Light of My Life (2019)
- michemar

- 23 mar 2020
- Tempo di lettura: 6 min

Light of My Life
USA 2019 dramma fantascientifico 1h59’
Regia: Casey Affleck
Sceneggiatura: Casey Affleck
Fotografia: Adam Arkapaw
Montaggio: Dody Dorn, Christopher Tellefsen
Musiche: Daniel Hart
Scenografia: Sara K. White
Costumi: Malgosia Turzanska
Casey Affleck: padre
Anna Pniowsky: Rag
Elisabeth Moss: madre
Tom Bower: Tom
Timothy Webber: Lemmy
Hrothgar Mathews: Calvin
TRAMA: Un uomo e la figlia viaggiano attraverso le periferie di una società in cui un decennio di pandemia ha spazzato via quasi tutta la popolazione femminile, mettendo in pericolo l'equilibrio del mondo. Mentre il padre si sforza di proteggere l'innocenza della figlia dai pericoli circostanti, i due vedono il loro legame messo in pericolo quando l'uomo è costretto a difenderla a tutti i costi.
Voto 7

Papà: “Solo perché non si ammaleranno più non significa che il mondo sia guarito completamente.”
Figlia: Quand’è che sarà guarito? Quando ci sarà più equilibrio, quando ci saranno più donne.
Come mai con gli uomini non c’è più equilibrio?”
P.: “Perché loro hanno paura. Sono tristi e soli, e questo li fa arrabbiare, e quando sono arrabbiati perdono di vista quello che è importante e bello nella vita.”
F.: “Cosa c’è di importante e bello?”
P.: “Beh, per ognuno è diverso, ma io penso che sia l’amore la cosa più importante e più bella. Amare il prossimo, lasciarsi amare e poi anche le storie sono importanti e belle, perché ci mettono in contatto con le persone e fanno apparire il mondo come un posto più grande. Ed è divertente raccontarle.”
È uno dei tanti dialoghi con cui il papà intrattiene Rag, la figlia undicenne, per tranquillizzarla prima di farla addormentare, stesi l’uno accanto all’altra filmati dalla macchina da presa dall’alto, rito che si ripete ogni sera. Dalla prima inquadratura non si intuisce subito dove siano. Lo si capisce solo con il movimento della camera: sono in una tenda, lì dove riposano dopo i lunghi camminamenti nei boschi, in cui riparati da sguardi estranei stanno attraversando luoghi disabitati, viaggiando verso nord. Perché, chi sono e perché scappano lo si intuisce man mano che li seguiamo e li ascoltiamo. Rag è una simpatica e intelligente adolescente che il papà ha vestito come un maschietto e porta i capelli corti per non far scoprire in eventuali incontri che lei è una femminuccia. Un virus micidiale e letale (fa impressione scrivere queste frasi nel momento cruciale e apicale in cui il maledetto Covid-19 sta costringendoci a vivere come e peggio che in guerra) ha ucciso la quasi totalità delle donne della Terra. Una stranissima ma potente epidemia. Solo poche, a quanto pare, sono riuscite a sfuggire alla tremenda malattia e sono diventate oggetto di desiderio come tutte le cose rare, a maggior ragione da parte di bande di uomini per soddisfare gli appetiti sessuali. Non ci si può fidare di nessuno, sono tempi da homo homini lupus, e quel papà cerca di proteggere l’amatissima figlia portandola a piedi per chilometri e chilometri verso la casa dei nonni, che nel frattempo saranno sicuramente morti. Anche la mamma è morta e a lei l’uomo ha promesso di portare in salvo la bimba con ogni mezzo. Quel rito dei colloqui prima di dormire, delle favole tranquillizzanti, dei piccoli scherzi manuali servono a dimenticare almeno per qualche minuto la loro tragica condizione e danno un momentaneo sollievo alla giovane aiutandola ad addormentarsi.

È una ragazzina molto sveglia, ha imparato alla svelta le raccomandazioni di comportamento, si è adeguata forzatamente ma facilmente alla vita senza agi, sa agire in fretta e ha appreso come muoversi nei momenti difficili, momenti che il suo papà chiama “allarme rosso”: raccogliere i pochi fardelli e sparire dal luogo diventato all’improvviso inospitale. Vuol dire che hanno incrociato persone di certo pericolose di cui non fidarsi, neanche se sorridono: se intuiscono che lei non è un ragazzo può succedere l’irreparabile. L’inverno si avvicina e devono fare in fretta, c’è da attraversare alcuni agglomerati urbani per approvvigionarsi di viveri e non devono suscitare sospetti. I pochi che incontrano li osservano con sguardi poco concilianti. Ogni catapecchia, ogni capanno è utile per riposare, per recuperare le forze, ogni angolo è potenzialmente una trappola. Il papà dorme con l’attenzione sempre vigile e al minimo rumore, al minimo sospetto ripartono frettolosamente.

