Roma città aperta (1945)
- michemar

- 25 apr 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 18 mag 2023

Roma città aperta
Italia 1945 dramma 1h43’
Regia: Roberto Rossellini
Sceneggiatura: Sergio Amidei, Federico Fellini, Roberto Rossellini
Fotografia: Ubaldo Arata
Montaggio: Eraldo Da Roma, Jolanda Benvenuti
Musiche: Renzo Rossellini
Scenografia: Rosario Megna
Anna Magnani: Pina
Aldo Fabrizi: don Pietro Pellegrini
Marcello Pagliero: Giorgio Manfredi
Maria Michi: Marina Mari
Carla Rovere: Lauretta
Francesco Grandjacquet: Francesco
Giovanna Galletti: Ingrid
Harry Feist: magg. Fritz Bergmann
Vito Annichiarico: Marcello
Nando Bruno: Agostino, alias Purgatorio
Turi Pandolfini: il nonno
Amalia Pellegrini: Nannina
TRAMA: Durante l'occupazione tedesca di Roma, l'ingegnere comunista Manfredi che milita nella Resistenza prende contatti con un compagno tipografo. La Gestapo è sulle sue tracce, ma l'uomo trova rifugio presso l'abitazione di un sacerdote mentre l'operaio è arrestato e la sua donna viene uccisa da una raffica di mitra. La delazione di Marina, un'attricetta cocainomane che ha avuto in passato una relazione con Manfredi e che ora sta nel giro degli ufficiali tedeschi, consente loro di catturare l'ingegnere e il prete. Il primo, benché torturato a morte, non rivela i nomi dei compagni.
Voto 9

Capofila di una rivoluzione estetica nel cinema, il film di Roberto Rossellini fu il primo prodotto importante del Neorealismo italiano, che, come ben sappiamo, fu il movimento che riuscì ad abbattere la tradizione del cinema dei “telefoni bianchi” di moda nell’Italia fascista. Il film sulla resistenza italiana fu scritto nei giorni della lotta clandestina contro i nazisti e racconta di un gruppo di patrioti che si nasconde nell'appartamento di un tipografo di nome Francesco. Il comunista che guida il gruppo, Manfredi, è ricercato dalla Gestapo e alla fine viene catturato e ucciso.

Anche la moglie di Francesco, Pina, muore negli ultimi disperati giorni dell'occupazione mentre cerca di raggiungere il marito catturato dai tedeschi in una delle sequenze rimaste immortali nella memoria degli italiani e della storia del cinema. Don Pietro, il prete impersonato da un commovente Aldo Fabrizi, subirà la stessa sorte per essersi schierato apertamente con i ribelli, ma è la solidarietà della città di Roma che il film lascia intravedere sullo sfondo ad anticipare la vittoria finale contro gli invasori. L’ultima inquadratura dei ragazzini che si allontanano dal campo dove vengono fucilati i prigionieri, con lo sfondo del panorama della Città Eterna, è l’emblema della Liberazione e della rinascita.

La scarsità delle risorse tecniche e finanziarie si rivelò un pregio per il film, che fu girato in stile quasi documentaristico, mostrando persone vere in luoghi reali. E film portò anche una ventata di aria fresca nel cinema dell'occidente: la libertà di movimento della macchina da presa e l'autenticità dei personaggi sono tra le qualità che fecero del film la rivelazione del Festival di Cannes del 1946. Il neorealismo italiano divenne presto un modello estetico per ogni regista interessato alla reale descrizione della storia e della società.


Alcuni degli eroi del film rimarranno per sempre nel cuore degli spettatori: chi potrebbe dimenticare Pina che corre tra i proiettili urlando “Francesco… Francesco!!!” o il prete che riconosce nel partigiano torturato il supplizio di Cristo? La storia ha i toni melodrammatici ma è aspra e toccante oggi come allora. Dopo questo ruolo, Anna Magnani, che era già attrice affermata, divenne una delle più grandi stelle del cinema mondiale.

Otto Preminger ebbe a dire una cosa tanto semplice quanto definitiva: “La storia del cinema si divide in due ere: prima e dopo Roma città aperta”.
1947 - Premio Oscar
Candidatura migliore sceneggiatura originale
1946 - Festival di Cannes
Palma d'oro a Roberto Rossellini






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