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Margin Call (2011)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 29 mar 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

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Margin Call

USA 2011, thriller finanziario, 1h47'


Regia: J.C. Chandor

Sceneggiatura: J.C. Chandor

Fotografia: Frank G. DeMarco

Montaggio: Pete Beaudreau

Musiche: Nathan Larson

Scenografia: John Paino

Costumi: Caroline Duncan


Kevin Spacey: Sam Rogers

Paul Bettany: Will Emerson

Jeremy Irons: John Tuld

Zachary Quinto: Peter Sullivan

Penn Badgley: Seth Bregman

Simon Baker: Jared Cohen

Mary McDonnell: Mary Rogers

Demi Moore: Sarah Robertson

Stanley Tucci: Eric Dale


TRAMA: Per il riassetto aziendale di una importante compagnia d'investimenti, il maturo analista Eric Dale viene licenziato. Prima di congedarsi, l’uomo passa al suo protetto, il giovane Peter Sullivan, una pennetta USB colma di dati inquietanti, tutti convergenti sull’imminente collasso delle borse e il tracollo della finanziaria in cui sono impiegati. Per salvare le sorti dell’istituto Peter è costretto a chiamare in causa i suoi colleghi e gli alti vertici dell’azienda, dal supervisore fino al boss e all’amministratore delegato John Tuld. Nel corso di una interminabile lotta interna le ragioni della crisi vengono messe sul tavolo e la vera anima dell’impresa disvelata una volta per tutte. E fu l'inizio della fine.


Voto 7


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La tragica vicenda della Lehman Brothers si tradusse nella più grande bancarotta della storia americana nel campo finanziario. Fondata nel lontano 1850, è stata una società attiva nei servizi finanziari a livello globale che operava investimenti, ricerche di mercato e quant’altro di simile ed era uno dei primari operatori del mercato dei titoli di stato statunitense. Si può immaginare la quantità di denaro e finanziamenti faceva girare e con quanti clienti importanti poteva trattare, con filiale sparse nelle più influenti capitali del mondo, principalmente a Londra e Tokyo.


Il 15 settembre 2008 la società annunciò l'intenzione di avvalersi della procedura che si attua in caso di fallimento, rivelando debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di 639 miliardi. Fu il tracollo, fu l’inizio della fine, con un effetto domino che si estese in tutto il mondo finanziario della terra e non solo finanziario, in quanto la crisi si estese così in tutte le attività dell’uomo e tutt’oggi se ne sopportano le conseguenze in quanto l’economia mondiale ancora non si è ripresa del tutto. Anzi, in Italia non siamo ancora riusciti a rialzarci.


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Chi ci racconta gli attimi frenetici di quel giorno, e più precisamente di quella notte, è il regista e sceneggiatore J.C. Chandor, che sceglie un passo narrativo simile ad una pièce teatrale, con tanti personaggi e tanti dialoghi, impegnando, in questa maniera, l’attenzione dello spettatore poco avvezzo ai termini specialistici dell’alta finanza, ma con lo stile di un thriller incalzante e ineluttabile. I personaggi sono tanti, ma come sempre, come è rituale nei suoi film, sono uomini soli, abbandonati ai loro destini, così come succederà negli altri suoi film, essendo questo il suo esordio nel lungometraggio. Sarà solo l’Uomo solitario nella barca di All Is Lost, sarà solo l’Abel Morales di 1981: Indagine a New York che deve combattere per sopravvivere nello sporco commercio di petrolio, saranno uniti nell’azione ma soli nella vita i cinque avventurieri che proveranno a rapinare il ricchissimo narcotrafficante in Triple Frontier, l’ultimo suo film ad oggi. Sì, sono tanti i personaggi di questo suo primo film, ma li vediamo sbandati e preoccupati fino all’epilogo nella loro solitudine, ognuno ripensando agli errori commessi e come salvare il poco salvabile della loro esistenza professionale e della loro vita futura.


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Lavoravano assieme in cima ad un alto grattacielo nel cuore della finanza newyorkese ma ognuno celava segreti e allorquando uno di questi broker viene licenziato per motivi di ridimensionamento aziendale e lascia un file ad un collega i cui dati rivelano i seri problemi esistenti nella società, tutto ebbe inizio. Ciò che salta evidente agli occhi è che in quella azienda, ma specialmente in quegli uomini non esisteva etica né professionale né umana, non esisteva il senso di responsabilità verso la clientela, evidentemente vista come un altro tipo di file. Solo l’istinto di sopravvivenza si svegliò, portandoli singolarmente in fuga da tutto.


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È un film di sceneggiatura, di eccellente regia incalzante, ma in primo piano si nota che è un film di attori bravissimi (Kevin Spacey, Paul Bettany, Jeremy Irons, Zachary Quinto. Demi Moore, Stanley Tucci su tutti), tutti nella consueta grisaglia, tutti in fila per discutere e litigare in quei luoghi chiusi, attorno ai tavoli delle trattative: monitor implacabili, dati alla mano, facce agguerrite, strategie per salvare se stessi. Intorno il salto nel vuoto.


J.C. Chandor non è un giudice, nondimeno un boia: lui ci mostra i fatti e gli uomini. A noi spetta la condanna almeno morale da infliggere a quelle persone, oltre a quella di saper venire fuori dalla crisi mondiale.



 
 
 

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