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Last Summer (2014)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 13 set 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

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Last Summer

Italia 2014 dramma 1h34’

Regia: Leonardo Guerra Seràgnoli

Sceneggiatura: Leonardo Guerra Seràgnoli, Igor Tuveri (Igort), Banana Yoshimoto

Fotografia: Gian Filippo Corticelli

Montaggio: Monika Willi

Musiche: Asaf Sagiv

Scenografia: Milena Canonero

Costumi: Milena Canonero

Rinko Kikuchi: Naomi

Yorick van Wageningen: Alex

Lucy Griffiths: Rebecca

Laura Sofia Bach: Eva

Daniel Ball: Rod

Ken Brady: Ken

TRAMA: Dopo aver perso la custodia del figlio di sei anni, Naomi trascorre gli ultimi quattro giorni insieme a lui sulla barca della famiglia dell'ex marito, sotto lo sguardo vigile di tutto l'equipaggio. In un viaggio costeggiato da paesaggi magnifici si consuma un addio che diventa la scoperta di un legame profondo e inaspettato, del vero saper ritrovarsi. Riuscirà Naomi a superare il distacco? Come sarà la vita del bambino dopo questo viaggio rivelatore?

Voto 7


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Una storia intima e minimale, un tentativo di recupero dell’affetto e del legame con il figlio in una situazione ambientale e familiare molto difficile che avrebbe scoraggiato chiunque, ma non la volontà di una madre. Determinata e sensibile, ancor di più perché pentita di qualche errore, mai rivelato dalla trama e lasciato sospeso, che la donna ha commesso anni prima, facendo non solo finire la relazione con il marito ma addirittura facendola allontanare in modo definitivo da ogni minimo contatto con il bimbo, cresciuto con la convinzione, indotta da chi lo circonda, che ella è per lui un pericolo. Un odio inculcato nei pochi anni della sua vita.


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La mamma è Naomi, una giovane donna giapponese che ha perso la custodia del figlio di sei anni e l’ex marito le ha concesso un’occasione d’oro: quattro giorni con il bimbo a bordo della sua lussuosa barca, un’imbarcazione su cui non manca nulla e si vive come in un hotel a 5 stelle. Un massiccio capitano che pare un sergente del reich, una chef di alto livello, una ragazza che assolve al compito di amorevole tata del piccolo Ken, un giovanotto pronto a tutte le evenienze: uno staff così efficiente ed affiatato che sembra una squadra di marines in piena armonia. Ogni membro dell’equipaggio, perfettamente preparato e conscio dei compiti per cui è stato assunto, sorveglia e custodisce il piccolo come un tesoro, come l’obiettivo della loro vita, conoscendolo da tempo e proteggendolo come un loro figlio. Si nota continuamente il senso di protezione e la fiducia che lui ripone in loro, solo raramente tentando di ribellarsi ai riti di vita di bordo. Ma ogni suo desiderio, dalla bibita al gioco, è una corsa a soddisfarlo.


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Che occasione, però per Naomi! Un regalo che lei vuole sfruttare al meglio per poter riconquistare il piccolo almeno, se non proprio nel rapporto affettivo - obiettivo parecchio difficile data la situazione - nell’aspetto psicologico. Avere cioè la possibilità di sedersi finalmente a tavola con lui, scambiarsi uno sguardo, poterlo sfiorare, dirgli che nonostante tutto lo porta sempre nel cuore, che in fondo si sente sempre la sua mamma e che le manca tantissimo. Almeno questo, che è il minimo che vuol trasmettergli. Perché Naomi sa bene come andrà a finire alla fine dei quattro fatidici giorni tanto attesi: dopo dovrà dirgli addio e aspettare la maggiore età di Kenzaburo, per tutti Ken, quando quindi lui sarà libero di scegliere e lei potrà riavvicinarsi senza impedimenti legali. Che lei sia la mamma lo deduciamo immediatamente appena osserviamo il bimbo alla prima inquadratura, con gli occhi a mandorla come lei, sin dal momento in cui salpano a bordo dell’imbarcazione il primo giorno. Mare azzurro e loro due, acqua e sguardi, gesti e fatica per entrare in sintonia. Solo quattro giorni a disposizione.


