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Martin Eden (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 9 set 2019
  • Tempo di lettura: 9 min

Aggiornamento: 17 gen

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Martin Eden

Italia/Francia/Germania 2019 dramma 2h9’


Regia: Pietro Marcello

Soggetto: Jack London (romanzo)

Sceneggiatura: Maurizio Braucci, Pietro Marcello

Fotografia: Alessandro Abate, Francesco Di Giacomo

Montaggio: Aline Hervé, Fabrizio Federico

Musiche: Marco Messina, Sacha Ricci

Scenografia: Luca Servino, Roberto De Angelis, Tiziana Poli

Costumi: Andrea Cavalletto


Luca Marinelli: Martin Eden

Carlo Cecchi: Russ Brissenden

Jessica Cressy: Elena Orsini

Vincenzo Nemolato: Nino

Marco Leonardi: Bernardo

Denise Sardisco: Margherita

Carmen Pommella: Maria

Autilia Ranieri: Giulia

Elisabetta Valgoi: Matilde Orsini

Pietro Ragusa: sig. Orsini

Giustiniano Alpi: Arturo Orsini


TRAMA: Martin Eden, un marinaio di umili origini, salva un borghese da un'aggressione al porto. Per ringraziarlo, questi lo invita nella sua abitazione, dove Martin incontra sua sorella Elena e si innamora. Martin decide quindi di studiare e di diventare uno scrittore, pur continuando a lavorare per vivere. La sua relazione con Elena si consolida e alla festa di laurea di lei fa la conoscenza di Brissenden, colui che diventa il suo mentore, lo introduce nei circoli socialisti e gli fa conoscere la filosofia. I nuovi interessi lo allontanano da Elena provocando la fine della loro storia e, quando Brissenden muore, si ritrova nuovamente in difficoltà. Con il tempo, Martin riesce a trovare il successo ma il suo cuore è malato. Tramite la relazione con l'operaia Margherita, tenta di riconciliarsi invano con la sua classe di appartenenza prima di cadere in uno stato di depressione che nemmeno il ritorno di Elena potrà guarire.


Voto 8

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Se mi chiedessero come racchiudere in una clip l’essenza del film, o meglio della storia di Martin Eden, proverei con la prima sequenza e con le frasi che si sentono appena finiscono i titoli di testa: il nostro protagonista è seduto nella stiva della nave in cui in quel periodo lavora, è vicino ad un oblò e la luce che trapela da quella finestra rotonda illumina i fogli su cui sta scrivendo alcune riflessioni che sgorgano dalla sua mente. Sono idee che esprimono il suo temperamento combattivo e ribelle, in cui, anche se ben conscio della sua piccolezza di fronte alla maestosità della Natura, lui si sente piccolo ma non arrendevole e la sfida senza paura, perché, come afferma, può perfino resistergli e sconfiggerla. Senza ombra di dubbio questo incipit introduttivo non può sintetizzare tutto quello che vivrà nella vita né tantomeno il suo pensiero filosofico e letterario che maturerà nel tempo, dopo che avrà divorato centinaia di libri, ma esprime molto bene il suo carattere combattivo. Carattere che lo porterà lontano, sia in termini di spazio geografico che di moltitudine di gente con cui verrà a contatto. Ma è un inizio molto importante ai fini della narrazione del film.

Martin Eden è un personaggio complesso in un film non facile di cui scrivere, ma non difficile da amare, perché è una storia bellissima e affascinante che stimola molte riflessioni nello spettatore, che pungola al ragionamento e alla comprensione della persona al centro della trama ma soprattutto, e questo è la vera difficoltà, non è facile scriverne perché non si può scindere il giudizio sull’opera da parte di un appassionato di cinema dal profondo significato che porta dentro, dal messaggio sociale, politico e filosofico che lui cerca prima di tutto di capire per se stesso e poi da predicare agli altri, operazione questa che però lo interessa relativamente. Non è che avverta la necessità di esternare in pubblico le sue convinzioni, piuttosto il suo bisogno primario è quello di tradurlo in versi e romanzi, sofferti e poco confortanti, essendo pregni di sensazioni per nulla ottimistiche. Risulta evidente però che il bisogno primario del giovane è quello di usare la cultura acquisita per cancellare il passato di un marinaio ignorante, come una clava e nel contempo come una luce che illumina.


