La vita invisibile di Eurídice Gusmão (2019)
- michemar

- 3 mar 2020
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 9 giu

La vita invisibile di Eurídice Gusmão
(A Vida Invisível) Brasile, Germania 2019 dramma 2h19’
Regia: Karim Aïnouz
Soggetto: Martha Batalha (A Vida Invisível de Eurídice Gusmão)
Sceneggiatura: Murilo Hauser, Inés Bortagaray, Karim Aïnouz
Fotografia: Hélène Louvart
Montaggio: Heike Parplies
Musiche: Benedikt Schiefer
Scenografia: Rodrigo Martirena
Costumi: Marina Franco
Carol Duarte: Eurídice Gusmão
Julia Stockler: Guida Gusmão
Gregório Duvivier: Antenor
Bárbara Santos: Filomena
Flávia Gusmão: Ana Gusmão
Maria Manoella: Zélia
António Fonseca: Manoel
Cristina Pereira: Cecilia
Gillray Coutinho: Afonso
Fernanda Montenegro: Eurídice Gusmão anziana
Márcio Vito: Osvaldo
Flavio Bauraqui: investigatore
Nikolas Antunes: Yorgos
TRAMA: Rio de Janeiro, anni Cinquanta. La storia della vita di Guida ed Euridice Gusmão, cresciute per essere invisibili agli occhi della società brasiliana in un periodo che non riservava spazio e attenzione alle donne.
Voto 7,5

L’incipit del film racchiude in sé l’essenza della trama e del titolo. Le due legatissime sorelle Eurídice e Guida Gusmão sono sedute in riva al mare, sulla roccia liscia e scoscesa che scende dalle colline sull’acqua, su cui domina il Redentore di Rio de Janeiro, tra una fittissima vegetazione lussureggiante di verde, abitata dalla tipica fauna sudamericana. Contemplano in silenzio le calme acque ma all’improvviso Guida si alza per tornare a casa, Eurídice si alza poco dopo e cerca di raggiungerla ma la sorella è già più avanti che la chiama per sollecitarla. Subito dopo si inoltra nella fitta e ripida boscaglia. Eurídice è in affanno, perde il contatto visivo con la sorella. La chiama. Ripete il richiamo. Sente in lontananza che Guida le risponde ma non capisce da quale punto preciso, come fosse invisibile, nascosta dalla natura. La sta perdendo. Si riuniranno, ovviamente, ma è solo un’annunciazione di ciò che avverrà nella loro travagliata vita futura.

Eurídice e Guida abitano nella periferia di Rio, tra case arrampicate su una delle tante colline abitate da gente modesta, con la madre e il padre che fa il panettiere. Una vita non facile dove, dominata dalla mentalità maschilista e conservatrice di metà secolo nel Brasile tradizionalista, la donna non può permettersi di sognare un futuro tanto diverso da quello delle mamme: un matrimonio per sistemarsi, un marito che potrà disporre di loro come corpo e come casalinga, i figli per completare un quadro familiare troppo scontato. Sognare però è facile e non si può impedire. Eurídice è dotata di talento musicale e il suo sogno è poter diventare una pianista affermata, magari raggiungere l’Accademia di Vienna e diventare famosa. Guida è meno pretenziosa, è più materialista, ma sogna anche lei una esistenza soddisfacente. Loro si vogliono bene fino alla complicità assoluta, si confidano ogni cosa, perfino che quest’ultima si è infatuata di un marinaio greco, che vorrebbe portarla via da lì. Magari, sogna lei. E difatti una notte si invola, tra lo sconcerto della sorella che non la abbandonerebbe per alcun motivo.

Tutto il film, come d’altronde il romanzo di Martha Batalha, si dipana sulla lontananza tra le due donne, che sognano sempre di riunirsi ma senza mai sapere dove è l’altra. Guida le scriverà una infinità di lettere che però la sorella non leggerà mai, tutte trattenute dal dispotico padre, che non ha mai più voluto accettare in casa la figlia che avrebbe voluto tornare. Non solo le strade delle due ragazze si sono divise, anche le vite rispettive hanno avuto percorsi sociali e umani molto differenti. Una si sposa e a causa dei figli, avuti da un marito insensibile ed egoista quanto gli altri uomini di quel Brasile, non riesce a realizzare l’agognato progetto di diventare una pianista professionista; l’altra, sedotta e abbandonata ben presto dal marinaio (un luogo comune che rispetta la tradizione) vive una vita disagiata tra le favelas e si arrabatta per tirare avanti con il figlio avuto, sopravvivendo da prostituta in casa di una generosa amica che si è ormai ritirata dalla “vita”. Entrambe sono vittime delle circostanze mai favorevoli, entrambe hanno dovuto subire la violenza fisica e psicologica degli uomini che hanno conosciuto, entrambe hanno dovuto provare sulla propria pelle e sul proprio corpo la mentalità maschilista. L’invisibilità delle due donne, che durerà tutta la vita, è non solo fisica, non deriva solo dal fatto che non si incontreranno mai più, è piuttosto e soprattutto quella nella società in cui vivono, è quella nell’ambito familiare, dove non è mai permesso ad una ragazza di realizzarsi e realizzare i suoi sogni. Un uomo, come Antenor, il marito di Eurídice, non la “vede” ma sa che può contare su di lei, come donna di cucina, come madre dei figli, come corpo per la propria soddisfazione. Invisibilità è anche ciò che tocca a Guida, che è sparita dalla vita della sua famiglia di origine, alla pari di quella che avverte in mezzo alla gente che è costretta a frequentare per mantenere sé e il figlio, per arrivare alla fine di ogni giornata.

