di Roma, è sposato e la moglie è incinta del terzo figlio. Ma, quando trova i resti di un immigrato illegale sotto il sito e non lo denuncia, sconvolge la sua vita semplice e felice.


Voto 6,5

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A Claudio, operaio edile, un caposquadra più esattamente, il mondo crolla quando sua moglie muore dando alla luce il loro terzo figlio. Ma, dopo lo sbandamento del momento, reagisce e non si lascia andare e si butta nel suo lavoro in modo che ai due figli non manchi nulla, anche se viene coinvolto in affari disonesti. È solo più tardi che si rende conto che i bambini hanno bisogno di qualcosa di più di una semplice attenzione materiale.

La storia si concentra quindi principalmente sul modo in cui Claudio organizza ulteriormente il suo futuro. Ha urgente bisogno di soldi e cerca disperatamente un progetto redditizio come subappaltatore. A tal fine, ricatta più o meno l'appaltatore principale da cui dipende. Gli sviluppi dello scenario che seguono a volte sembrano un po’ artificiosi. C’è qualche ostentazione sulle tensioni razziali tra lavoratori illegali e beneficiari del welfare italiano (che, ovviamente, vogliono guadagnare soldi extra) e nelle relazioni amichevoli tra Gabriela, Andrei e lui stesso. La sceneggiatura avrebbe potuto avere un po’ più di profondità e finezza in quei momenti; tuttavia, il forte ruolo di protagonista di Elio Germano compensa pienamente questi aspetti negativi.

Il diligente Daniele Luchetti, fino a questo film, oscillava tra commedie di costume, satira politica (complice Nanni Moretti) e lo studio del mondo difficile della scuola, quindi un cinema agrodolce, e quasi sorprendentemente arriva a questa opera dura e aspra del mondo operaio e delle problematiche che affliggono ormai da decenni l’occupazione e la formazione delle nuove famiglie. La storia del protagonista è quella di un operaio come tanti, che affronta la vita e le avversità con molto coraggio, ma quando arriva la mazzata insormontabile, cioè la morte della moglie e il fatto di restare solo con i figli piccoli in casa cui badare, è cosciente che deve fare qualcosa di più. È il momento che si mette in testa di realizza di dover diventare un piccolo imprenditore, e con qualsiasi metodo. Per esempio, decide di ricattare il suo datore di lavoro che ha seppellito un rumeno caduto dentro la tromba dell'ascensore. Ovviamente non sarà facile cavarsela.

Certo, Luchetti non è Ken Loach, ma sviluppa con cura il dramma sentimentale su un personaggio quotidiano, in cui le debolezze drammaturgiche sono in gran parte assorbite dal carismatico attore principale. Il film ritrae la società multiculturale italiana in modo completamente rivelatore e fa luce sull'interazione corrotta tra politica, edilizia e banche. In più c’è, per Claudio, anche un fratello a cui badare.

Ed ecco allora la necessità di personaggi non proprio limpidi: spacciatori in sedia a rotelle e costruttori edili che assumono mano d’opera in nero, solo con qualche ripensamento. Del resto, per il regista, parlare di famiglie non è una novità. In definitiva, si può definire l’opera come un film a tratti duro, con musica tosta, per un attore tostissimo come Elio Germano, che, quando c’è da mettere in un ruolo la forza del personaggio, è capace di mimetizzarsi come pochi in Italia. Il canto a squarciagola in chiesa è da brividi. La sua caratteristica principale è che a primo sguardo, se uno spettatore non lo conosce bene, dà l’idea di un “pischello” ma osservandolo entrare nel personaggio ci si accorge dell’impeto interpretativo che lo contraddistingue: un attore di razza di notevole pregio, sempre.

L’importante premio ricevuto a Cannes ne è la dimostrazione.

Peccato solo che la ottima Isabella Ragonese non ha modo di esibire la sua bravura, avendo poco tempo a disposizione.

Riconoscimenti

2010 - Festival di Cannes

Migliore interpretazione maschile a Elio Germano (ex aequo con Javier Bardem per Biutiful)

2011 - David di Donatello

Miglior regia

Miglior attore protagonista a Elio Germano

Miglior sonoro

Candidatura miglior film

Candidatura migliore sceneggiatura

Candidatura migliore attrice protagonista a Isabella Ragonese

Candidatura miglior attore non protagonista a Raoul Bova

Candidatura miglior montaggio


 
 
 

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