Lo scenario post apocalittico ricorda fortemente quello di The Road di John Hillcoat, che viene continuamente in mente: come in quella occasione è meglio non fare sgraditi incontri e c’è un traguardo da raggiungere. Anche lì c’è un adolescente impaurito ma coraggioso confortato da un padre che lo protegge. Anche questo è un duro e terribile racconto di formazione on the road, di crescita dolorosa di una adolescente che non sa bene quale sarà il suo futuro. Nel frattempo impara a sopravvivere, come un piccolo animale nella foresta piena di insidie, rappresentate però da forme umane. Quando pare che il viaggio si stia concludendo, il film, che fino a quel momento si trascina con poche emozioni e quasi nessun sussulto, ha una furiosa virata verso la violenza: il papà sembra diventare immortale e difende con le unghie e con i denti la sua sopravvivenza che di conseguenza rappresenta quella della figlia. Le aveva spiegato con cura, mal celando il suo imbarazzo, la vita della donna che diventerà, la pubertà e ciò che le succederà alle prime mestruazioni: in questi momenti si avverte la tenerezza dell’amore genitoriale, pur se monco, e la cura con cui quel papà sta dedicando all’educazione alla vita. Non vuole assolutamente pensare che quella bella ragazzina non abbia un futuro e la prepara quindi per una vita normale. Questa dedizione verrà ricambiata allorquando Rag dovrà coraggiosamente mettergli materialmente un dito in una grave ferita per salvarlo e aprire così un provvidenziale scenario futuro di speranza. Come una attraversata marina, dopo una navigazione con vento favorevole e acque calme, la tempesta prova a far naufragare la piccola imbarcazione, ma la forza di volontà e la promessa di salvezza fatta alla moglie spingeranno l’uomo a superare ogni onda assassina. Rag intravede il futuro giurato e il film si chiude con fiducia.

Casey Affleck, alla sua seconda regia, recita da par suo, bofonchiando come piace recitare a lui (benedetti sottotitoli!), intessendo una prestazione intensa, colmo di mestizia e rabbia, facendoci proiettare in un mondo irreale, dispotico e cattivo, disposto a giocarsi rischiosamente il suo futuro di regista pur di riuscire nell’impresa. Azzardando con un soggetto di certo non facile e senza compromessi, girandolo così come aveva in mente. Chi scrive lo ama profondamente come attore e non scriverà mai qualcosa contro di lui. La giovane Anna Pniowsky, 13enne al momento delle riprese, sorprende non poco: ha un sorriso accattivante, che rivela nonostante l’abbigliamento la sua natura femminile aggraziata e si dimostra di una bravura straordinaria. Non c’è nulla da fare, quando si recita a fianco di un bambino o adolescente bravo (lo scrivo sempre) si rischia sempre di fare brutte figure. È davvero brava Anna Pniowsky. Scommettiamo sulla sua carriera?

Ma cosa ha mosso il mio amato Casey Affleck a girare un film di questo genere, presentato al Berlino 2019? Dice: “Il film si prefigura come tante cose diverse: è la storia di un padre e di una figlia, una vicenda post apocalittica, un duro confronto tra l'Uomo e la Natura, un racconto di invasione domestica, una storia di formazione e persino una fiaba. Ma prima di ogni cosa è la storia dell'amore di un padre per una figlia. Da regista, sono attratto da storie che mettono in evidenza le caratteristiche della natura umana. La storia, senza tempo, di un genitore che si dedica anima e corpo al sangue del suo sangue è qualcosa che tutti possono apprezzare e assorbire in maniera del tutto propria. Da padre di due figli, ho raccontato molte storie della buonanotte e, sebbene prendessi spesso ispirazione dalle precedenti, dovevo inventarle ogni volta di sana pianta per non correre il rischio di essere criticato. Per mantenere desta l'attenzione dei miei figli, inizio spesso con un personaggio inedito posto in una situazione impossibile e provo a cercare un percorso narrativo credibile per arrivare a un inevitabile happy end. È come una delle mie storie della buonanotte. Come può un padre scoprire che non può proteggere la figlia da tutti i pericoli del mondo? Come reagisce nell'apprendere che il suo compito è quello di insegnarle a difendersi? Come può avere il coraggio di lasciarla andare quando sa che il pericolo è costante e orribile?”

Inevitabile, leggendo queste parole, sentirsi chiamati in causa, perché qualunque genitore può immediatamente immedesimarsi nel suo personaggio, qualunque genitore può avvertire come esiziale il comportamento del papà interpretato e filmato. Non utilizzando ovviamente la violenza ma mettendo al servizio dei figli la propria vita. Come quando li abbiamo coccolati per farli dormire, li abbiamo educati per la vita, li abbiamo difesi da ogni pericolo, abbiamo sofferto con loro quando erano ammalati. E quando un figlio ricambia sporcandosi le mani di sangue, come si vede in questo film, e i ruoli ci appaiono invertiti, l’umanità ringrazia.
Non è certo un capolavoro, ma è molto bene immaginato, realizzato e interpretato, accompagnato dalla eccellente fotografia di Adam Arkapaw, che abbiamo visto all’opera egregiamente in altre ottime prove (Il Re, Assassin’s Creed, La luce sugli oceani, Macbeth).
Non so prevedere se il bravissimo attore protagonista avrà un gran futuro come autore, ma basta la sua recitazione a riempire eccellentemente lo schermo.






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