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Megalopolis (2024)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 9 set
  • Tempo di lettura: 6 min
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Megalopolis

USA 2024 dramma fantastico 2h18’

 

Regia: Francis Ford Coppola

Sceneggiatura: Francis Ford Coppola

Fotografia: Mihai Mălaimare Jr.

Montaggio: Cam McLauchlin, Glen Scantlebury, Robert Schafer

Musiche: Osvaldo Golijov

Scenografia: Beth Mickle, Bradley Rubin

Costumi: Milena Canonero

 

Adam Driver: Cesar Catilina

Giancarlo Esposito: Francis Cicero

Nathalie Emmanuel: Julia Cicero

Aubrey Plaza: Wow Platinum

Shia LaBeouf: Clodio Pulcher

Jon Voight: Hamilton Crasso III

Jason Schwartzman: Jason Zanderz

Talia Shire: Constance Crasso Catilina

Grace VanderWaal: Vesta Sweetwater

Laurence Fishburne: Fundi Romaine

Kathryn Hunter: Teresa Cicero

Dustin Hoffman: Nush Berman

D. B. Sweeney: Stanley Hart

James Remar: Charles Cothope

Chloe Fineman: Clodia Pulcher

Balthazar Getty: Aram Kazanjian

Romy Mars: Reporter

Haley Sims: Sunny Hope Catilina

Bailey Ives: Huey Wilkes

Sonia Ammar: Zena

Isabelle Kusman: Claudine Pulcher

Madeleine Gardella: Claudette Pulcher

 

TRAMA: Un disastro distrugge una metropoli che ricorda New York e che già da molti decenni versa in uno stato di decadenza. Cesar Catilina, architetto idealista con il potere di controllare il tempo, mira a ricostruire la città come un’utopia sostenibile, mentre il suo avversario, il sindaco corrotto Francis Cicero, è impegnato a difendere lo status quo reazionario che lo ha fatto eleggere. A frapporsi tra i due avversari e le loro visioni c’è la figlia di Francis, Julia, che, stanca delle attenzioni, dei privilegi e del potere con cui è nata, cerca il vero significato della sua vita.

 

VOTO 6


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Un progetto faraonico (non so se l’aggettivo è sufficiente), un “mega” che vagava nella mente del regista da almeno 40 anni, scritto e riscritto, finalmente portato in porto e realizzato con un capitale enorme ma che ha partorito un’opera che ha diviso critica e pubblico, lodato e ripudiato, da entusiasti e delusi. Un film gigantesco con ambientazione fantasy (da architettura futuristica) in una società distopica e costumi che, disegnati da Milena Canonero da vera artista del campo, narrano da soli l’atmosfera della storia, donna capace di trasformare la materia sartoriale in tessuto narrativo, fino al punto che sono essi stessi parte dei tantissimi personaggi che abitano la trama, lunga e complessa. Un altro sogno quasi impossibile di Coppola, un altro Un sogno lungo un giorno che lo mandò in rovina. D’altronde, se per questo film, in cui ha impegnato il suo patrimonio, spende 120 milioni di dollari e ne incassa meno di 15, non so quanto possa definirsi un successo. Ma questo non vuol dire nulla se la bellezza di un’opera artistica non si misura con gli incassi. Piuttosto, a chi è piaciuto il giudizio è superlativo, a chi no è assolutamente negativo.



In pratica una favola, che si svolge a New Rome, una città degradata che unisce usi e costumi della New York odierna e della Roma antica, con finanche, in mezzo ai grattacieli, un Colosseo dove si svolgono gare con le bighe e di lotta libera. Una sorta di Gotham City. La città, come in ogni storia fondata sulla distopia, è governata da un’élite di famiglie patrizie che godono di piaceri proibiti mentre i comuni romani vivono in povertà. Un classico.



L’architetto Cesar Catilina, una delle più importanti personalità di New Rome, ha vinto il premio Nobel per aver inventato il rivoluzionario Megalon, un materiale da costruzione estremamente resistente al tempo ed enormemente duttile; inoltre, l’uomo ha la capacità segreta di fermare il tempo. Catilina è anche un forte alcolista dilaniato dai sensi di colpa per il suicidio di sua moglie, che pensa si sia tolta la vita perché lui era troppo dedito al lavoro e per la cui tragedia, anni prima, era stato indagato come omicida dal corrotto procuratore distrettuale Francis Cicero. Ora questi è divenuto sindaco e vuole impedirgli di utilizzare il suo miracoloso materiale innovativo per ricostruire la città e far nascere la comunità urbana di Megalopolis: avendo una visione assai più conservatrice, preferisce evitare spese folli dando nuovo lustro alla metropoli con uno spettacolare casinò che garantisca entrate fiscali immediate. A dare man forte a Catilina c’è il suo ricchissimo zio Hamilton Crasso III, il quale ha come nipote anche Clodio, un individuo depravato e innamorato della figlia di Cicero, Julia.



