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Le confessioni (2016)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 12 feb 2019
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 11 lug

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Le confessioni

Italia, Francia 2016 dramma 1h48’


Regia: Roberto Andò

Sceneggiatura: Roberto Andò, Angelo Pasquini

Fotografia: Maurizio Calvesi

Montaggio: Clelio Benevento

Musiche: Nicola Piovani

Scenografia: Giada Esposito

Costumi: Maria Rita Barbera


Toni Servillo: Roberto Salus

Connie Nielsen: Claire Seth

Johan Heldenbergh: Michael Wintzl

Daniel Auteuil: Daniel Roché

Moritz Bleibtreu: Mark Klein

Pierfrancesco Favino: ministro italiano

Marie-Josée Croze: ministro canadese

Richard Sammel: ministro tedesco

Stéphane Freiss: ministro francese

Togo Igawa: ministro giapponese

Andy de la Tour: ministro inglese

John Keogh: ministro statunitense

Aleksej Gus'kov: ministro russo

Lambert Wilson: amante di Daniel Roché

Giulia Andò: Caterina

Julian Ovenden: Matthew Price

Jeff Burrell: agente

Ernesto D'Argenio: Ciro


TRAMA: In Germania, in un albergo di lusso sta per riunirsi un G8 dei ministri dell’economia pronto ad adottare una manovra segreta che avrà conseguenze molto pesanti per alcuni paesi. Con gli uomini di governo, ci sono anche il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Daniel Roché, e tre ospiti: una celebre scrittrice di libri per bambini, una rock star,e un monaco italiano, Roberto Salus. Accade però un fatto tragico e inatteso e la riunione deve essere sospesa. In un clima di dubbio e di paura, i ministri e il monaco ingaggiano una sfida sempre più serrata intorno al segreto. I ministri sospettano infatti che Salus, attraverso la confessione di uno di loro, sia riuscito a sapere della terribile manovra che stanno per varare, e lo sollecitano in tutti i modi a dire quello che sa.


Voto 6,5


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L’elemento thriller è solo un pretesto per il bravo Roberto Andò: il film è una spietata denuncia contro la creativa finanza degli economisti di stato che si traduce in una politica finanziaria criminale, che sacrifica i più deboli senza pietà. Ciò che tende a dimostrare il regista è che quei lupi affamati sono anche profondamente vanitosi e ignoranti, e senza scrupoli.


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Il perno centrale è un frate certosino di bianco vestito interpretato in maniera magistrale da Toni Servillo, che si dimostra ancora una volta un gigante della recitazione, solo apparentemente fatta di sguardi significativi e silenzi, perché poi in realtà, quando c’è da parlare non le risparmia a nessuno. Giunto a sorpresa nella riunione dei G8 in una località della Germania in riva al Baltico – esattamente a Heiligendamm, dove veramente nel 2007 si svolse un evento del genere -  ma espressamente invitato dall’organizzatore del gruppo, don Roberto Salus non solo crea scompiglio tra i potenti presenti, spaventati dall’”estraneo”,  ma diventa in quei giorni il detonatore di reazioni che loro stessi non si aspettavano. Anche perché pensavano di poter prendere le decisioni importantissime di cui all’ordine del giorno in totale segretezza, come una associazione segreta e fuorilegge. Che poi, almeno moralmente, è il messaggio che Andò vuol far passare.


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Infatti se da un lato il frate è l’epicentro intorno al quale girano i personaggi, la spietatezza del modo in cui quegli economisti, banchieri e primi ministri degli otto stati devono prendere una grave e necessaria (per loro) decisione è il fulcro della situazione. Il loro è un potere enorme che però pare poggiare su materiale friabile e quindi eccoli quasi nascondersi in una località lontana dalla gente, distante dai bisogni effettivi del popolo, in un ambiente asettico, silenzioso e diafano. Paiono fantasmi, illusionisti, proprio come il fachiro illusionista che Salus trova all’uscita dell’aeroporto all’inizio del film. Potere e illusionismo, forza istituzionale e debolezza personale. Una debolezza d’animo che spinge il Presidente del Fondo Monetario Internazionale ad un gesto inaspettato e apparentemente incomprensibile, certamente tragico, definitivo. Il biancore dell’ambiente (frutto della fotografia di Maurizio Calvesi) teatro di falsità, ambiguità, di mancanza assoluta di sincerità, di sorrisi ipocriti domina continuamente la scena, ma quando ci ritroviamo nella sequenza del colloquio-confessione tra il frate ed il rappresentante italiano (Pierfrancesco Favino) piomba all’improvviso il buio, l’oscuro dell’anima che vuole liberarsi di pesi e segreti che zavorrano lo spirito di chi amministra, ben consapevole che ciò che decide non è quasi mai per il bene della collettività. Perché per rilanciare l’economia stanca che ammorba gli stati è necessario falcidiare i più deboli, per aumentare il PIL serve eliminare gli ultimi. E così il ministro italiano racconta particolari inediti e ignobili che affliggono la sua vita.