Le due strade inerpicate iniziali le hanno divise momentaneamente, per poi non farle mai più incontrare, nonostante l’amore profondo che le univa. Un affetto così grande che continuavano a pensarsi senza pausa, un rapporto così profondo che confidavano che prima o poi sarebbe arrivato il momento della riunione, come un sogno questo sì da realizzare. Il bravissimo regista Karim Aïnouz ci fa vivere pienamente il loro fortissimo legame, alternando le vicissitudini adesso di una, adesso dell’altra, sempre mantenendo viva la loro e la nostra speranza del lieto epilogo, trattando la storia con un vigore narrativo emozionante, come un vero mélo drammaticamente svelato, con grande passione. Il suo Brasile viene fotografato con colori saturi, pieno di verde naturale e con piante ornamentali che riempiono continuamente lo schermo, su cui si svolge una storia che sembra attinga per la passione romantica da Douglas Sirk e quella sensuale da Pedro Almodóvar. Il periodo storico in cui viene inquadrato è quello di un’epoca in cui era impensabile divorziare, era illegale abortire, e non c’era ancora stata la rivoluzione sessuale. Ecco perché per Aïnouz era importante raccontare questa generazione di donne invisibili. Eurídice e Guida non avrebbero mai voluto separarsi, ma a causare la distanza fra le due sono le questioni culturali che muovono le scelte della loro famiglia: la tradizione, l’onore, il decoro. E il loro dolore nasce dal pensiero di cosa avrebbero potuto fare, di chi avrebbero potuto essere se solo fossero rimaste unite. Però nello stesso tempo si intravede nel film un certo senso onirico, quasi surreale, tanto sembrano irreali le situazioni in cui cadono le due donne, con la difficoltà ad affermare la propria personalità e l’ostilità ambientale che cancella la sensibilità femminile.

Dice Karim Aïnouz a proposito della sua opera e di ciò che lo ha spinto a realizzarla: “Si tratta di un libro che mi ha profondamente commosso quando l'ho letto, poco dopo la perdita di mia madre. Mi ha riportato alla mente alcuni dei più bei ricordi della mia stessa vita. Sono cresciuto nel nord est brasiliano, una regione particolarmente conservatrice, negli anni Sessanta in una famiglia composta per lo più da donne, una sorta di anomalia in un contesto molto maschilista. Gli uomini della mia famiglia erano spesso partiti o assenti. In mezzo a una cultura profondamente misogina, sono stato molto fortunato a crescere in una famiglia in cui le donne erano al centro e gestivano tutto. Ciò che mi ha spinto ad adattare il lavoro della Batalha – prosegue il regista - è stato il desiderio di rendere visibili le tante vite invisibili del Brasile, vite come quelle di mia madre, di mia nonna, delle mie zie e di tante altre donne di quel tempo. Ero determinato a raccontare una storia di solidarietà", ha concluso Aïnouz. "La mia è una storia che sottolinea quanto le donne siano più forti insieme invece che isolate, indipendentemente dalle loro differenze. Ho immaginato il film pieno di colori saturi e girato con la telecamera attaccata alle protagoniste, per restituirne vibrazione ed energia. Ne è venuto fuori un'opera intrisa di sensualità, musica, dramma, lacrime, sudore e mascara, ma anche di crudeltà, violenza e sesso... un lungometraggio che non ha mai paura di risultare sentimentale o eccessivo e il cui cuore batte all'unisono con quello delle mie due amate protagoniste, Guida ed Euridice.”

Anche se non è un film d’amore tra donne e uomini, è un vero mélo a tinte forti, come solo un romanzo sudamericano può essere. O mediterraneo, se vogliamo. Passionale come solo i forti sentimenti personali possono far nascere. Merito anche delle due partecipi protagoniste femminili: la Eurídicedi Carol Duarte e la Guida di Julia Stockler, che hanno dato anima e corpo in modo ammirevole.
Premio Un Certain Regard a Cannes 2019.






Commenti