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Il soggetto da cui parte il progetto del film è un noto romanzo di John Griffith Chaney London, al secolo Jack London, nato a San Francisco, luogo dove ha inizio il racconto di un marinaio locale che ha un solo sogno: quello di diventare scrittore, pur se la sua istruzione è molto scarsa essendosi fermato presto negli studi per andare a lavorare. È la San Francisco in pieno sviluppo di inizio XX secolo in cui le classi sociali sono ben distinte e i meno abbienti fanno lavorare i figli sin da subito, come Martin che inizia a 11 anni a solcare i mari a bordo delle navi commerciali. Un romanzo che ha sempre attirato l’attenzione del cinema e della TV, persino prima dell’avvento del sonoro. Il regista Pietro Marcello, già noto per alcuni documentari di ottima qualità, aveva letto il libro 20 anni fa e solo oggi si è deciso di portarlo sullo schermo ma con intenti solo di ispirazione. Il film infatti, anche se per molti tratti è molto simile al libro, è una “liberissima” trasposizione (aggettivo usato dallo stesso regista, tanto che trasla il cuore del racconto dalla città californiana alla terra italiana, a Napoli, rendendo in pratica il nostro eroe uno scugnizzo ormai giovanotto che sa cavarsela in ogni occasione. Lavora duro, se c’è da menar le mani non si tira indietro, ma appena può, matita e carta, scrive tutti i pensieri che gli passano in mente, nonostante la scarsa istruzione ricevuta, essendosi fermato alla quinta elementare. Ma ha un senso dell’apprendimento molto sviluppato e soprattutto una ferrea volontà di imparare e di studiare. Innanzitutto per due motivi: potersi esprimere meglio e quindi poter diventare finalmente uno scrittore e, fine non secondario, avere la possibilità di elevarsi socialmente, cosa che sogna ancora più forte da quando, pur un fortuito episodio, conosce Elena Orsini, una bella ragazza appartenente all’alta borghesia napoletana. Per averla in moglie deve avere una posizione solida ed una istruzione adeguata.


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Tutto ciò diventa per lui una molla moltiplicatrice della sua volontà, che lo spinge non solo a lavorare in ogni tipo di mestiere che capita, vicino o lontano, pur di racimolare soldi e comprare libri e libri, per studiare e istruirsi, migliorare il suo mediocre italiano caratterizzato dai tanti errori grammaticali. Ed è qui che pian piano sviluppa le idee filosofiche che lo porteranno a polemizzare in molti ambienti, popolari e socialisti, e tra i borghesi della città. Situazione che si fortifica quando conosce un ambiguo uomo, letterato e politicizzato, Russ Brissenden, che quasi inavvertitamente diventerà il suo mentore nella società che conta e che lo spingerà ad esaltare le proprie idee facendosi anche diversi nemici. Martin è un autodidatta ma che si è formato addirittura sulle opere di un filosofo britannico di impostazione liberale, teorico del darwinismo sociale, Herbert Spencer, che condizionerà il suo modo di pensare, fino a giungere ad animate discussioni, se non veri e propri litigi, con le persone che lo ascoltano. Sarà scambiato dai giornalisti locali per socialista, motivo per cui la bella Elena si sentirà in dovere verso la famiglia di lasciarlo, ferendolo pesantemente, e in aggiunta subirà un pesante contraccolpo quando il suo tutore Russ Brissenden lo abbandonerà suicidandosi. Ma sarebbe poco onesto da parte mia se non dicessi anche che mi è sembrato che l’ascesa al successo di Martin Eden ha il sapore di una vendetta capitalista e non nascondo che vi leggo anche una certa ambiguità ideologica, giocando tra sembrare e pensare intimamente, tra l’essere tutto insieme darwinista, socialista, individualista e così via. Perverso gioco mentale che forse ha intaccato anche la vita stessa di Jack London, le cui vicissitudini sono molto simili alle avventure del nostro personaggio. Perfino la fine di Martin Eden è nebulosa (diciamo pure acquatica, come la materia prima della Natura in cui lui inizia a lavorare) e assimilabile a quella dello scrittore, perito per cause mai accertate con sicurezza. Quella scena terminale pare una allegoria di una scelta inevitabile: non polvere che ritorna alla polvere (lui tra l’altro si considera cenere, non polvere) ma acqua che ritorna all’acqua.


