Living (2022)
- michemar

- 4 mar 2023
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 24 feb 2024

Living
UK/Giappone/Svezia 2022 dramma 1h42’
Regia: Oliver Hermanus
Soggetto: Akira Kurosawa (La morte di Ivan Il'ič)
Sceneggiatura: Kazuo Ishiguro
Fotografia: Jamie Ramsay
Montaggio: Chris Wyatt
Musiche: Emilie Levienaise-Farrouch
Scenografia: Helen Scott
Costumi: Sandy Powell
Bill Nighy: Mr. Williams
Aimee Lou Wood: Margaret Harris
Alex Sharp: Mr. Wakeling
Tom Burke: Mr. Sutherland
Adrian Rawlins: Mr. Middleton
Barney Fishwick: Michael Williams
Hubert Burton: Mr. Rusbridger
Oliver Chris: Mr. Hart
Michael Cochrane: Sir James
Patsy Ferran: Mrs. Fiona
TRAMA: Londra, 1952. Mentre la città fatica a riprendersi dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, il burocrate Mr. Williams è costretto a fronteggiare la sua mortalità dopo aver scoperto di essere malato terminale.
Voto 7,5

Il funzionario statale Williams, da anni responsabile di un ufficio che si occupa delle richieste dei cittadini londinesi per ristrutturazioni di vario tipo, è diventato una piccola figura chiave nel sistema burocratico che ha contribuito alla ricostruzione dell'Inghilterra dopo la Seconda guerra mondiale. Mentre un'infinità di scartoffie si accumula sulla sua scrivania e quella dei suoi rispettosi collaboratori, scopre di essere affetto da un male incurabile, che gli sta lasciando solo qualche mese di tempo. Nasce così in lui il desiderio di dare un senso alla vita prima che sia troppo tardi. La sua è una vita monotona e solitaria, fatta eccezione per la compagnia del figlio e della nuora (ai quali non comunica neanche la ferale notizia) e per l’unica variazione alla quotidianità: il cinema del martedì sera (picture’s day, lo chiama). Quando prende a cuore la domanda di tre donne che vorrebbero adattare uno spazio abbandonato del loro quartiere periferico per renderlo un piccolo luogo di giochi per bambini, capisce che alla pari di quel cortile tra le vecchie case della povera gente anche lui può essere più utile alla comunità portando a termine, con ogni mezzo e con ogni insistenza possibile presso i colleghi degli altri uffici, il progetto. Prima di scomparire deve portare assolutamente in porto quel piano. Un lascito spirituale che lasci il segno dopo la morte.

Non salta un giorno di salire sul treno che lo porta in città, su cui trova anche i quattro collaboratori rigorosamente con bombetta come lui, a cui in ufficio si aggiunge una nuova ragazza, e sedersi sulla scrivania stracolma di cartelle di pratiche che si accumulano, come su quelle degli altri. Infila il documento tra i ripiani con una semplice e burocratica sentenza: “Allora lo terremo qui per il momento, non nuocerà a nessuno.”. L’assenza prolungata dal luogo del lavoro, in occasione della visita decisiva dal dottore, meraviglia non poco gli ignari colleghi, ma per Mr. Williams rappresenta una svolta inaspettata nella vita monocorde, cogliendo l’opportunità, pur se infelice, per potersi finalmente godere un po’ di giorni frequentando compagnie più spensierate e bevendo whisky con un avventore dei bar e dei pub di Portsmouth, località sulla spiaggia che ha scelto per una vacanza fuori dalle solite regole. L’ultima e unica. Ma il vero scossone nella monotonia quotidiana viene dall’invito rivolto a Margaret Harris, la giovane ragazza appena assunta nel suo ufficio, che lui conduce per una colazione in uno dei più eleganti ristoranti nei pressi di Piccadilly Circus, il Fortnum. Invito che la giovane scambia erroneamente quasi per una richiesta sentimentale, che invece lo porta, in maniera inattesa, ad alcune confidenze – non avendo nessuno a cui rivolgere i suoi pensieri personali e intimi, anche riguardanti la sua malattia terminale – ma che soprattutto lo induce ad un dialogo, educato e formale ma nello stesso tempo confidenziale e amichevole, anzi affettuoso. Nasce così una sincera relazione di stima che lo conforta nella stessa maniera in cui Margaret apprezza maggiormente l’uomo conoscendolo meglio, al di là della convenzionalità dei rapporti stabilitisi in ufficio.

