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La vita nascosta - Hidden Life (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 6 ago 2020
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 14 giu 2023


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La vita nascosta - Hidden Life

(A Hidden Life) USA/UK/Germania 2019 dramma biografico 2h54’


Regia: Terrence Malick

Sceneggiatura: Terrence Malick

Fotografia: Jörg Widmer

Montaggio: Rehman Nizar Ali, Joe Gleason, Sebastian Jones

Musiche: James Newton Howard

Scenografia: Sebastian T. Krawinkel

Costumi: Lisy Christl


August Diehl: Franz Jägerstätter

Valerie Pachner: Franziska Jägerstätter

Maria Simon: Resie

Matthias Schoenaerts: Herder

Michael Nyqvist: vescovo Joseph Fließen

Bruno Ganz: giudice Lueben

Jürgen Prochnow: maggiore Schlegel

Martin Wuttke: maggiore Kiel

Karl Markovics: sindaco

Franz Rogowski: Waldlan

Alexander Fehling: Fredrich Feldmann

Tobias Moretti: padre Ferdinand Fürthauer

Max Mauff: Sterz

Ulrich Matthes: Lorenz Schwaninger

Johan Leysen: Ohlendorf


TRAMA: La storia vera di Franz Jägerstätter, un contadino austriaco che visse nel borgo di Sankt Radegund: fervente cattolico, nel 1938 all'arrivo dei nazisti fu l'unico del suo paese a votare contro la Anschluss, l'annessione alla Germania di Hitler. Scoppiata la Seconda Guerra Mondiale, nel 1943 si rifiutò di arruolarsi nell'Armata dell'Asse e per questo fu giustiziato.


Voto 8,5

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“…la sana crescita del mondo dipende in parte da atti ignorati dalla storia; e se a te e a me le cose non vanno così male come sarebbero potute andare, lo dobbiamo anche a coloro che hanno vissuto con fede una vita nascosta e riposano in tombe dimenticate.”

(George Eliot - pseudonimo di Mary Anne Evans coniugata Cross, scrittrice britannica tra le più importanti dell'età vittoriana, usò uno pseudonimo maschile a partire dalla sua prima opera narrativa)

Ci sorprende Terrence Malick e solo positivamente. Ci sorprende pur mantenendo la barra dritta del suo cinema coerente, dedito alla bellezza della natura che si contrappone ai sentimenti cattivi che tante volte si oppongono sia ad essa che agli uomini di buona volontà. Anche in questa sua bellissima opera continua a fotografare le meravigliose forme di vita vegetale e animale che la Terra e tutto il Creato ci offre ogni giorno, il sole che illumina e benedice i prodotti dell’agricoltura, gli animali che aiutano l’uomo nel suo quotidiano e faticoso lavoro nei campi. Le stagioni e i suoi frutti, il duro impegno nei campi, l’aratura, la semina, il raccolto, la trasformazione. Ci sorprende infatti quando ci accorgiamo che immette più di una novità in questo film. Prima di tutto dedica tutte le sue energie per una storia realmente accaduta, cosa mai successo in precedenza, invece che scrivere una sceneggiatura come al solito allegorica con una trama non facilmente narrabile e solo propedeutica alla esposizione dei concetti. Inoltre ha scelto come location la località dove veramente vivevano i personaggi reali, ma ciò che mi ha colpito maggiormente è stata la scelta del cast. Per la prima volta non ci sono attori di lingua o origine anglosassone, ma solo interpreti nella quasi totalità tedeschi e austriaci, che in ogni caso hanno recitato in inglese, eccettuate alcune scene in lingua tedesca, sicuramente scelta per dar maggior risalto al vigore recitativo dei soldati del Terzo Reich.

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La drammatica storia nasce da una reale vicenda accaduta a Franz Jägerstätter, un contadino austriaco che si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà a Hitler durante la Seconda guerra mondiale, sacrificando tutto, compresa la sua stessa vita, piuttosto che combattere per i nazisti. Nato e cresciuto nel villaggio di Sankt Radegund, Franz era impegnato nella coltivazione delle sue terre quando scoppiò il secondo conflitto mondiale. Egli era sposato con Franziska, familiarmente chiamata Fani di cui era molto innamorato fortemente ricambiato, era ben integrato nella comunità locale, in mezzo a tanti altri contadini con cui andava d’accordo. Con la moglie viveva un'esistenza semplice all'insegna del lavoro e con tre figlie. Quando venne chiamato al servizio di leva obbligatorio Franz fu costretto a stare lontano dall'amata Fani e dalle bambine per mesi. Nel momento in cui la Francia si arrese e la guerra sembrava concludersi, Franz fu rimandato a casa. Sua madre e la cognata andarono a vivere con lui e la moglie e per un po' le cose sembravano procedere normalmente, ma la guerra, però, non terminò come si sperava, anzi si era intensificata e a quel punto Franz e gli altri uomini del villaggio furono allora richiamati al fronte. Il che comportava una effettiva chiamata alle armi per la quale era obbligatorio giurare la maledetta fedeltà al fuhrer.

