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Page Eight (2011)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 26 feb 2021
  • Tempo di lettura: 6 min

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Page Eight

UK 2011 thriller 1h39’


Regia: David Hare

Sceneggiatura: David Hare

Fotografia: Martin Ruhe

Montaggio: Jinx Godfrey

Musiche: Paul Englishby

Scenografia: Cristina Casali

Costumi: Julian Day


Bill Nighy: Johnny Worricker

Rachel Weisz: Nancy Pierpan

Michael Gambon: Benedict Baron

Tom Hughes: Ralph Wilson

Judy Davis: Jill Tankard

Saskia Reeves: Anthea Catcheside

Ewen Bremner: Rollo Maverley

Felicity Jones: Julianne Worricker

Holly Aird: Anna Hervé

Ralph Fiennes: Alec Beasley

Alice Krige: Emma Baron

Marthe Keller: Leona Chew


TRAMA: Johnny Worricker è un agente dell'MI5. Il suo capo nonché miglior amico Benedict Baron muore improvvisamente, e Johnny si ritrova tra le mani un importante documento top-secret contenente informazioni scottanti che riguardano anche il primo ministro inglese. Nel frattempo, Johnny conosce Nancy Pierpan, sua vicina di casa e attivista politica, affascinante e misteriosa.


Voto 8


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Cosa ci si può aspettare da un autore che, più che altro, si è occupato sempre di sceneggiature? Script di prim’ordine, film di successo e premiati, ma David Hare è pur sempre e solo uno sceneggiatore che, a parte qualche film, ha quasi sempre firmato da regista film per la TV. Per meglio qualificare il suo enorme talento di scrittore basterebbe enunciare solo alcuni delle sue sceneggiature Il danno (1992) di Louis Malle (recensione), The Hours (2002) e The Reader - A voce alta (2008) entrambi di Stephen Daldry - film che hanno raggiunto due Oscar -, specchi riflettenti la sua abilità di scrittura tanto da portare alla ribalta questi titoli. A questi aggiungerei un altro film, sicuramente non all’altezza degli altri, La verità negata del 2016 di Mick Jackson (recensione) ma sempre molto interessante ed istruttivo, indirizzato verso questioni di giustizia e verità. Che non è poco.

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Uno sceneggiatore quindi che ama l’intrigo, le complicazioni, le indagini anche introspettive, i risvolti psicologici di persone dal carattere complesso, magari con un passato complicato e tenuto segreto. Quando allora nel 2011 David Hare si decide di girare un film più strutturato e in un certo senso anche complicato, si scrive un soggetto affascinante: un vero thriller di spionaggio, preparato con tutte le caratteristiche basilari necessarie per rispettare il classico esempio di una spy-story ambientato nella sua England, terra feconda di romanzi e romanzieri che hanno dedicato la loro arte per dipanare trame complicatissime di spie e segreti. Poteva mancare l’organizzazione sempre al centro delle storie spionistiche inglesi come l’MI5? Certo che no! Ma la fantasia e abilità dell’autore hanno aggiunto allo schema già tanto sfruttato un personaggio bellissimo e romanticamente ancora affezionato alla gloriosa storia dei Servizi Segreti di Sua Maestà.

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Johnny Worricker è tanto tempo che dedica la vita al suo lavoro di analista nella MI5: è stato sì in giro per il mondo e nei paesi più “caldi” dal punto di vista dello spionaggio internazionale, ma la sua dote principale, dovuta senz’altro alla vasta esperienza accumulata e ad un senso acuto di intelligenza nell’esaminare situazioni e cambiamenti nelle politiche mondiali, è quella di intuire e dedurre risvolti delicati e non sempre rivelabili verità delle situazioni e dei rapporti tra stati alleati e non, tra nazioni dell’Est e dell’Ovest. Come gli schieramenti storici, che d’altronde lui ha conosciuto sin dai primi anni di servizio. Adesso tante cose son mutate, le alleanze hanno cambiato gli equilibri internazionali, Israele ha molto più potere – politico e militare – di tanti anni fa, i pacifisti son diventati più attivi e si organizzano anche a livello mediatico. Nel frattempo, gli americani si appoggiano per tradizione al Regno Unito ma ognuno, si sa, vuol mantenere secretate alcune informazioni, sempre utili da usare in momenti più opportuni. Proprio come succede con un segretissimo file che dimostra come anche il Premier britannico di turno, Alec Beasley (il solito gelido Ralph Fiennes, sia a conoscenza dei luoghi, dei nomi e delle torture che gli americani stanno attuando ad alcuni prigionieri: la Corona inglese è contraria a queste pratiche e ha come principio umano e sociale quello di abiurare le pratiche scorrette della tortura e di rifiutare ogni tipo di secretazione delle notizie inerenti. A quanto pare, il Primo Ministro ne è al corrente, solo personalmente, neanche condivise con il ministro degli Interni, Anthea Catcheside, che è la istituzionale responsabile dei Servizi Segreti. Siamo di fronte a notizie gravi che custodisce solo il Premier. Scandaloso e inammissibile.