È nella breve vacanza al mare che Williams esprimerà meglio e compiutamente la ribellione alla vita che ha condotto fino ad adesso, uscendo dal guscio in cui aveva vissuto per sbocciare alla vita, persino con un nuovo cappello di feltro al posto della tradizionale bombetta tanto inglese. Ma è nel secondo importante incontro in un bar con la graziosa signorina Harris che finalmente l’uomo si apre a confidenze che non ha mai confessato ad alcuno e che rivela il vero motivo per cui si è impegnato al massimo per far diventare realtà il sogno delle tre signore e realizzare il piccolo parco giochi per bambini: “Il fatto è che non credo che vivrò ancora molto. Ho un cancro. Qui. Dopo aver appreso la notizia, io ho cominciato a guardarmi un po’ intorno e quel giorno l'ho incontrata a Piccadilly e ho pensato guardala: Guarda Miss Harris! vorrei essere vitale come lei anche solo per un giorno. Ho pensato, ho sperato che lei mi mostrasse o mi insegnasse ad essere come lei. […] Fin da piccolo, da quando ero un bambino, il mio unico desiderio era diventare un gentleman, niente di speciale solo un gentleman. Come li vedevo la mattina tutti in fila alla stazione ogni volta che andavo lì con mia madre. Con i loro vestiti e i cappelli in attesa sui binari diretti a Londra. Un gentleman come tanti. Era questo che speravo di diventare un giorno. Come è potuto succedere? Credo che sia successo a poco a poco, un giorno dopo l'altro, non c'è da stupirsi che non mi sia accorto di ciò che stavo diventando. E poi ho guardato lei e mi sono ricordato che cosa volesse dire sentirsi vivi così. Mentre torna a casa, le capita di fermarsi a guardare i bambini che giocano per strada o nei cortili? E quando è ora di rientrare, le madri li chiamano e loro fanno resistenza, restano un po’ contrariati, ma è giusto che facciano così. Molto meglio che essere il bambino che certe volte vedi seduto in un angolo che non partecipa. Non è felice né infelice e aspetta solitamente che la madre lo chiami. Ora temo di poter diventare come quel bambino e desidero vivamente che questo non accada, quando arriverà il momento, quando mi chiamerà il Creatore.”
Il bambino che non è più vuole che i bambini del dopoguerra abbiano quel minuscolo parco, che rifiutino di tornare a casa per restare a giocare, come è giusto per la loro età e felicità. Perché poi, da grandi – lo sappiamo tutti, vero? – quelle piccole gioie non le ritroveremo mai più. Mai più. Figuriamoci alle soglie del trapasso.

Una storia stupendamente poetica, melodiosa, aiutata dalle bellissime musiche di pianoforte di Emilie Levienaise-Farrouch, perfettamente coadiuvate dalle armonie delle magnifiche note di Antonin Dvorak e di Jean Sibelius. Film che ci introduce immediatamente, sin dalle prime immagini, nella Londra dei primissimi anni ’50 mediante sguardi dell’epoca a colori e sgranate, come le belle foto d’una volta, con la gente affannosa che la mattina si reca al lavoro prendendo metro e treni, fotografia (perfetta quella di Jamie Ramsay, l’abile direttore anche in District 9, Omicidio nel West End) che si evolve ben presto in quella del film narrato con un sorprendete formato 1.48:1. Ecco subito Mr. Wakeling, il giovanotto al primo giorno di lavoro nel cartaceo ufficio di Mr. Williams e gli altri 3 con l’aggiunta della fresca Margaret Harris, per essere tutti, questo giovanotto di belle speranze e noi compreso, nei meandri di un palazzone in cui tutti si muovono e tutti sono immobili davanti alle pratiche, che osservano chi entra e chi esce, fumano, fanno commenti, mentre mentalmente la nuova arrivata affibbia ad ognuno dei suoi colleghi soprannomi che meglio non li potrebbero commentare. Chi non è informato, crede di guardare un film su una trama di quel tempo e di quel luogo, ed invece si tratta di un remake, molto felice ma non all’altezza, di quello in bianco e nero di Akira Kurosawa, tratta da un racconto di Lev Tolstoj, La morte di Ivan Il'ič, che (se vi capita di guardare) pare un’opera senza tempo, trascendentale, pienamente nelle artistiche possibilità del grande regista giapponese. Per dissipare ogni dubbio, va detto che il film di Oliver Hermanus, pur se fedelissimo, non è molto da meno, ha una sua alta dignità, ha una vita propria, condivide concetti universali.

