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La ragazza nella nebbia (2017)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 15 feb 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 13 ago 2019


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La ragazza nella nebbia

Italia/Germania/Francia 2017, thriller, 2h8’


Regia: Donato Carrisi

Soggetto: Donato Carrisi (romanzo)

Sceneggiatura: Donato Carrisi

Fotografia: Federico Masiero

Montaggio: Massimo Quaglia

Musiche: Vito Lo Re

Scenografia: Tonino Zera

Costumi: Patrizia Chericoni


Toni Servillo: isp. Vogel

Jean Reno: dott. Flores

Ekaterina Buscemi: Anna Lou

Alessio Boni: prof. Loris Martini

Lorenzo Richelmy: ag. Borghi

Galatea Ranzi: Stella Honer

Antonio Gerardi: avv. Giorgio Levi

Michela Cescon: ag. Maier

Lucrezia Guidone: Clea

Daniela Piazza: Maria Kastner

Jacopo Olmo Antinori: Mattia


TRAMA: La notte è gelida e nebbiosa ad Avechot, paese incastonato in una profonda valle all'ombra delle Alpi. Forse è proprio a causa della nebbia che l'auto dell'agente speciale Vogel è finita in un fosso. Vogel è sotto shock: non ricorda perché è lì e come ci sia arrivato. E a chi appartiene il sangue sui suoi vestiti? Di una sola cosa è certo: non avrebbe dovuto trovarsi in quel luogo. Sono infatti già passati due mesi da quando una ragazza nel paese si è dileguata nella nebbia; da semplice scomparsa a rapimento, il caso è arrivato sotto la luce dei riflettori. È proprio questa la specialità di Vogel: manipolare i media, attirare le telecamere, conquistare le prime pagine dei giornali e, infine, trovare il mostro. C'è bisogno di uno come lui: senza scrupoli, sicuro dei suoi metodi, qualcuno capace di far in modo che il crimine abbia quello che merita: una soluzione e un pubblico.


Voto 5

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Non ho letto il libro omonimo con cui lo stesso scrittore, Donato Carrisi, fa il suo esordio nel cinema addirittura come regista, ma il risultato sullo schermo è a dir poco deludente e velleitario. Andare con il pensiero al molto più riuscito La ragazza del lago – data la presenza in entrambi di un investigatore interpretato da Toni Servillo e di un punto di partenza abbastanza simile - è quasi inevitabile ma il paragone non regge assolutamente. Qui manca il pathos di quel film, manca quel meraviglioso disegno psicologico dei personaggi, gli strani rapporti celati tra gli abitanti di quella valle, i segreti custoditi. Qui manca tutto.


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Lo spunto della vicenda è la chiusura mentale di una comunità montana abbastanza isolata di per sé, socialmente oltre che morfologicamente, che cerca assolutamente giustizia per la sparizione improvvisa (e sicura uccisione) di una timida e religiosa ragazza dai capelli rossi. Capelli rossi che saranno un po’ il fil rouge degli avvenimenti presenti e passati. Molti degli abitanti fanno parte di una religione che sa di setta, di radicalismo immobile, secondo cui il miglior rimedio dopo questa sciagura, almeno per il momento, è quello di riunirsi in preghiera e attendere l’aiuto sovrumano. Intanto devono accontentarsi dell’ispettore che arriva e che inizia scettico e scontroso ad indagare e non senza problemi: lui, uno strano e macchiettistico Toni Servillo (ma che gli avrà mai chiesto di fare Carrisi?), è l’ispettore Vogel, che sicuramente ha una reputazione da salvare e una certa propensione ad utilizzare i mass-media per raggiungere il suo scopo. Perché in buona sostanza l’importante è trovare “un” colpevole. Schema già visto ripetutamente nelle storie di cinema.


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Il suo rapporto con una giornalista di grido giunta sul luogo per i suoi reportages, sempre a caccia di scoop clamorosi e scandalistici, è per lo meno ambiguo e pieno di ripicche; l’ambiente gli è alquanto ostile; i personaggi del luogo poco simpatici; e dulcis in fundo fa comodo a tutti che il miglior sospettato possa essere il nuovo professore appena arrivato con la famiglia. Vien sempre comodo sospettare dello sconosciuto che di uno del posto. Quindi va bene indagare su diverse piste, anche perché ci sono tante ombre, tanti lati oscuri nella vita valligiana, troppi personaggi che non vogliono accettare intrusioni nella monotonia montana.


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Gli altri personaggi principali coinvolti sono poco delineati ma discretamente interpretati da Alessio Boni, bravo ma con un tono di recitazione piuttosto da teatro, mentre la presenza di Jean Reno dà un tocco di straniero e di misterioso, tanto che il regista preferisce non farlo doppiare, cavandosela egregiamente anche per via delle sue origini familiari vagamente italiane.

Il finale (mancano solo i fuochi d’artificio) è paradossale e questo avviene quando vuoi finire con la sorpresa e una sorpresa ancora. Tutto quindi è chiaro o forse no. A me è chiaro invece che un film così (perfino troppo lungo) non merita neanche la sufficienza, nonostante Servillo, anzi il peggior Servillo che io abbia mai visto.


 
 
 

Commenti


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michemar

cinefilo da bambino

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