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La situazione è intuita perfettamente da Benedict Baron, il capo di Johnny Worricker, al quale da parte sua non sfugge nulla, neanche di intuire la reale gravità della situazione: il particolare più importante è messo nero su bianco alla pagina 8 del documento. Essendone al corrente – come da schema classico – i due sono in pericolo, pur avendo tali alti incarichi in seno alla organizzazione spionistica britannica. Loro sanno, ma che lo sappiano ne sono al corrente anche i diretti interessati. Si sa, è un lavoro sporco, ma in ogni caso e come dice anche Baron, amico di vecchia data del protagonista sin dai tempi degli studi a Cambridge, il loro lavoro è onorevole anche quando lo si svolge in maniera disonorevole! In questo campo tutto si adatta, ogni cosa deve essere flessibile e necessita adeguarsi a seconda delle circostanze e se bisogna sporcarsi le mani è inutile pensarci due volte. Johnny è all’antica e ha dei principi che ama rispettare. Ogni volta che si presenta l’occasione per deviare la strada maestra delle sue convinzioni lui rinuncia e tira dritto. Ma stavolta c’è di mezzo la affascinante dirimpettaia del pianerottolo, Nancy Pierpan, che lui mantiene a distanza avendo provato subito diffidenza verso quella donna: il suo istinto lo spinge ad evitarla o perlomeno ad essere estremamente prudente. La sua presentazione è stata sicuramente fantasiosa e nasconde chissà cosa.

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Come da canone, la questione si complicherà e qualcuno pagherà caro, ma l’intelligenza di Johnny Worricker saprà trovare il bandolo della matassa e di conseguenza trovare il giusto rimedio, senza mai scomporsi, senza mai perdere l’aplomb del perfetto uomo al servizio dell’MI5. Ma per riuscire in questo bellissimo disegno cinematografico, David Hare aveva bisogno non solo di un attore adatto a quella precisa recitazione ma anche di un corpo che lo completasse fisicamente alla perfezione e questo corpo ha il nome di Bill Nighy. Un nome, una garanzia. Lo abbiamo sempre conosciuto con il fisico talmente asciutto da sembrare magro e così continua. Lo stile da dandy, la gestualità trattenuta, le movenze del viso al minimo ma massimamente espressive, gli occhietti chiari e tagliati all’insù che ne fanno una astutissima volpe in un bosco pieno di animali aggressivi pronti a sbranarla. Ma Johnny ne sa una più del diavolo e allora organizza la necessaria e ormai improcrastinabile uscita di scena, non senza prima aver risolto le questioni pendenti e messa in sicurezza la donna (l’ennesima della sua vita) che a momenti lo avrebbe ingabbiato nella rete dei sentimenti. Un capolavoro strategico ed una fuga degna di una mente sempre lucida. Come afferma il suo capo e amico fidato Benedict Baron, Johnny può sbagliare qualche tattica ma mai la strategia. E nella sequenza finale Bill Nighy, quando si avvia al gate dell’aeroporto, si dilegua con il suo inimitabile stile.

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I personaggi sono tratteggiati con mano felice da David Hare, a ognuno di loro viene data la possibilità, anche con brevi apparizioni, di rivelare il carattere e la personalità con chiarezza, mostrando debolezze e punti forti. A cominciare dalla figura, ambigua fino alla definitiva spiegazione delle sue intenzioni, della bella e misteriosa signora del pianerottolo: Nancy Pierpan è un bel ruolo per Rachel Weisz, a cui il protagonista lascia un bellissimo ricordo. Michael Gambon è perfetto in un ruolo al lui congeniale, mentre il veloce cameo di Marthe Keller è di gran classe, come sempre le riesce. Discorso a parte per Ewen Bremner in un ruolo che pare scritto appositamente per lui: il suo Rollo Maverley è una maschera particolarissima, sballato come sa fare solo lui, traffichino fin nelle ossa, perfetta losca spia tuttofare che non nasconde la sua passione per i bei ragazzi. Gli bastano sempre pochi minuti per esaltarsi. Una scoperta a ritroso è Felicity Jones, ancora non molto affermata e prossima a farsi conoscere, nel ruolo di Julianne, figlia di Johnny. Bravi tutti gli attori, quindi, ma la dote principale di questo film consiste nella sceneggiatura scritta dal regista. I dialoghi sono secchi e pieni di stilettate, rafforzate da un’ironia tutta britannica che ne esalta i sottintesi, un umorismo intelligente che sorprende. Le frasi brevi e pungenti delle discussioni o delle conversazioni amichevoli sono il giusto compenso alla visione che resta estremamente piacevole e appassionante. Non ci sono scene di azione, non c’è un colpo di pistola, non un gesto violento: tutto è basato sulla capacità comunicativa dei personaggi, sia nelle sequenze di tensione (mai elevata, però) che in quelle di pausa. David Hare meritava una prova e ci è riuscito alla grande, dimostrando anche di saper gestire un buonissimo cast.

L’unico difetto del film è che non ha avuto la giusta ricompensa che meritava: l’attenzione e la notorietà che meritava. Un buonissimo film!

N.B.: Incredibile ma vero, questo fu un film girato per la TV ma non è assolutamente un TV-movie, non ne ha assolutamente le caratteristiche tecniche, è un vero e proprio film.



 
 
 

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