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Le cose che non ti ho detto (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 29 nov 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 5 lug 2024


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Le cose che non ti ho detto

(Hope Gap) UK 2019 dramma 1h40’


Regia: William Nicholson

Soggetto: William Nicholson (The Retreat from Moscow)

Sceneggiatura: William Nicholson

Fotografia: Anna Valdez Hanks

Montaggio: Pia Di Ciaula

Musiche: Alex Heffes

Scenografia: Simon Rogers

Costumi: Suzanne Cave


Annette Bening: Grace

Bill Nighy: Edward

Josh O'Connor: Jamie

Aiysha Hart: Jess

Ryan McKen: Dev

Steven Pacey as Solicitor

Nicholas Burns: Gary

Sally Rogers: Angela


TRAMA: Grace ed Edward sono sposati da quasi trent'anni. Quando il figlio Jamie fa loro visita nella cittadina sulla costa in cui è cresciuto, Edward gli rivela che ha in mente di lasciare Grace.


Voto 7

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William Nicholson è un regista con poche opere all’attivo ma con un corposo elenco di sceneggiature (con due candidature all’Oscar per Viaggio in Inghilterra e Il gladiatore) e la sua propensione alla parola scritta lo dimostra il fatto che è anche un romanziere. È proprio la sua qualità che lo porta evidentemente a girare un film come questo che è fatto intensamente di parole e sentimenti, espressi e trattenuti, con cadenze più letterarie che cinematografiche, quasi da teatro. Infatti, il film trae spunto da una sua pièce del 1999, The Retreat from Moscow, che prendeva il titolo dalla ritirata di Napoleone in Russia e si ispirava al vissuto dell’autore: anche i suoi genitori si sono separati in età matura e solo una tale esperienza personale poteva quindi ispirarlo così bene e realizzare un film lento ma consistente, quasi una seduta di psicoterapia.

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Essenzialmente tre personaggi e non si può dire con certezza, a mio parere, che i protagonisti sono solo i due maturi coniugi, Grace e Edward, che stanno per separarsi. In mezzo a loro, quasi come un messaggero di (dis)amore è il loro figlio Jamie, capitato in casa per un breve periodo di vacanza. La vita dei due è da tempo un rito stanco di silenzi, tè non solo pomeridiani, letture, piccole passeggiate in quel logo lungo la costa, a Hope Gap (titolo originale del film), vicino a Seaford, contea dell'East Sussex, in Inghilterra. Grace occupa tutta la giornata su un'antologia di poesie, la sua più grande passione; Edward, invece, è un insegnante che nel tempo libero si intrattiene a verificare la veridicità delle informazioni su Wikipedia. Le interruzioni dei silenzi sono piccole discussioni su vari argomenti e in particolar modo gli interventi di lui contribuiscono a confondere e irritare la moglie. Lei risponde con distacco mai immaginando cosa stia succedendo tra di loro.

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La vera crisi esplode solo quando, cercando di chiarire la sua posizione, il papà svela al figlio sbalordito e incredulo che ha intenzione di lasciare la madre avendo da tempo una forte relazione con un’altra donna, Angela, la madre di un suo allievo. Jamie cerca di dissuadere il padre, trova la situazione creatasi assurda e fuori tempo, non essendo più loro giovani per fare capricci sentimentali. La reazione di Grace, nel momento del chiarimento, è un misto tra incredulità e ira, non essendo in grado di capire come mai sia potuto succedere. Lei è più emotiva, lui è sempre stato freddo, respingente. Il figlio si rende conto di non poter ripartire come da programma dopo il weekend previsto e così inizia una spola per cercare di pilotare in un certo qual modo la difficile situazione. Ma a nulla servono i tentativi di riconciliazione, Edward va avanti con il suo proposito e va via. Passano i giorni, Jamie rientra nella sua sede ma fa fatica ad accettare la separazione, nonostante gli amici provino a rincuorarlo, e riflette anche sulle sue relazioni finite male. Fa spesso ritorno a Hope Gap e si rende conto di come Grace, sempre più devastata, si comporti in maniera anomala, mostrandosi non in grado di reagire al dolore. Crisi e depressione, abbandono e pianti.

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Egli parla spesso col padre, ormai andata via di casa, fa compagnia alla madre, ancora sconvolta. Gli tocca fare quindi il “messaggero” che non avrebbe mai pensato di essere, convinto del tranquillo andamento familiare. È qui che si vede all’opera lo scrittore più che il regista: la delicatezza con cui sa esporre la situazione e tramutarla in dialoghi non facili tra tre persone ferme nei propri intenti, fino alla angosciosa riunione nello studio dell’avvocato separatista che diventa una sceneggiata scomoda senza costrutto.

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Annette Bening e Bill Nighy, entrambi in stato di grazia, sono due assoluti fuoriclasse, capaci di veicolare ogni sfumatura, da quelle più tragicomiche a quelle più struggenti, con perfetto stile britannico (anche dell’attrice, nonostante le sue caratteristiche americane), di una donna che crede troppo nell’amore per poter chiudere una storia, e di un uomo che, per lo stesso motivo, sa di non poter fare altrimenti. Se lei cerca di accorciare le distanze, lui taglia ogni speranza troncando ogni minima speranza. Troppo stufo e troppo deciso a continuare il percorso intrapreso. In fondo, la colpa non è di nessuno, sono circostanze che si ripetono da sempre e anche tra persone per bene e ben intenzionate, ma quando si verificano condizioni insostenibili per uno delle due parti il deterioramento del rapporto è irreversibile. Come in questo caso.

Nel frattempo, interessante il giovane Josh O'Connor, fattosi già notare per La terra di Dio – God's Own Country e la serie The Crown.

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La regia di William Nicholson è compita, precisa e descrittiva, come ci si può attendere da uno scrittore, inevitabilmente con qualche lungaggine, ma perdonabile se si è disposti, come spettatori, a compartecipare all’evento vissuto dai tre personaggi. Tanto che il regista sa spiegare molto bene il punto di partenza del film e della sua scrittura: “Ho voluto raccontare ciò con cui per molto tempo ho convissuto. Da giovane, ho visto i miei genitori separarsi dopo quasi trent'anni di matrimonio e ciò ha influito sulla mia idea di famiglia, considerata fino ad allora come un'unità indistruttibile. La separazione dei miei genitori non ha avuto niente di particolarmente speciale: è stata come quella di tantissime altre persone ma ha lasciato in me molte cose su cui pensare, a partire dal fatto di essere dalla parte sia di mia madre sia di mio padre. Perché è successo? Come possono trent'anni di matrimonio finire in un niente? Perché la fine ha causato così tanto dolore a mia madre? Sono partito da queste domande per scrivere una storia sia sulla rottura tra due coniugi sia sulle conseguenze che questa ha quando avviene in presenza di figli oramai adulti. Tendiamo a pensare che un divorzio sia devastante per i bambini piccoli, come se invece per i figli grandi andasse bene. Non è così. Se si è cresciuti e i genitori si separano, si ripensa inevitabilmente alle basi della propria infanzia e si rimettono in discussione.”

Scenografia bellissima, degna delle bianche scogliere di Dover di vecchia memoria.



 
 
 

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