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Inizia così una fisarmonica di emozioni e di impressioni. Lei lo segue sempre con lo sguardo, lui la evita, non la guarda, troppe cose negative gli sono state raccontate, lei vuol cenare assieme lui scappa in coperta, lei gli rivolge una domanda lui risponde con un lancio di occhiata torva, come può fare un bimbo. Lei lo stimola con piccoli vecchi ricordi lui resta in silenzio, troppo diffidente, non dimentica gli ordini del padre. Nel frattempo, l’equipaggio ronza intorno pronto ad intervenire, a tagliare ogni comportamento della mamma ritenuto eccessivo o troppo insistente. La tengono a giusta distanza, stimata da loro, che per Naomi è troppa. Ci prova in tante maniere, con un panno colorato che ricorda i primi anni, oppure con una musichetta giapponese che stimola i ricordi del bimbo: stavolta reagisce, se la ricorda, riporta alla mente tempi felici passati con la donna che l’ha messo al mondo. Si avvicina, cauto, la guarda con occhi diversi. Accetta di fare un bagno con lei, acconsente di scendere per una piccola e breve pausa sulla terraferma (è un’isola?) che è sempre stata di fronte alla barca, costantemente ferma all’ancora. È lì, da soli (che strappo che è riuscita ad ottenere dal severissimo capitano!) che lei gli spiega il suo infinito amore, che non lo ha mai dimenticato, che è pentita di aver avuto un comportamento sbagliato negli anni passati, che non lo farà più e non farà mai più sentire la sua assenza. Appena sarà maggiorenne si potranno incontrare e si conosceranno meglio, come giusto che sia. E si vorranno bene, come una mamma e un figlio. Il film è tutto concentrato, tra silenzi e sguardi, tra il sole accecante e il riflesso del bellissimo mare blu, tra la costa vicina e il bianco della barca, tra quel passato sbagliato e sprecato e il presente che durerà poco, pochissimo. Ken la guarda sottecchi, sente la voglia di avvicinarsi ma sa che i quattro di bordo sono sentinelle rigide, pronte ad intervenire. Può fidarsi di quella donna che sente estranea? È sincera quando gli parla? Lei gli si apre, emana amore, profuma di mamma: non è il semplice affetto dalla tata e lo avverte. Onde magnetico-affettive vanno e vengono, si scambiano, si ricambiano: tutto serve al potente gioco psicologico che avvicina due anime che non dialogavano più. Il ritorno in barca sarà nelle sue braccia, ma cosa sarà dopo è tutto da scoprire, decideranno da soli e lontano. Naomi aspetterà con ansia e chissà, forse pure Ken.

La stretta di mano, evidente segno di disgelo, tra il capitano della barca e la donna, è un ponte di sentimenti, di stima nata lentamente a bordo e un segno di comprensione regalatole all’ultimo minuto ma guadagnato sul campo.

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Girato nel bel mare della Puglia, l’esordiente Leonardo Guerra Seràgnoli ha potuto disporre di un cast internazionale tra cui spiccano la bella Rinko Kikuchi (ricordate la giapponese ribelle di Babel?), costumi e scenografia addirittura della quattro volte Oscar Milena Canonero, sceneggiatura scritta assieme al celebre graphic-novel Igort. Film ambizioso forse, perché non è un argomento facile e una trama scritta-nonscritta, fatta più da comportamenti che di parole non dette, ma apprezzabilissimo tentativo di costruire un personaggio anomalo come questa mamma e secondo me il regista realizza un bellissimo film, che va giudicato bene solo se si viene coinvolti emotivamente.



 
 
 

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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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