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Una prima parte che rientra alla perfezione nella filmografia del regista dell’Illinois, idilliaca e naturalistica, dove risalta l’atmosfera armoniosa della famiglia Jägerstätter caratterizzata dalla felicità e dalla semplicità della vita agreste, dai sorrisi gioiosi dei genitori e delle tre figlie, Rosi, Maridl e Loisi, della sorella di lei, Resie (che nei momenti bui diventerà l’unico sostegno morale e fisico nei campi per la povera Fani) e della mamma di lui, Rosalia, che cambierà notevolmente atteggiamento prima accusando la nuora di aver influito sulle difficili decisioni del figlio in maniera determinante e capendo solo alla fine che era proprio Franz la persona più decisa a seguire il percorso dettato dalla sua coscienza. Fine alla fine, fino al martirio. Poi la tragedia, l’efferatezza del trattamento subito dal contadino che coerentemente alle sue idee religiose rifiuta prima di votare a favore dell’annessione supina dell’Austria alla Germania, poi di assoggettare la sua mente e il suo corpo al dittatore tedesco, ed infine ad imbracciare le armi e uccidere. Una rinuncia pagata caramente con continui maltrattamenti psichici e fisici, violenze gratuite dei soldati tedeschi che assolvevano ai compiti di secondini aguzzini. Franz non si piegò neanche con la garbata ma ferrea insistenza del buon parroco del villaggio di origine, alla educata e garbata richiesta del giudice militare che dovette emettere la sentenza dopo il sommario processo per tradimento. Sarebbe bastato firmare un foglio e la vita di Franz sarebbe stata risparmiata. Nel frattempo si assiste anche alle cattiverie con cui gli altri contadini di Sankt Radegund maltrattavano la famiglia Jägerstätter, tra improperi, dispetti e perfino sputi. La moglie fu costretta a sopportare tutto ciò solo con la vana speranza che il tormento prima o poi finisse.

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Lo riconosciamo bene il modo di utilizzare la macchina da presa da parte del grande Terrence Malick: il suo obiettivo segue ed insegue i personaggi, li inquadra in primissimi piani, va loro addosso, li lascia allontanarsi e riavvicinarsi percorrendo brevi tragitti, oppure ripercorrendo gli stessi passi che paiono corridoi disegnati dal destino, mentre la musica melodiosa accompagna frasi delle missive o parafrasi cariche di significato, di speranza, di preghiera, la macchina sempre a mano che va e viene… Il sudore lungo il corpo, le mani sporche di terra e di letame, donne che faticano in assenza dell’uomo di famiglia, il mulo che non si vuol muovere, la mucca da tirare, la dura terra da arare, la gente del paese che ti odia per il comportamento di tuo marito, la fatica dei campi, le bambine da accudire che chiedono del padre, rinchiuso in una cella sporca da cui non torna mai. La sceneggiatura, commovente e drammatica, scritta dallo stesso regista, è molto fedele alla lunga corrispondenza epistolare tra Franz e Fani, lettere in cui i due si confidavano e si confortavano a vicenda, affidandosi soprattutto alla misericordia del Dio Onnipotente, in nome del quale l’uomo adottò le sue scelte. Mai rispondendo alle offese dei suoi carcerieri, mai con una reazione violenta, sempre con il silenzio e con la forza intima che gli derivava dalla fede e dalla convinzione di fare la giusta scelta. È qui che ritroviamo il Terrence Malick che ben conosciamo: la voce fuori campo (che in realtà sono le voci dei due coniugi) dialogano con le loro lettere, che collegate tra loro in sequenza temporale sono una sceneggiatura emozionante e appassionante, proprio perché ricche di emozioni intime e passione, di due persone innamorate fino alla morte. Per il resto, è quasi normale notare una narrazione ellittica e poetica, che poi sarebbe la vera cifra stilistica del grande regista, che mai annoia e non fa pesare le quasi tre ore della durata del film. Mi ero avvicinato scettico dopo le minime soddisfazioni che avevo ricevute dalle sue ultime opere, man mano che si era allontanato dalla meravigliosa bellezza di The Tree of Life (recensione), dalla potenza pacifista di La sottile linea rossa (recensione), dalla cruda irruenza del sorprendente La rabbia giovane, dalla opulenta bellezza di I giorni del cielo, ed invece ho ritrovato la vena sublime di un artista dalle emozioni poetiche, dalle immagini della bellezza della Terra, dall’elogio della Natura, a cui stavolta ha aggiunto il sentimento più forte che lega le persone: l’amore. Per giunta quello supportato dalla fede cristiana incrollabile. August Diehl e Valerie Pachner, Franz e Fani, sono due attori perfetti, né belli né brutti, ma bellissimi nei loro visi colorati dai sorrisi dall’amore. Intorno al loro uno stuolo di interpreti mitteleuropei di valore e fama, tra cui spiccano soprattutto Franz Rogowski, Alexander Fehling, Tobias Moretti, Karl Markovics, Bruno Ganz. Tutti di madrelingua tedesca che recitano, come dicevo prima, in inglese. Solo nelle sequenze dove gli uomini in divisa del Terzo Reich urlano ordini e insultano si ode il tedesco rabbioso e aggressivo, in primi piani spaventosi.

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Un meraviglioso film che urla pace e che ci mette davanti ad un dilemma doloroso e difficile: sino a che punto è giusto adottare scelte che sono ritenute giuste ma che fanno male a chi ci vuol bene? sino a dove ci si può spingere per coerenza facendo soffrire gli altri? È giusto scegliere di morire senza poter influenzare minimamente (come vien fatto notare al protagonista sia dal parroco che dal presidente del tribunale) il corso della Storia? Almeno ci fosse una conseguenza positiva! No, nulla. Solo se stessi davanti alla propria vita, la propria famiglia, i propri affetti. E il patibolo.

N.B.: Il film differisce dai precedenti di Malick dal momento che si tratta della sua prima opera basata su persone realmente esistite, i cui discendenti sono ancora in vita. Al proposito dice il produttore Grant Hill: “La famiglia Jägerstätter ha sofferto enormemente e Malick ha voluto che le figlie di Franz fossero coinvolte nel progetto e lo approvassero. Fortunatamente, si sono fidate del regista e ci sono rimaste accanto per tutta la produzione.”

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Riconoscimenti

Festival di Cannes 2019:

Premio della Giuria Ecumenica

Premio François-Chalais


 
 
 

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