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La sfida (1958)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 17 nov 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 9 set

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La sfida

Italia, Spagna 1958 dramma 1h27’


Regia: Francesco Rosi

Sceneggiatura: Suso Cecchi D'Amico, Enzo Provenzale, Francesco Rosi

Fotografia: Gianni Di Venanzo

Montaggio: Mario Serandrei

Musiche: Roman Vlad

Scenografia: Franco Mancini

Costumi: Marilù Carteny


José Suárez: Vito Polara

Rosanna Schiaffino: Assunta

Nino Vingelli: Gennaro

Decimo Cristiani: Raffaele

José Jaspe: Ferdinando Aiello

Tina Castigliano: madre di Vito

Elsa Fiore: sorella di Vito

Pasquale Cennamo: don Salvatore Aiello

Elsa Valentino Ascoli: madre di Assunta

Ubaldo Granata: Califano

Ezio Vergari: Antonio


TRAMA: Vito Polara riesce, con la violenza, a piazzare i suoi prodotti al mercato ortofrutticolo, dove è padrone incontrastato un potente camorrista. Per evitare conseguenze dannose i due vengono a patti. Tempo dopo, Vito è ormai ricco e, fidandosi troppo della sua nuova condizione, commette l'errore di sfidare ancora una volta l'avversario.


Voto 7


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Dopo le prime collaborazioni con registi di primo piano, ad iniziare da Luchino Visconti con La terra trema, Senso), e alcune sceneggiature come Bellissima, sempre del regista milanese, Francesco Rosi esordisce in prima persona nel 1958 quando presentò al XIX Festival di Venezia questo suo primo lungometraggio, che ottenne un buon riscontro di critica e pubblico. Attraverso la storia del protagonista Vito Polara, il regista puntò dritto verso l'evoluzione della criminalità napoletana che scopriva altri affari più redditizi del contrabbando e comprendeva via via l'importanza dei legami con la politica. Segnava il passaggio da una camorra che rispettava le regole interne ad una basata sull'individualismo arrogante, la ricerca della ricchezza a tutti i costi, anche infrangendo il codice criminale dell'omertà, ma fu anche, per Rosi, l’inizio dell’attività artistica di cinema militante, sia civile che politica, che nel suo cinema sono andati sempre di pari passo.


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La crescita e la trasformazione della criminalità organizzata e anche quella spicciola del piccolo delinquente che vuole mettersi in grande sono qui dimostrate con la vita di questo personaggio, Vito, che è appunto un giovane ambizioso dei bassifondi di Napoli che vuole ottenere più potere e denaro possibile. Decide di smettere di contrabbandare sigarette e cerca di rilevare la distribuzione locale di frutta e verdura, che è considerata e si sta dimostrando più redditizia. Dopo aver sfidato il capo della criminalità rurale della camorra locale, egli entra a far parte della sua banda e presto la sua vita cambia. Si trasferisce in un nuovo lussuoso appartamento sul mare e progetta di mettere su famiglia con la bellissima Assunta. Inutile dire che le mire sempre più ambiziose danno non poco fastidio al boss incontrastato della zona.


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Francesco Rosi si caratterizza fin da questo primo film - scritto con Suso Cecchi D'Amico e Enzo Provenzale da un loro soggetto - come un regista impegnato nel rappresentare l’ambiente, in particolare della sua terra, nei suoi risvolti socialmente e politicamente più scomodi e nascosti, cercando quindi di restare fedele ai fatti e alla realtà. L’opera non ha ambizioni di lezioni di moralismo e lo si nota dal fatto che il suo protagonista è un malavitoso a tutti gli effetti, che agisce senza scrupoli nell’ambito di un mercato ortofrutticolo che era in mano a gruppi che decidevano il prezzo da praticare e tenevano in pugno con la forza e la violenza i produttori: denaro facile e sopraffazione erano la regola e i gruppi camorristici spadroneggiavano già allora. L’amara verità è che lì ci si comporta come se questo sistema sia la regola e lo stesso Vito si fa vanto di essere diventato ricco e di avere avuto successo fregandosene dei mezzi che ha usato. E, come succede tutt’oggi, tutti lo ammirano per questo e pur essendo al corrente di tutto fanno finta di non sapere nulla.


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Nel cinema di finzione, anche realisticamente attendibile, la fine è sempre segnata tragicamente per chi sfida la sorte e i potenti e a questo non sfugge neanche il personaggio di questa storia. Che vede alla ribalta José Suárez (doppiato da Aldo Giuffré), attore spagnolo che così divenne molto attivo anche in Italia, e la giovane e bellissima Rosanna Schiaffino; accanto a loro l’immancabile e insuperabile caratterista di quegli anni, soprattutto nelle storie campane, Nino Vingelli.


Opera importante, per essere un esordio, dallo stile che può ricordare i noir americani, ma con la cifra stilistica già pienamente del regista che sa coniugare il dramma della cronaca locale con il ritmo necessario per essere anche un film spettacolare. Non ci sarà la morale ma si legge tutta la denuncia che caratterizzerà per sempre l’opera del grande Francesco Rosi.



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