Impossibile non andare con la mente agli USA di questi due anni, con la destra conservatrice al potere e affarista, ma anche all’ultimo periodo dell’Impero Romano quando iniziava il declino inarrestabile. I riferimenti sono chiari ancor di più se si considera il nome della città che è la crasi ideologica tra la New York moderna e l’antica Roma. Cosa che accade anche con i nomi dei personaggi, composti dall’accoppiamento tra un nome dell’antica Urbe e un cognome moderno. Rispettando questo concetto, il kolossal di Francis Ford Coppola è fatto della materia di cui sono fatti i sogni, come un Quarto potere dell’oggi, come una Rosebud che si ripresenta sotto forma di new city ipertecnologica e con in più il tocco magico del potere che ha il protagonista: Cesar Catilina (Adam Driver) ha la possibilità di fermare il tempo mentre lui, nel frattempo, si muove e quando scopre che anche la donna che ha iniziato ad amare, dopo un primo incontro poco felice, Julia Cicero (Nathalie Emmanuel), figlia del suo nemico politico e sindaco dispotico Francis (Giancarlo Esposito), ha la stessa facoltà, lui capisce che è la donna giusta per la sua vita. Vita che si era rovinata per il suicidio della moglie.



Imperversano il potere politico, potere architettonico, potere industriale, potere finanziario che si scontrano e principalmente le lotte intestine per prendere quello politico, che, alla fin fine, è quello che porta anche ricchezza. Ecco, quindi, il populismo, quello che è tornato di moda nei nostri anni con le promesse che i capipopolo fanno alla gente disperata. Qui la figura è rappresentata da Clodio Pulcher (Shia LaBeouf), sobillatore che anima ed esagita la folla che lo circonda nei comizi improvvisati tra le strade di New (York/Rome). Lunga e contorta è la strada che percorrono i personaggi, con vicende che incoraggiano o deludono Cesar, con il truce sindaco che lo ricatta (rivelando la verità liberatoria sulla morte della moglie a patto di abbandonare la figlia) e che poi diventa inaspettatamente suo alleato. Nulla di nuovo: in politica le alleanze nascono e muoiono a seconda delle convenienze, da sempre, e da sempre chi patisce è l’idealista (nel caso il nostro Cesar) mentre a godere è ancora una volta chi si sa destreggiare a destra e a manca. Per la felicità di chi ama i finali positivi, la trama volgerà, nonostante tutto, al bello.



Stante la cattiva abitudine dei cinefili a gridare al “capolavoro” anche e soprattutto a sproposito (lo si dice ogni volta che un film piace, quando invece il termine andrebbe centellinato), sin dalle prime proiezioni si è udito capolavoro ma anche bocciatura, perché, come detto nell’introduzione, è un film che può parecchio deludere. Fermo restando che, in qualunque caso, è innegabile la maestosità e la bellezza della fotografia di Mihai Mălaimare Jr. che caratterizza non poco la visione; come anche non si può evitare di notare che l’impegnativo montaggio ha richiesto ben tre direttori e, infine, la fastosità e la varietà dei costumi di Milena Canonero che sono uno spettacolo a sé.



Gli interpreti di primo piano ed importanti sono tanti perché altrettanti sono i personaggi, cast con nomi rilevanti. Solo per citarne alcuni oltre al mattatore  Adam Driver di Cesar: l’astro nascente Nathalie Emmanuel (direttamente dal Trono di Spade), Aubrey Plaza (conturbante pretendente al talamo dell’architetto inventore), Shia LaBeouf (il ruolo dei pazzi fanatici gli vanno sempre a pennello), Jon Voight (banchiere volgare che si confà alla sua recitazione), Jason Schwartzman (jolly del cinema americano), Talia Shire (familiare rediviva del cast, ma sempre incisiva, espertissima), Laurence Fishburne (come sempre guardia del corpo inossidabile), Dustin Hoffman (decadente, un ruolo minimo).



La regia è ineccepibile, anche perché solo Francis Ford Coppola poteva dirigere il “suo” film e come lo immaginava e dall’alto della sua maestria sapeva bene cosa chiedere ai suoi attori, cosa ottenere al meglio. La storia è sua ed è il suo sogno di sempre. Una fatica durata 40 anni che, una volta in sala, può essere che respinga, irriti, induca alla derisione o che faccia gridare al miracolo artistico. Che, in soldoni, vuol dire dare da 0 a 10. Io, ammirato ma anche perplesso, mi fermo a metà e sono convinto che non mi è dispiaciuto, però non so se lo rivedrei e ciò è già un giudizio che esprime sconcerto. Anche perché mi è rimasta inconsciamente l’idea mentale che di questo megafilm restano solo le macerie, come Roma e New Rome. Per quest’ultima, solo quelle della critica, perché il finale della storia è positivo e propositivo, pieno di speranza per il futuro, che fa bene all’anima, dato che le prospettive del futuro della Terra e della politica mondiale, a me, paiono parecchio scure.

Comunque il film va visto.

Auguri a Cesar e alle sue idee. E a noi.

Riconoscimenti? Beh, se hanno riguardato solo gli Razzie Awards è meglio soprassedere.

 


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