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Monsieur Lazhar (2011)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 31 lug 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

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Monsieur Lazhar

Canada 2011 dramma 1h35’


Regia: Philippe Falardeau

Soggetto: Évelyne de la Chenelière (piéce teatrale “Bashir Lazhar”)

Sceneggiatura: Philippe Falardeau

Fotografia: Ronald Plante

Montaggio: Stéphane Lafleur

Musiche: Martin Léon

Scenografia: Emmanuel Frechette

Costumi: Francesca Chamberland


Mohamed Fellag: Bachir Lazhar

Sophie Nélisse: Alice L'Écuyer

Emilien Néron: Simon

Danielle Proulx: Madame Vaillancourt

Brigitte Poupart: Claire Lajoie

Jules Philip: Gaston

Daniel Gadouas: Gilbert Danis

Champagne Louis: Concierge

Seddik Benslimane: Abdelmalek

Marie-Ève Beauregard: Marie-Frédérique

Francine Ruel: signora Dumas

Nicole-Sylvie Lagrande: psichiatra


TRAMA: L’insegnante Bachir Lazhar, un maestro improvvisato in una scuola elementare, cerca di far comprendere ai bambini che la vita è fatta di gioia e dolori, forza e fragilità.


Voto 7,5

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Come fu per La donna che canta di Denis Villeneuve (ah, che colpo al mio cuore!), la canadese micro_scope, una società indipendente con sede a Montréal, produce un'opera basata su un testo teatrale in cui riaffiora, nella quotidianità di quel luogo, anche l’asprezza e la spietatezza della Storia. Tratto da una pièce teatrale, narra di un immigrato algerino, Bachir Lazhar, che si propone alla direttrice di una scuola al fine di poter prendere il posto di una insegnante morta tragicamente. Nonostante le differenze culturali e la drammatica storia che ha alle spalle, tra lui e la sua classe si crea un forte coinvolgimento e una spiccata empatia, nonostante i primi giorni di diffidenza, tanto che nessuno sembra sospettare che l’uomo rischia di essere espulso e rimpatriato da un momento all'altro per via del suo passato.

Sono due le tragedie che si incrociano: quella collettiva e di comunità degli scolari – tutti vispi e intelligenti, oltre che fortemente sensibili, com’è giusto che sia a quella età – a causa della perdita tragica della loro amata insegnante Martine, sconvolta da un’accusa infamante e soprattutto ingiustificata. Donna che ha scelto il palcoscenico peggiore per suicidarsi: la stessa aula in cui educava i bambini, per giunta scoperta ormai cadavere da Simon, il ragazzino forse prediletto e che da quel momento prova un profondo senso di colpa che lo affligge. Poi, c’è il dramma personale di Bachir, profugo algerino che, come si scoprirà in seguito, sta rischiando il rimpatrio da parte delle autorità canadesi se non riesce a dimostrare la fondatezza della sua richiesta d’asilo come perseguitato politico. Egli ha perso tragicamente tutta la famiglia nella casa in patria ed ora, mascherando dietro un dolce sorriso e la continua disponibilità caratteriale, mentre assume l’incarico nella scuola, è in pena sia per la sofferenza dei ragazzini a causa della sciagura della maestra che ha sostituito, sia per le sue vicissitudini, di cui non fa mai menzione ai colleghi e specialmente alla direttrice che lo crede un vero insegnante. In realtà in Algeria aveva un ben altro mestiere.

La trama ci scaraventa immediatamente nei primi istanti e con pochi preamboli nel dramma dei giovanissimi: un giorno, durante l’intervallo tra le lezioni, dal cortile della scuola Simon rientra per prelevare delle confezioni di latte da distribuire tra i compagni e passando davanti alla porta della classe intravede il corpo penzolante della sua insegnante. Un pugno nello stomaco dello spettatore, una tremenda mazzata psicologica per gli alunni. Ed ecco entrare in scena Lazhar con il suo sorriso ed un curriculum adatto per farsi assumere, ma anche con la prima difficoltà a relazionarsi con i giovani discenti e a trovare la giusta misura e l’adeguato approccio per instaurare un diverso metodo d’insegnamento rispetto alla precedente insegnante. Tanto che inizialmente i ragazzi sono scettici e guardinghi. Il tempo, l’amicizia che nasce, la fiducia, ogni particolare lavora per appianare ogni asperità. Ma è tangibile come la tragedia avvenuta sia sempre presente nella mente dei giovanissimi ed è pronta ad esplodere da un momento all’altro. Basta una piccola e insignificante miccia e la bomba potrebbe dilaniare gli animi. Nel contempo, l’uomo deve presentarsi negli uffici del commissariato dove viene severamente interrogato per stabilire la giustezza della sua richiesta d’asilo, con il fondato timore che debba tornare in Algeria e ai pericoli che correrebbe.

Philippe Falardeau si concede tutto il tempo necessario per farci conoscere bene i ragazzi: i loro nomi, il carattere, le relazioni tra di loro, soprattutto la simpatia consolidata tra la bella e intelligente Alice e il solito Simon, attratti tra loro ma in continua competizione e facilmente litigiosi, perché la tragedia che li ha colpiti li stimola e li induce ad allusioni provocatorie. I bambini fanno progressi nello studio ma la spada di Damocle è lì, sullo stesso soffitto da cui pende il lampadario tragicamente servito alla stimata maestra Martine. Nello stesso tempo, il regista ci dimostra come il buon Lazhar non ha assunto solo le funzioni del maestro di scuola, ma anche quello della vita, con i suoi suggerimenti educati e persuasivi a proposito della gentilezza, della educazione, della fiducia e dei buoni sentimenti. L’uno verso l’altro. Loro si affezionano (per i bambini è sempre facile) e lui riesce anche ad attirare le simpatie dei colleghi, in particolare Claire, una donna sola che non nasconde come sia rimasta attratta da quest’uomo gentile e delicato. Avances però rispedite al mittente, avendo ben altre preoccupazioni per la testa.

Il finale accentua il mistero dei motivi del suicidio e del giorno e del momento in cui avviene: Martine sapeva che in quella data toccava a Simon prendere il latte? È stato veramente a causa delle dicerie che ha scelto di togliersi la vita? In realtà non lo sapremo mai. Il film si pone delle domande non semplici e non cerca scorciatoie nelle risposte e forse neanche importano. Piuttosto ci espone la situazione non facile, un piano inclinato su cui è difficile stare in equilibrio, in una fase di primaria maturazione mentale dei giovanissimi e il travaglio di un uomo che sta affrontando le proprie ferite e che per questo ha un solo cedimento quando svela il suo passato.

Un film delicato, generoso di sentimenti, scritto bene e ottimamente recitato, a cominciare da Mahamed Fellag, un poliedrico artista che attrae simpatia come una spugna (attore, umorista, commediografo, regista teatrale e scrittore) e che in questi panni fa meraviglie. Accanto a lui bravissimi ragazzini (non è una novità nel cinema) tra cui eccelle l’attricetta che allora si andava affermando: Sophie Nélisse (Storia di una ladra di libri).

Ci pensate se un maestro entra per la prima volta in classe e rivela che Bachir significa “portatore di buone notizie” e Lazhar “fortunato”? Comunque, l’ultimo saluto alla chiusura estiva dell’anno scolastico è commovente.

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Riconoscimenti

2012 – Premio Oscar

Candidatura miglior film straniero

2011 – Toronto International Film Festival

Miglior film canadese

2012 – Festival di Locarno

Variety Piazza Grande Award


 
 
 

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