Omicidio nel West End (2022)
- michemar

- 9 dic 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 22 dic 2023

Omicidio nel West End
(See How They Run) USA/UK 2022 commedia thriller 1h38’
Regia: Tom George
Sceneggiatura: Mark Chappell
Fotografia: Jamie Ramsay
Montaggio: Gary Dollner, Peter Lambert
Musiche: Daniel Pemberton
Scenografia: Amanda McArthur
Costumi: Odile Dicks-Mireaux
Sam Rockwell: isp. Stoppard
Saoirse Ronan: ag. Stalker
Adrien Brody: Leo Köpernick
Ruth Wilson: Petula Spencer
Reece Shearsmith: John Woolf
Harris Dickinson: Richard Attenborough
David Oyelowo: Mervyn Cocker-Norris
Charlie Cooper: Dennis Corrigan
Shirley Henderson: Agatha Christie
Pippa Bennett-Warner: Ann Saville
Pearl Chanda: Sheila Sim
Paul Chahidi: Fellowes
Sian Clifford: Edana Romney
Jacob Fortune-Lloyd: Gio
Lucian Msamati: Max Mallowan
Tim Key: comm. Harrold Scott
TRAMA: Nella Londra del 1953, un produttore decide di realizzare l'adattamento cinematografico della popolare opera teatrale di Agatha Christie ‘Trappola per topi’. Quando membri della troupe cominciano a morire misteriosamente, l'ispettore Stoppard e l'agente Stalker si mettono sulle tracce dell'assassino.
Voto 6,5

Una piccola forma di matrioska: un giallo nel giallo, ma anche un gioco di thriller filmico nell’ambito di un thriller teatrale. Il meccanismo prende spunto dal grande successo della pièce di Agatha Christie The Mousetrap (Trappola per topi) che (record assoluto nella storia del teatro) nel St. Martin's Theatre del West End londinese dal 1952 è andata in scena ininterrottamente fino al 16 marzo 2020, quando le esibizioni sul palco sono state temporaneamente interrotte per la pandemia, per poi riprendere alla riapertura del 17 maggio 2021 e in questo finale d’anno 2022 sta raggiungendo le 29.000 repliche! Un giallo classico che, come andava di moda in quei decenni, era scritto con la fatidica formula del whodunit, cioè con tutti gli elementi utili per il lettore per capire da solo chi veste i panni dell’assassino.

Il film - che, come detto, si sviluppa nell’ambiente di quel teatro, di quelle rappresentazioni e di quella compagnia teatrale - mantiene totalmente lo spirito di quella tecnica narrativa. L’opera originale nacque come una breve commedia radiofonica scritta da Agatha Christie come regalo di compleanno per la regina Mary, la consorte del re Giorgio V e fu trasmessa il 30 maggio 1947 con il nome di Three Blind Mice (Tre topi ciechi) in cui viene trattato il caso reale di Dennis O'Neill, che morì dopo che lui e suo fratello Terence subirono abusi mentre erano affidati a un contadino e sua moglie nel 1945, nella contea dello Shropshire. Caso che si rivelerà come origine – come si scopre solo alla fine – del movente psicologico anche nel film.

L’opera è un giallo giocoso perché ha tutta l’aria della leggerezza nonostante la gravità dei fatti che vi accadono e lo spirito che aleggia continuamente è ancora più da commedia british rispetto agli episodi di Poirot, dove intorno all’austero e serioso investigatore belga i personaggi sono spesso aristocratici e benestanti. Qui invece troviamo attori di teatro e alcuni personaggi di cinema che intendono portare il grande successo del palcoscenico londinese sul grande schermo, ma succede che da quando si è sparsa la voce che riguarda questa opportunità cominciano a verificarsi misteriosi omicidi che paiono senza motivazioni credibili. La strana coincidenza è il verificarsi di un certo parallelismo tra gli avvenimenti trattati dalla commedia e quelli reali che stanno succedendo, in una commistione tra personaggi e persone, tra gli attori e il regista incaricato Leo Köpernick (Adrien Brody) che, continuamente con la bottiglia in mano, sta già immaginando come trasporre la commedia in film.

