Le vite degli altri (2006)
- michemar

- 9 nov 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 3 set 2023

Le vite degli altri
(Das Leben der Anderen) Germania 2006 drammatico 2h17'
Regia: Florian Henckel von Donnersmarck
Sceneggiatura: Florian Henckel von Donnersmarck
Fotografia: Hagen Bogdanski
Montaggio: Patricia Rommel
Musiche: Stéphane Moucha, Gabriel Yared
Scenografia: Silke Buhr
Costumi: Gabriele Binder
Ulrich Mühe: cap. Gerd Wiesler "HGW XX/7"
Martina Gedeck: Christa-Maria Sieland
Sebastian Koch: Georg Dreyman
Ulrich Tukur: ten. col. Anton Grubitz
Thomas Thieme: ministro Bruno Hempf
TRAMA: Berlino Est, 1984: nel clima di terrore creato dalla Polizia di Stato, la famigerata Stasi, Georg Dreyman, drammaturgo e Christa-Maria Sieland, sua compagna ed attrice famosissima sono considerati fra i più importanti intellettuali dal regime comunista. Finché il ministro della cultura, vede uno spettacolo di Christa-Maria, se ne innamora e dà l'incarico al migliore agente della Stasi di spiare la coppia. Con i sofisticatissimi sistemi di intercettazione l'agente HGW XX/7 entra nelle loro vite registrando ogni loro passo, ogni loro parola, fino a interferire con le loro azioni. Ma l'intreccio tra le vite degli altri e la sua finisce per stravolgere il destino di tutti.
Voto 8

Il titolo riassume come rarissime volte e in poche parole il contenuto della storia ma soprattutto il controllo totale della vita di ogni cittadino ai tempi del Muro postbellico. Il gelo che domina il mondo dell’Est dell’Europa ancora zoppa di libertà e di sviluppo è raffigurato tutto sul viso imperturbabile del protagonista Gerd Wiesler. Lui ascolta, annota, registra, non dorme, spia e controlla, all’interno di una stanza grigia, in cui, non vedendo alcun viso ma solo immaginando quelli degli individui che ascolta, guarda come inebetito davanti a sé e dà quasi l’impressione che nel frattempo stia facendo i conti con la sua coscienza. Perché è ben conscio del compito affidatogli ma da lui non traspare alcunché, né se lo trova giusto e giustificabile né se gli passa mai nella mente di mentire ai suoi superiori e salvare i sospettati. La sua vita è grigia come d’altronde lo è quella di tutti gli altri, tranne per coloro – proprio quelli che lui spia - che trovano conforto e pretesto con la vita artistica.

Il teatro nella Repubblica Democratica Tedesca, è presto metafora, è liberazione intellettuale ed evasione, ed è anche un mezzo per manifestare con prudenza le idee, incontrare gli amici fidati (ma ci si può davvero fidare in quell’ambiente così duplice?), provare a organizzarsi, sperando in un domani migliore. Si vive alla giornata: chi come Wiesler, che finito il suo turno, torna (continua) nel suo grigiore gelido, chi come lo scrittore e l’attrice sperando nel cambiamento. Intanto è una vita claustrofobica: di certo quella del capitano vissuta nella soffitta, avvertita quella ristretta degli artisti che non sospettano di essere seguiti con tanta attenzione. La Stasi manovra i fili della quotidianità, i cittadini sospetti sono controllati dai fili elettrici che trasmettono segnali in cuffia. Fili invisibili in uno stato di polizia invivibile.

È un dramma che si confronta con la storia, quella della DDR, e che indaga lo scenario culturale della Berlino Est controllata palmo per palmo. Il personaggio di Gerd Wiesler, interpretato magistralmente dal compianto Ulrich Mühe, è il triste e malinconico simbolo della disfatta della società tedesco-comunista. Il metodo della sorveglianza diventa per lui fonte di disinganno e di sofferenza, perché lo costringe a entrare nella vita degli altri, quegli ALTRI che invece si ingegnano per conservarsi vivi o per andare fino in fondo con le loro idee, che sognano la libertà, almeno quella d’espressione artistica e poi tramite questa andare oltre, fino alla vera democrazia.

Il film, che suscita forti emozioni anche perché girato alla perfezione e recitato con intensità e soprattutto misura nello stesso tempo, in particolar modo dall’attore protagonista – i suoi muti sguardi, le sue intime riflessioni, i suoi lunghi silenzi, la parsimoniosa gestualità – fu premiato dappertutto e soprattutto fu Oscar come miglior film straniero 2007. Contribuisce alla riuscita del film una bellissima fotografia che accompagna con tonalità forti ma tristi la vicenda fino alla maggior luce finale, in cui però non si disperde la malinconia di fondo. Anzi, osservare l’ex capitano recapitare la posta nella Germania liberata con il crollo forzato del Muro dà un maggior senso di tristezza e avvilimento.

Riconoscimenti
2007 - Premio Oscar
Miglior film straniero
2007 - Golden Globe
Candidatura miglior film straniero
2006 - Festival del film Locarno
Prix du Public
2006 - European Film Awards
Miglior film
Miglior attore ad Ulrich Mühe
Miglior sceneggiatura
Candidatura miglior attrice a Martina Gedeck
Candidatura miglior regista
Candidatura miglior colonna sonora






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