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Mio figlio professore (1946)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 22 ago
  • Tempo di lettura: 3 min
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Mio figlio professore

Italia 1946 dramma 1h48’

 

Regia: Renato Castellani

Sceneggiatura: Aldo De Benedetti, Renato Castellani, Aldo Fabrizi, Suso Cecchi D’Amico, Fulvio Palmieri, Fausto Tozzi, Emilio Cecchi

Fotografia: Carlo Montuori

Montaggio: Mario Serandrei

Musiche: Nino Rota

Scenografia: Gastone Medin

Costumi: Maria De Matteis

 

Aldo Fabrizi: Orazio Belli padre

Giorgio De Lullo: Orazio Belli figlio

Mario Pisu: Ettore Giraldi

Pinuccia Nava: signorina Maggi/Pinuccia Giraldi

Diana Nava: Diana Giraldi

Lisetta Nava: Lisetta Giraldi

Nando Bruno: Angeloni

Mario Soldati: professor Cardelli

Diego Calcagno: insegnante

Ennio Flaiano: insegnante

Ercole Patti: insegnante

Gianna Perea Labia: insegnante

 

TRAMA: Rimasto vedovo alla nascita del figlio, a Orazio Belli rimane una sola ambizione: fare del figlio un professore e vederlo insegnare nel liceo in cui lui è bidello.

 

VOTO 7,5


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In questo film d’altri tempi, in pieno dopoguerra e durante l’affermazione definitiva del neorealismo, a cui contribuivano, come nel caso specifico, le scritture di importanti scrittori e uomini di cultura, la trama ci racconta una storia di certo commovente ma anche con tratti da commedia, dove giganteggia uno dei migliori attori di quegli anni: Aldo Fabrizi. Attore capace di fronteggiare la prepotente comicità di Totò ma anche di interpretare personaggi drammatici. Indimenticabile, infatti, il suo personaggio in Avanti c’è posto…



Orazio, appunto Fabrizi, bidello del Liceo Pisacane di Roma, ha finalmente un figlio che battezza con il suo stesso nome. E poiché la madre muore nel darlo al mondo, decide di allevarlo da solo e sogna di farne un professore come quelli che ossequia ogni mattina. Gli anni passano, il bambino cresce, diventa grande. Dal suo posto di lavoro vede scorrere gli avvenimenti, cambiare gli uomini, passare le generazioni. E finalmente, quando il giovane Orazio, che ha studiato lontano, è nominato professore, il padre ottiene, grazie a raccomandazioni potenti, che il ragazzo venga nominato insegnante nello stesso liceo. Ma quando è lì, si accorge dell’imbarazzo della situazione: come può, suo figlio, non vergognarsi d’avere per padre l’umile e modesto bidello? Anzi, è proprio un’osservazione del giovane professore che lo umilia e lo spinge ad una impensabile decisione: se ne va, sparisce col cuore pieno di amarezza, per lasciare tutto lo spazio a quel figlio ormai professore. Per cui ha fatto tutto il possibile, ha dato la sua vita.


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Storia in fondo semplice eppure universale, ambientata nell’Italia del 1946, che dimostra quanti sacrifici sia disposto ad affrontare un padre pur di aiutare il figlio. Sacrifici che rappresentano certamente un riscatto sociale non solo per il discendente ma anche per un genitore che ne fa una prodezza personale. D’altronde, quando un papà vede realizzare il sogno di chi ha cresciuto ed educato è soddisfatto come se abbia raggiunto lui stesso il traguardo.



Il neorealista Renato Castellani confeziona un bellissimo film, fotografando l’Italia di allora nel pieno della sua produzione di opere se non proprio simili ma della stessa tempra e contenuto, anche popolari, utilizzando, come d’uopo, attori noti ed altri molto meno, quasi dilettanti, tra cui spiccano le tre sorelle Nava, tra le quali spicca la soubrette Pinuccia. Non dimentica di farne anche un discorso politico che riguarda una nazione che faticava a risalire la china dopo il Ventennio fascista, che caratterizza un dei personaggi, Ettore Giraldi (Mario Pisu), il professore di ginnastica che fa carriera dopo aver aderito al partito dominante.



Il finale è malinconico e indica il buon ritiro di un padre che ha fatto più del suo dovere sia sul lavoro che in famiglia e vede il grandissimo Aldo Fabrizi testimoniare il suo addio alla scuola non prima di aver dato per l’ultima volta il tradizionale segnale di conclusione delle lezioni. La capacità di questo attore di incarnare l’uomo comune con profondità e umanità lo ha reso perfetto per il neorealismo, che cercava di raccontare la realtà del dopoguerra senza fronzoli.



Notevole il contributo di uomini della cultura italiana sia nella sceneggiatura a più mani che nel cast degli attori: Mario Soldati, Diego Calcagno, Ennio Flaiano, Ercole Patti. Film - girato negli stabilimenti della Scalera Film nella via della Circonvallazione Appia a Roma e nello storico Liceo Ginnasio E.Q. Visconti di Piazza del Collegio Romano a Roma - nobilitato dalla presenza di cotanti nomi della letteratura italiana.

 


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