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Le apparenze (2020)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 15 dic 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 3 giu 2023


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Le apparenze

(Les apparences) Francia/Belgio 2020 dramma/thriller 1h48’


Regia: Marc Fitoussi

Soggetto: Karin Alvtegen-Lundberg (Tradimento)

Sceneggiatura: Marc Fitoussi, Sylvie Dauvillier

Fotografia: Antoine Roch

Montaggio: Catherine Schwartz

Musiche: Bertrand Burgalat

Scenografia: Olivier Hélie

Costumi: Marité Coutard


Karin Viard: Ève

Benjamin Biolay: Henri

Pascale Arbillot: Clémence

Lucas Englander: Jonas

Lætitia Dosch: Tina

Hélène de Saint-Père: Mathilde

Evelyne Buyle: Madame Belin

Xavier de Guillebon: Thibault

Laetitia Spigarelli: Sophie

Raphaëlle Bruneau: Servane


TRAMA: Sullo sfondo della ristretta comunità dei francesi che vivono a Vienna, si dipana la storia di una coppia giovane e ben in vista, quella formata da Ève ed Henri. Genitori del piccolo Malo, hanno tutti i requisiti per vivere un'esistenza felice. Henri è infatti il direttore dell'orchestra dell'Opéra mentre Ève lavora all'Institut Français. Tutto sembra procedere senza scossoni fino al giorno in cui Henri cede al fascino dell'insegnante del figlio.


Voto 6-

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Evelyne (Karin Viard), che ha adeguato parte del suo nome per sembrare più chic facendosi chiamare solo Ève, con i suoi capelli tagliati in modo impeccabile, si è realizzata in una vita da intellettuale ed esperta di arte di vario genere dirigendo una biblioteca multimediale a Vienna riferita alla cultura francese. Era stato suo marito Henri (Benjamin Biolay), un rinomato direttore d'orchestra, a introdurla nelle alte sfere del miglior ambiente della capitale austriaca. La loro vita di coppia sembra perfetta tra il loro adorabile giovane figlio adottivo e gli amici importanti da invitare a casa. È un mondo che, però, crolla quando scopre le infedeltà del marito con l'insegnante del bimbo. La donna, sentendosi tradita e ferita intimamente, non avendo mai sospettato minimamente questa situazione, reagisce mascherando il suo risentimento e nascondendo la sua tristezza, sia nei confronti del marito che di quella del suo entourage, pronto a giudicare la sua moralità, che è organizzata in norme sociali ben definite.

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Si apre quindi una sessione di giochi folli in cui la donna studia la vendetta e la reazione, sviluppando scenari machiavellici per salvare il suo onore e obbligare i fedifraghi a separarsi. L'insegnante Tina (Lætitia Dosch) diventa quindi il bersaglio prioritario a cui rivolgersi per mettere in atto il suo diabolico piano. È il primo obiettivo che Ève è decisa a colpire. Ma la sua vendetta si complica quando incontra un giovane in un bar cedendo al gioco della seduzione, senza poter mai immaginare la passione distorta dello sconosciuto che si evolverà in una serie di molestie quotidiane insopportabili di cui non riesce a liberarsi facilmente. Anzi, la pressione fisica e psicologica che subisce diventerà intollerabile e pericolosa per il piano che ha in mente. Potrebbe fallire tutto a causa di questo squilibrato.

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Il lungometraggio porta senza dubbio il segno di Claude Chabrol, entrando nel genere del thriller sociale ma solo di discreto impatto, assolutamente non all’altezza di quel maestro. Questa serie di perversioni conferisce anche al film una certa parentela con Basic Instinct, ma Karin Viard, che sa essere provocante e arrabbiata come richiede il suo personaggio, però non ha ovviamente lo sfarzo di Sharon Stone sia nel portamento corporeo che nell’arte della finzione e dell’ambiguità. Ma se la cava ugualmente. Se la brava Karin Viard si rispecchia abbastanza bene nella parte, Benjamin Biolay risulta un po’ troppo rigido, forse perché voleva dare un certo tono al ruolo di direttore d’orchestra di fama.

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Allontanandosi dal campo della sua consueta commedia, il regista Marc Fitoussi elabora un thriller nero meticolosamente orchestrato che tiene in sospeso lo spettatore fine al termine, pur non sapendo alzare di molto la qualità generale. Ciò che tiene in ansia sono le improvvise apparizioni sulla scena dello stalker, che riappare tutte le volte che non lo si prevede, elemento che Fitoussi utilizza in modo progressivo per portarci al culmine del finale.


Film discretamente riuscito, ma non oltre la scarsa sufficienza.



 
 
 

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