La pelle dell’orso (2016)
- michemar

- 30 dic 2024
- Tempo di lettura: 3 min

La pelle dell’orso
Italia 2016 dramma 1h32’
Regia: Marco Segato
Soggetto: Matteo Righetto (romanzo)
Sceneggiatura: Enzo Monteleone, Marco Paolini, Marco Segato
Fotografia: Daria D’Antonio
Montaggio: Paolo Cottignola, Esmeralda Calabria
Musiche: Andrea Felli
Scenografia: Leonardo Scarpa
Costumi: Silvia Nebiolo
Marco Paolini: Pietro Sieff
Leonardo Mason: Domenico Sieff
Lucia Mascino: Sara
Paolo Pierobon: Crepaz
Maria Paiato: signora Dal Mas
Mirko Artuso: Franco
Valerio Mazzucato: Bruno
Massimo Totola: Toni Dal Mas
Silvio Comis: Santin
Sergio Bonometti: parroco
TRAMA: Un padre e un figlio si avventurano in una fitta foresta per dare la caccia a un orso mortale.
Voto 7

La vita di montagna. La vita severa del lavoro duro, della sveglia all’alba, delle serate nella taverna a bere e chiacchierare, anche a discutere animatamente quando i bicchieri sono troppi. Poi le leggende del bosco, degli animali, di fatti vecchi e messi da parte, le scommesse che diventano sfide, le antipatie, le rivalità in una comunità piccola piccola. Ed infine l’onore da difendere, il coraggio da dimostrare. E l’educazione dura per insegnare la vita ai giovani, come piccoli cuccioli che devono imparare a cavarsela. Spesso troppo dura.
Siamo negli anni Cinquanta, quando il giovane introverso e tranquillo Domenico (Leonardo Mason) vive in un piccolo paese nelle Dolomiti con il padre Pietro (Marco Paolini), cinquantenne consumato dalla solitudine e dal vino, il più litigioso, con un passato da dimenticare, che per vivere fa lavori saltuari alle dipendenze di Toni Crepaz (Paolo Pierobon), impresario senza scrupoli titolare di una cava. Il rapporto del ragazzino con il genitore è aspro e difficile tanto da farli sembrare due estranei, specialmente quando torna a casa ubriaco dalla taverna, dove capita pure che lo caccino. Da qualche tempo la tranquillità del posto è messa a dura prova dalla presenza nella valle di un orso feroce che uccide e incute un terrore superstizioso. Neanche sant’Antonio è riuscito a tenerlo lontano dalle case.
Una sera all’osteria, dopo che in una visita notturna l’orso aveva ucciso una mucca in stalla, in uno scatto d’orgoglio, Pietro sfida Crepaz e dichiara che sarà lui ad ammazzare l’orso in cambio di 600.000 lire. Se gli va male e perde la scommessa lavorerà gratis per un anno. In compenso, se ci riesce, aiuterà il padrone della mucca ammazzata a ricomprarsene un’altra. Il giorno seguente, all’alba, Pietro, armato di un vecchio fucile, formaggio, salumi e uova sode, s’incammina e Domenico, quando se ne accorge, decide di rintracciarlo, anche lui armato. All’inizio del bosco incontra Sara (Lucia Mascino) che, esperta, lo aiuterà ma non gli svelerà come è morta la madre. Quando all’improvviso, di notte il padre si materializza, insieme si immergono nei boschi, sempre più a fondo, fino a esserne inevitabilmente trasformati.
I racconti di formazione a volte sono duri racconti, fatti di asprezze e severità, ma forse sono anche i più appassionanti e i più efficaci. Come succede in questo film, fatto di persone ma anche di natura. La montagna ferma e severa, il bosco che mette sempre rispetto e timore, la terra in genere che va onorata, tutti elementi di contorno che spesso diventano co-protagonisti e gli altri da sfondo. La vicenda del film ruota intorno al giovane Domenico e a suo padre Pietro, che per scommessa accetta di dare la caccia all’orso (“el diaol”, come lo chiamano) che da qualche tempo minaccia la tranquillità del luogo. Ma attenzione: lo spettatore non rimanga spiazzato, non è la caccia all’animale il nocciolo della questione, è piuttosto il rapporto tra i due che interessa al regista, fatto di silenzi e incomprensioni. I volti, le voci, i suoni della terra e della natura li accompagnano e li stimolano. La compagnia forzata e i pericoli li cambieranno e si conosceranno meglio perché, ora, non possono più sfuggirsi. Anzi, ora Domenico metterà alle strette il padre per sapere come è morta la madre.
All’uscita del film, qualche critico di professione scrisse che il regista doveva osare di più, io invece dico che sicuramente l’esordiente nel lungo Marco Segato aveva osato, aveva avuto coraggio per girare un film del genere, duro, burbero, scostante come il protagonista, che ha la veste della natura accogliente ma pericolosa se non sai viverla. E poi, quando gli interpreti sono Marco Paolini e Lucia Mascino, oltre al sorprendente Leonardo Mason, non si può restare delusi, in special modo per il primo, gigantesco narratore di storie, tra i più efficaci che abbiamo nel nostro panorama, che ha anche contribuito alla sceneggiatura.
Tratto dal romanzo omonimo di Matteo Righetto, questo è uno di quei film piccoli che nobilitano il cinema lontano dal mainstream dominante. Quando piccolo è bello e coraggioso.

Riconoscimenti
David di Donatello 2017
Candidatura miglior regista esordiente
Globo d’oro 2017
Premio miglior fotografia
Candidatura miglior opera prima
Premio Flaiano 2017
Premio opera prima


























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