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La viaccia (1961)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 28 giu 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

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La viaccia

Italia/Francia 1961 dramma 1h40’


Regia: Mauro Bolognini

Soggetto: Mario Pratesi (L'eredità)

Sceneggiatura: Vasco Pratolini, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa

Fotografia: Leonida Barboni

Montaggio: Nino Baragli

Musiche: Piero Piccioni

Scenografia: Flavio Mogherini, Piero Tosi

Costumi: Piero Tosi


Jean-Paul Belmondo: Amerigo

Claudia Cardinale: Bianca

Pietro Germi: Stefano

Romolo Valli: Dante

Gabriella Pallotta: Carmelinda

Paul Frankeur: Nando

Gina Sammarco: maîtresse

Marcella Valeri: Beppa

Emma Baron: Giovanna

Claudio Biava: Arlecchino

Franco Balducci: Tognaccio

Paola Pitagora: Anna

Gianna Giachetti: prostituta

Rosita di Vera Cruz: prostituta

Olimpia Cavalli: prostituta


TRAMA: Amerigo, figlio di Stefano, si reca a Firenze a lavorare nella bottega dello zio Nando. In una casa d'appuntamento conosce e si innamora di Bianca. Per racimolare i soldi necessari per continuare a vederla, Amerigo non si fa scrupolo di rubare soldi allo zio. Il ragazzo, colto sul fatto, viene cacciato di casa ed è costretto a tornare a casa. Ma il padre non vuole sentire ragioni e lo riaccompagna a Firenze. Cacciato ancora una volta dallo zio, Amerigo, che continua a vedere Bianca, va incontro al suo destino.


Voto 7

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La Viaccia è il podere che una famiglia di contadini, i Casamonti, nella campagna fiorentina del 1885, eredita alla morte del patriarca e uno di questi, Nando, che ha fatto fortuna da vinaio in città, compra le quote di tutti. Da lui viene mandato a lavorare il giovane Amerigo, soprannominato Ghigo, con l'intenzione di ingraziarselo, nella prospettiva di una non lontana eredità, vista la salute malferma dell’uomo. Ma, arrivato in città, Amerigo si innamora dell'affascinante prostituta Bianca, iniziando una relazione dispendiosa che lo spinge a derubare lo zio, che se ne accorge presto e lo rispedisce in campagna. Il padre, arrabbiato lo rimanda in città.


Tra il melodramma e l’aspetto sociale, in cui si contrappongono la vita rurale povera e faticosa e quella della società urbana, il film di Mauro Bolognini mette in scena con la sua riconosciuta abilità il romanzo ‘L’eredità’ di Mario Pratesi, con la collaborazione di tre nomi eccellenti della scrittura e della sceneggiatura di quegli anni: Vasco Pratolini, Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa, che la adattano magnificamente.

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La perfetta ricostruzione d’epoca, ad opera di Flavio Mogherini, pare dare l’idea di un’opera che bada solo alla bellezza estetica ed invece il film si sviluppa come un melodramma in cui i personaggi sono gretti, avidi ed egoisti. Tra questi emergono delle eccezioni rappresentate dal bel giovane Amerigo (interpretato benissimo da Jean-Paul Belmondo) e dalla prostituta dalla bellezza folgorante, Bianca (una Claudia Cardinale al massimo del suo fascino). Ma attenzione: i temi dell'amore e della gelosia non rinchiudono il film nell'angusta scatola del solito dramma romantico, perché è anche una fotografia amara del mondo contadino sofferente che si oppone a quello dei notabili cittadini e moderni, una lotta di classe che ancora non esplode per l’ignoranza dei primi.

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E non è un film semplice a facile: i sentimenti sono forti, il sesso si fa presente, i personaggi sono miseri nell’animo e i più semplici, forse ingenui e sempliciotti, come appunto e proprio Amerigo, soccombono perché accecati dal cuore e dall’impulso. In fondo lui è un giovane inesperto che non avverte pienamente i pericoli del mondo circostante, la smaliziata furbizia di chi ha imparato a stare al mondo in città e nella malavita urbana. Soccombe perché impreparato e spavaldo.

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Mauro Bolognini non sbagliava mai in questo genere di film, era un grande narratore che dava forma al mondo che osservava, anche tramite la letteratura dei migliori scrittori italiani. Grande merito va alla sua regia come anche alla scelta dei due attori principali: Jean-Paul Belmondo, che per il ruolo di un fiorentino può apparire azzardata, ma sul suo volto si può leggere tutto il tormento che lo colpiva, anche con i silenzi; mentre Claudia Cardinale non è solo bellezza e forma, ma sostanza vera che irradia il film.

Il cast tecnico è di così elevata qualità, come sempre nei film di questo regista, che ci si innamora anche dell’esteriorità.

E difatti, giunsero due Nastri d’Argento per costumi e scenografia.


 
 
 

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