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Un’opera che porta dentro di sé una storia che è tutta d’avventura, che dà l’idea di poter essere leggera come un romanzo ottocentesco piacevole e di intrattenimento e che invece prende una strada irta di difficoltà sociali e di convinzioni, di amori eterni che finiscono ai primi ostacoli, di amori che ritornano o che si accontentano, di speranze disilluse e di rabbia esplosiva che ti porta ad inimicarti il mondo intero, alla ribellione e al rifiuto totale del mondo che ti circonda. È un’avventura sì, ma filosofica e politica, esistenzialista e poetica, di un giovane ribelle e vulcanico, che sogna in grande, forse troppo in grande. Un film che conquista, appassiona, si fa seguire con emozione dal primo all’ultimo minuto, in cui domina una fotografia bellissima come il film, densa di colori, con efficacissimi inserti di pellicole d’altri tempi, sgranate e segnate dall’età, o di lavori precedenti del regista, entrambi pienamente confacenti alla narrazione. Quegli apparenti intervalli della narrazione sono invece le idee embrionali di ciò che poi Martin metterà per iscritto, sono immagini che diventano racconti, sono sogni mnemonici che precedono versi che prenderanno forma sui tanti fogli di carta, prima scritti a mano, poi stampigliati dalla macchina da scrivere, mentre intanto in Italia si affaccia il fascismo e l’interventismo. Pietro Marcello sa raccontare benissimo queste storie: io so solo che mi incatenò una notte davanti alla TV per seguire il suo straordinario docu-film La bocca del lupo, che non dimentico mai. Il regista ha compiuto un piccolo miracolo ma indubbiamente ha il merito di averne realizzato un secondo: aver scelto come protagonista un attore che attualmente non ha simili. Luca Marinelli, che già aveva dato un saggio del suo gigantesco talento con i vari personaggi interpretati in questi anni, dal toscano di Tutti i santi giorni (sapete che mi ero convinto che fosse davvero livornese?), al romanaccio tossico, allo Zingaro di Lo chiamavano Jeeg Robot (recensione) in cui si mangia tutti e diventa di rimbalzo il protagonista (non me ne abbia Claudio Santamaria), al cantautore per eccellenza Fabrizio De André e così via. Il dialetto napoletano che pronuncia in questo film non è una imitazione, è la trasformazione totalizzante di un non partenopeo in un napoletano verace: come abbia fatto è un prodigio! Come faccia a recitare sempre così è un prodigio. Mi fermo qui perché Luca Marinelli meriterebbe un articolo a sé stante. Accanto a lui due giovani fanciulle con poche apparizioni fino ad oggi: Jessica Cressy (madre polacca padre francese) perfetta biondina francesina dal viso rotondo che fa innamorare all’istante Martin; Denise Sardisco, bellezza piena(mente) mediterranea, mora e con una fossetta sulla guancia sinistra, con il sorriso accattivante. Ma una menzione speciale va al vecchio lupo del nostro teatro, il grandissimo Carlo Cecchi, sornione e scettico ammaliatore delle attenzioni del giovane scrittore, in passato già regista di Marinelli in teatro per lo shakespeariano Sogno di una notte di mezza estate. E per finire un plauso a Carmen Pommella, la Maria che accoglie come una buon samaritana Martin con un sorriso che disarma.


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La sceneggiatura è un incanto, una perla di scrittura, scritta a quattro mani con Maurizio Braucci, tanto che all’uscita della sala ho pensato che tra i fantastici dialoghi e le frasi declamate dal protagonista (tra poesie e riflessioni, tra invettive e dediche d’amore) bisognerebbe comprare e leggere la sceneggiatura (oltre al libro, ça va sans dire). Basterebbe leggerla per innamorarsi del film.

“Fu tutto quello che riuscì a capire: era sprofondato nell’oscurità. E nell’istante stesso in cui lo seppe, cessò di saperlo.” Sono proprio queste le ultime parole del romanzo e del film, un attimo di consapevolezza prima di morire. Tutti i sogni, benché realizzati, di Martin finiscono lì, di fronte alla difficoltà di non essere accettato ed amato per quello che era.

Spiega bene il regista Pietro Marcello:

Abbiamo lavorato in stato di grazia, trasformando il protagonista in una sorta di archetipo, di metafora – quella di un uomo che cerca il riscatto tramite la cultura e attraversa nuotando il Novecento – rendendolo più europeo, addirittura italiano, consapevoli di non avere una tradizione letteraria legata al mare. Nel film l’emblema-metafora è il veliero che va a picco proprio quando il protagonista riesce ad affermarsi come scrittore, un’affermazione che però comincia a negargli il rapporto che fino a quel momento aveva avuto con la realtà, con le cose, con la gente. Ha spinto troppo oltre la sua inclinazione all’isolamento, finendo per perdere ogni contatto con la massa proletaria, con i temi e i soggetti dell’implacabile lotta di classe. Una parabola discendente in cui Luca Marinelli si è calato con straordinaria generosità. Per la prima volta ho avuto un vero attore, un attore camaleontico, di elevata bravura, tra i migliori in Italia, una figura-vettore e non un personaggio di strada come invece mi era capitato fino a ora.


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P.S.

Ero in auto tornando dal cinema quando mi è arrivata la notizia del premio quale miglior attore a Luca Marinelli a Venezia76 e ho cacciato un urlo lungo e feroce, come se la mia squadra del cuore avesse vinto la Champions. UN GIGANTE!

Mentre guardavo il film infatti pensavo che lui non è il numero 1 in Italia, lui è fuori classifica, non c’è nessuno, al momento, che possa competere: cuore, testa, corpo, occhi fiammeggianti. È padrone assoluto del film e del personaggio.


Riconoscimenti

Festival di Venezia 2019

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Luca Marinelli

Premio Arca CinemaGiovani al miglior film italiano

Premio Pellicola d'oro al miglior maestro d'armi

Premio Pellicola d'oro al miglior sarto di scena

Candidatura per il Leone d'oro al miglior film

David di Donatello 2020

Migliore sceneggiatura non originale

Candidatura per il miglior film

Candidatura per il miglior regista

Candidatura per il miglior produttore

Candidatura per il miglior attore protagonista a Luca Marinelli

Candidatura per il migliore autore della fotografia

Candidatura per il miglior costumista

Candidatura per il miglior acconciatore

Candidatura per il miglior montatore

Candidatura per il miglior suono

Candidatura per il David Giovani



 
 
 

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