La regia è delicatissima e sa ottimamente dirigere gli autori, caratteristica che si scopre in molti atteggiamenti dei bravi interpreti, chiaramente indirizzati dal regista, inquadrandoli con giustezza, spesso in primo piano, e loro rispondono con compitezza, facendo esaltare in primo luogo la dolcezza, la graziosità e la morbidezza recitativa di una giovane attrice Aimee Lou Wood nota più che altro per la serie Sex Education, e poi la disponibilità duttile di Alex Sharp nel ruolo di Mr. Wakeling, il giovin uomo appena approdato nell’ufficio, pronto ad ereditare gli insegnamenti del capo. Ma sopra tutti mi ha impressionato la bravura dell’eccellente Tom Burke (Mr. Sutherland), personaggio che dura solo qualche minuto ma di grande rilevanza nell’atteggiamento rinnovato del protagonista, attore già importante nel bello e sorprendente Il prodigio. Ovvio che sto tenendo da parte l’attore clou, il vero gigante del film, quel Bill Nighy che abbiamo sempre ammirato nei vari ruoli dei tanti film della sua enorme vita artistica. Se è stato sempre notato in tutte le sue apparizioni il merito è soprattutto il suo, non dei registi che l’hanno saputo utilizzare: il suo stile assolutamente unico, il suo caracollare, i suoi atteggiamenti, il suo sorriso appena accennato, lo ha reso un personaggio a prescindere dalle qualità di attore e se tutto ciò ha il suo peso, qui viene più che esaltato, perché – a prescindere dal simpatico ruolo nel trittico della spia Johnny Worricker (vedi Page Eight, Turks & Caicos, In guerra tutto è concesso) – qui, a 42 anni dal suo esordio, trova il personaggio più che perfetto per sé.
Misurato, con pause da brividi (in verità tutti gli attori rispettano i tempi di recitazione in maniera pregevole, tutti, quindi merito della regia, come i cenni di assenso o di diniego con il capo, che grosso modo usano in tanti nel film), il sorriso o l’espressione rigida e flemmatica da vero british, è una esibizione che diventa spettacolo, con il pericolo che faccia distrarre (il che è chiaramente un merito) e faccia sfuggire il suo modo così inglese di pronunciare le frasi con quella voce quasi afona, tanto attinente al personaggio, che esalta il suo mimetizzarsi. Immagino (nei giorni in cui stilo queste righe) che non vincerà l’Oscar a cui concorre essendo in concorrenza con altri potenti interpreti, ma se lo vincesse, non sarebbe un miracolo meraviglioso e un meritato premio alla sua gloriosa carriera? Quando gli capiterà di nuovo un ruolo come questo? Coraggio, meraviglioso Bill, sei in quella che rappresenta una delle interpretazioni più toccanti di una lunga e rispettata carriera.

Questa immagine sembra un omaggio a Vivere di Akira Kurosawa, come si può notare con quest'altra

Oliver Hermanus sa pungere, con questo che è pur sempre un piccolo ma grande film, l’ottusità della burocrazia governativa presente in ogni dove e quando la si sa usare come punteggiatura in una piccola storia come questa diventa un pregio notevole, maggiormente se inserita in una routine come quella della grigia vita del protagonista. Personaggio che scopre, sapendosi alla fine della vita, come si può godere delle ultime settimane godendo delle poche gioie che si possono cogliere con i vizi che solitamente vengono impedite dal perbenismo ipocrita, magari inseguendo la filosofia epicurea del gioire bevendo o intrattenendosi con una donna d’occasione, ma contemporaneamente traendo beneficio dall’amicizia di una giovane signorina. Da lì a cambiare atteggiamento e tornare in ufficio per portare a termine un arduo compito il passo è breve. Approfittare del carpe diem per far diventare un’esistenza infruttuosa in un living tutto da godere e realizzare un bel sogno giusto.
Ottimo film, grande regia, grandissimo attore, felici comprimari. Emotivo e mai sdolcinato. Bravi tutti.

Riconoscimenti
2023 - Premio Oscar
Candidatura per il miglior attore a Bill Nighy
Candidatura per la migliore sceneggiatura non originale
2023 - Golden Globe
Candidatura per il miglior attore in un film drammatico a Bill Nighy
2023 - BAFTA
Candidatura per il miglior film britannico
Candidatura per il miglior attore protagonista a Bill Nighy
Candidatura per la migliore sceneggiatura non originale






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