Il mondo artistico e i poliziotti incaricati delle indagini vengono ad incrociarsi allorquando proprio il regista - che alloggia, a spese del produttore del film per via di un ricatto, nella camera dell’albergo più lussuoso della zona, il Savoy - viene rinvenuto senza vita in coincidenza dell’annuncio del progetto cinematografico e della 100esima replica della pièce e (fatto erroneamente rilevante) dopo una scazzottata con l’attore Richard Attenborough e la violenta discussione avuta con lo sceneggiatore Mervyn Cocker-Norris (David Oyelowo). Del caso viene incaricata una coppia che più sbilanciata e strampalata non poteva essere, degna di un film di Wes Anderson: uno è l’ispettore di Scotland Yard Stoppard (Sam Rockwell), un claudicante veterano paziente ed esperto investigatore, l’altra è l’agente in prova Stalker (Saoirse Ronan), una pivella inesperta, ma piena di voglia di imparare per superare l’esame per diventare effettiva, annotando diligentemente tutto (ma proprio tutto!) ciò che ascolta e che vede su un rosso taccuino. Il primo è single da anni, dopo aver scoperto la moglie incinta di otto mesi di un bambino non suo, che si consola con bicchieri di gin sparsi durante la giornata, appena può. La seconda è una giovane vedova con due piccoli figli. Paziente, deduttivo e stazzonato, che aspetta con calma che le indagini portino a indizi concreti Stoppard, lontanissimo dal borioso poliziotto di Tre manifesti a Ebbing, Missouri; impulsiva, ingenuamente pronta ad arrivare a conclusioni affrettate e quindi sbagliate Stalker. Il lato più divertente del film è proprio nei dialoghi tra i due, frastagliati dallo scetticismo dell’uno e dall’entusiasmo fuori luogo dell’altra. Intorno molti personaggi: i tanti attori, tra cui il ben noto ancora oggi Richard Attenborough (Harris Dickinson) e sua moglie Sheila Sim (Pearl Chanda), poi la stessa Agatha Christie (Shirley Henderson) e suo marito Max Mallowan (Lucian Msamati), l’incompetente e gradasso commissario Harrold Scott (Tim Key), la maschera del teatro Dennis Corrigan (Charlie Cooper) e vari altri. Per le non poche figure che compongono questa allargata platea il regista Tom George ha pensato bene di far guidare lo spettatore da una voce narrante che spiega continuamente l’evoluzione della trama ma soprattutto la presentazione dei tanti personaggi, altrimenti sarebbe stato alquanto difficoltoso star dietro a tutti i nomi.

Come c’è da aspettarsi è un continuo e bizzarro susseguirsi di eventi, anche letali, che costringono a prestare molta attenzione, pena perdere il filo dei fatti e di conseguenza delle indagini, ma il divertissement a cui ci porta la regia è concentrato sull’operato dei due protagonisti che indagano, tra battute, gags, confidenze familiari, malintesi (che portano momentaneamente in cella addirittura l’ispettore) e comportamenti a volte poco ortodossi. Al solo servizio di una commedia gialla che incuriosisce e qualche volta diverte. Nulla di geniale, niente di sconvolgente: solo un giocoso tourbillon al servizio dell’intrattenimento, con una buonissima recitazione in primis della coppia di attori in primo piano, a cui si aggiunge lo stravagante interprete del primo che è colpito a morte. A questo proposito Adrien Brody è il tipo adatto, spilungone attore che si mette in gioco sempre con ruoli fuori dell’ordinario, mentre Sam Rockwell e Saoirse Ronan sono un vero spasso e il clou del film. Così diversi i personaggi, così diversi i due protagonisti, con background ed esperienze molto differenti. Il primo è bravo a mettere da parte la sua intonazione americana, assorbendo un piccolo e necessario accento inglese, all’altra è bastato essere se stessa, sempre sorridente e solare: insomma un duetto inedito, divertente e divertito ma funzionale e funzionante ai fini della commedia, che deve arrivare alla verità, che, come la vera storia, risale al disagio di un uomo (no spoiler) che fu abusato con il fratello quando era affidato ad una famiglia di contadini. Per giungere al traguardo se ne vedranno delle belle, persino un’irruzione nella grande abitazione di campagna della grande Agatha Christie in una notte buia e tempestosa densa di neve. Un classico!

Se gli attori se la cavano egregiamente, il debuttante nel lungometraggio Tom George, con molta esperienza in serie televisive, realizza un’opera abbastanza spiritosa ma fin troppo meccanica, quasi prevedibile ed essendo appunto un whodunit si potrebbe anche arrivare da soli alla conclusione, anche se in verità non è poi così facile. Da autore si prende la licenza di dispensare una serie interminabile di split screen piovuti a pioggia qui e là (un po’ troppi, direi) ma discretamente utili sia per le azioni parallele sia a ricostruire gli eventi in flashback. Un mistery in cui, come previsto dallo schema, son tutti potenzialmente colpevoli, tranne quelli che man mano vengono eliminati. Un po’ come succede nel mitico Dieci piccoli indiani della medesima scrittrice. Ed infatti di citazioni cinematografiche ce n’è a iosa.

Ben scritto da Mark Chappell (anche lui di provenienza TV), ben elaborato dal direttore della fotografia di Jamie Ramsay e montato egregiamente da Gary Dollner e Peter Lambert, ma soprattutto ottimamente interpretato, è in conclusione un discreto film, di buon intrattenimento, a tratti divertente, curioso: come i gialli di una volta, che poi è proprio quello che è!






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