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London River (2009)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 11 feb 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 6 mar 2020


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London River

UK/Francia/Algeria 2009 dramma 1h24'


Regia: Rachid Bouchareb

Sceneggiatura: Rachid Bouchareb, Olivier Lorelle, Zoé Galeron

Fotografia: Jérôme Alméras

Montaggio: Yannick Kergoat

Musiche: Armand Amar

Scenografia: Jean-Marc Tran

Costumi: Karine Serrano


Brenda Blethyn: Elisabeth

Sotigui Kouyaté: Ousmane

Francis Magee: l'ispettore inglese

Sami Bouajila: Imam

Roschdy Zem: il macellaio

Marc Baylis: Edward


TRAMA: Poco prima delle nove del mattino del 7 luglio 2005, ed esattamente un'ora dopo, 4 bombe esplosero a Londra. In piena ora di punta, 4 assassini che viaggiavano sui mezzi pubblici fecero detonare l'esplosivo che portavano nei loro zaini uccidendo in pochi minuti 56 persone e ferendone 700. Ousmane e Mrs. Sommers hanno molto in comune, ma non lo sanno perché non si conoscono e perché sembrano molto diversi. Lui è musulmano e vive in Francia, lei è cristiana e vive in un'isola sulla Manica. I loro figli studiano entrambi a Londra e quando, nel luglio 2005, l'attacco terroristico scatena panico e morte, tutti e due partono per la capitale britannica alla ricerca di notizie sui figli. Un viaggio che li porterà a conoscersi e a scoprire molte cose.


Voto 7,5


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Sono diversi anni che ormai, e purtroppo, i media ci tengono informati sulle tante piccole guerre sparse nel mondo e sulle relative sciagure che colpiscono popolazioni inermi solo perché minoranze oppure su atroci attentati le cui immagini su carta o in tv scuotono le nostre coscienze. Spesso queste drammatiche vicende sono lo spunto anche di riflessioni cinematografiche, raccontate con diversi stili e con più o meno enfasi, in special modo dai registi americani, che amano squarciare lo schermo con esplosioni roboanti e notevole dispiegamento di mezzi scenografici per meglio rendere l’idea. Rachid Bouchareb sceglie la via intimistica per raccontare quasi sottovoce il dramma vissuto da quelle persone che ne subiscono le conseguenze anche se si son trovate lontanissime dai luoghi degli attentati.


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Il regista francese, di origini algerine, narra la sofferenza di due persone diverse, lontane di nazionalità, di cultura e di colore che non si sarebbero mai incontrate se il destino dei loro figli non avesse incrociato prima le loro esistenze e poi la strada di alcuni terroristi islamici. Siamo a Londra, vero crocevia multirazziale in Europa, dove tanti giovani vanno a studiare con la speranza di tracciare il futuro migliore che speravano da ragazzi. Invece la vita di due di loro si interrompe tragicamente e la mamma di lei, bianca cristiana inglese, ed il papà di lui, nero musulmano francese, si ritrovano a cercarli senza sapere che si metteranno in cammino sullo stesso percorso, perché i due giovani si amavano e vivevano assieme.



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L’ottimo Rachid Bouchareb però non evita, intenzionalmente, di toccare il delicato problema della diffidenza e del pregiudizio dell’uomo occidentale verso i mediorientali e gli islamici in genere, tanto che dedica diverse situazioni per evidenziarlo. Innanzitutto, sceglie di mostrare quanti di questi ultimi gestiscono i diversi esercizi commerciali in cui i due protagonisti si recano per acquisti o per chiedere informazioni sui loro figli, poi tra la gente per strada a cui vengono mostrate le foto dei due dispersi. Tutti molto gentili, tutti disponibili ad aiutarli, perfino ad inserire una Sim nel nuovo cellulare di Elisabeth: persone perfettamente ambientati nel tessuto cittadino londinese che parlano un inglese fluente. L’argomento però viene più profondamente affrontato ed evidenziato nei primi contatti tra l’agitata signora e il flemmatico Ousmane, quando lei lo guarda con evidente diffidenza come fosse un pericoloso soggetto, lo schiva con espressione respingente, non celando affatto (anzi esibendo) i suoi istintivi pregiudizi, addirittura ritendendolo quasi un complice degli attentatori. E infatti lo denuncia alla polizia. Che lo ferma. Ma è proprio da questa anomala e ingiusta situazione che parte il ribaltamento psicologico tra i due, facendo nascere lentamente un’alleanza, un sodalizio emozionale che li porterà fino alla coabitazione per una miglior collaborazione nella ricerca dei loro giovani. Insieme non è detto che si vinca ma perlomeno si combatte meglio, ci dice Rachid Bouchareb.

Elisabeth è eroica nella sua determinazione e nella passione emotiva che la arma, ma la figura di nobile animo, quasi regale, quel fisico longilineo, magro come una canna al vento che si piega ma non cede del silenzioso e commovente Ousmane è il personaggio che colpisce quanto e forse più dell’altra. Lui ama e cura gli olmi malati di Francia ma ha ancora nel cuore la sua Africa e la sua famiglia, abbandonata 15 anni prima. Nello stesso tempo, è lancinante il dolore che non solo provano loro, ma anche quello che avvertiamo noi: due giovani pieni di vita e voglia di futuro annientati dalla follia omicida di alcuni loro coetanei che invece hanno preferito immolarsi nel suicidio inutile. Al regista e sceneggiatore francese naturalizzato algerino è bastato questo film dolente e straziante per spalancare la porta del dolore su due bellissimi rapporti nati tra due giovani e due adulti, tra due mondi che paiono lontani e non lo sono, tra due studenti di estrazione e colore diversi (ma diversi da che?) che scoprono di amarsi, tra due adulti che amano la terra e il suo frutto. Lui cura gli alberi come figli, come il figlio che ha abbandonato anni prima in Africa, lei gli ortaggi e i cari affezionati asini che il marito, morto nella guerra inglese nelle Falkland, le ha lasciato in gestione.

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Sarà un cammino pieno di speranza, convinti che i loro figli siano da qualche parte nella grande Londra, perché quello che vediamo tutti i giorni in tv succede sempre agli “altri”, non ai noi o ai nostri parenti. Scopriranno cose nuove dei loro figli e scopriranno anche l’altro, con ognuno la sua cultura e il modo di reagire alle disgrazie.


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Se Sotigui Kouyaté, attore maliano, esprime con naturalezza innata la filosofia di vita e le reazioni caratteriali di uomo abituato alle difficoltà dovute alla terra di origine e al colore della pelle vivendo nell’occidente, sempre diffidente e poco accogliente con i “diversi”, Brenda Blethyn commuove per il suo dolore silenzioso e represso con una recitazione sommessa che fa venire i brividi.



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Osserviamo l'immagine su esposta: non è una "comunione"? non è una pacifica condivisione di ciò che, poco o tanto, abbiamo a disposizione? È anche un augurio e un invito per tutti e a tutti, affinché possiamo godere quello che la Terra, unico luogo di coabitazione, ci offre. Prega lei, prega lui: in maniere diverse ma tutti preghiamo lo stesso Dio, a cui rivolgiamo le richieste.


È questo appunto lo stile scelto dal regista per esporre non il sangue e la distruzione materiale di un attentato, ma la devastazione intima delle persone che vengono colpite da un atto barbarico anche se son lontane migliaia di chilometri dal luogo dove avviene.



 
 
 

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