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L’affondo finale Roberto Andò lo porta con una formula. Non con una formula qualsiasi, ma con una equazione che Daniel Roché (Daniel Auteuil), il ricchissimo presidente del FMI, padrone di casa, ha consegnato al frate Roberto. Cosa rappresenta quella equazione? Cosa nasconde la geniale formula? Risolverà per sempre i problemi di crescita economica dei Paesi in crisi? Ma soprattutto, cosa vuol dire? Il frate, che prima di prendere i voti era un matematico, la illustra agli otto esperti potenti e cosa ne viene fuori? Che, dopo un primo momento di silenziosa perplessità, ognuno di loro - sconsideratamente e spudoratamente – ha una risposta diversa, ognuno di loro la interpreta in maniera differente, come studenti sfacciatamente impreparati. Risposte diverse per una formula senza senso che non vuol dire assolutamente nulla! La sentenza di Roberto Andò è severissima: gente presuntuosa, vanitosa, potente e ignorante, che brancola nel buio più totale pur avendo un potere immenso. Potere che usano ma che è poggiato sulla loro incompetenza vanagloriosa, sul nulla. Come il fachiro-illusionista.


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Detto così sembrerebbe un anonimo film piatto e monotono. Invece in maniera del tutto inaspettata interviene già nei primi minuti un elemento destabilizzante che dà un notevole scossone all’ambiente (fintamente) austero del convegno: un morto! Omicidio? Suicidio? Gli sguardi e i sospetti di tutti si rivolgono ancora una volta e ancora con diffidenza verso il bianco frate, ultimo ospite che ha visto e parlato per buona parte della notte con la persona ritrovata cadavere. Ecco allora che la vicenda si tinge di giallo, ma di un giallo anomalo, giusto per non creare clamore ad un ambiente, quello del mondo finanziario mondiale, che evita con cura scandali e notizie destabilizzanti.


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Nonostante tutto ciò il film ha qualche evidente difetto. Nell’insieme sembra un po’ artefatto, non genuino, artificioso: pur di colpire l’obiettivo che il regista si era prefisso, i personaggi vengono disegnati troppo vacui, stupidi e senza un minimo di rimorso. Anche lo stesso imprevisto intoppo del ritrovamento del corpo esanime non pare molto integrato nel contesto; inoltre l’autore crea degli inaspettati duetti privati, dove la bella ministra canadese (Marie-Josée Croze) e un’affascinante scrittrice, anch’essa ospite nel lussuoso hotel baltico, Claire Seth (Connie Nielsen), diventano preda della caccia dei ministri più mascolini: diversivi nella trama che servono probabilmente solo ad allentare la morsa della tensione della situazione. Addirittura poi inutile e poco comprensibile la presenza dell’altro ospite, un musicista interpretato da Johan Heldenbergh (lo straordinario attore e cantante di bluegrass di Alabama Monroe), che si fa notare soltanto perché prova a flirtare con la bella scrittrice durante le lunghe e noiose serate nell’asettico hotel.


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In buona sostanza un buon film, anche se dà l’idea di qualcosa che manca, di quel particolare che avrebbe permesso il salto di qualità, ma la sufficienza se la merita pienamente. Ciò che rimane allo spettatore è il duro j’accuse del regista verso il sistema finanziario internazionale, che secondo la sua teoria decide senza un minimo di compassione solo in funzione delle banche e sacrificando i ceti più deboli, che invece avrebbero più bisogno di interventi a loro favore: feroci e sorridenti, ricchi e spensierati. Su tutto e tutti però viaggia l’attore superlativo che è Toni Servillo. Gli si può perdonare qualche tic gigionesco, qualche minimo gesto clownesco, ma ogni suo gesto è una lezione, ogni frase pronunciata non la si poteva recitare meglio. Metà prestazione è realizzata dai suoi occhi, veri protagonisti nelle espressioni e nei leggeri sorrisi che dispensa con parsimonia. Credo che gli altri numerosi interpreti siano rimasti incantati da Servillo, così come noi spettatori.


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Riconoscimenti

David di Donatello 2017

Candidatura miglior sceneggiatura originale

Candidatura miglior produttore

Candidatura miglior attore protagonista a Toni Servillo

Candidatura miglior attore non protagonista a Pierfrancesco Favino

Candidatura migliore autore della fotografia

Nastri d’argento 2016

Migliore fotografia a Maurizio Calvesi

Candidatura regista del miglior film

Candidatura miglior sonoro in presa diretta



 
 
 

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