Nel centro del mirino (1993)
- michemar

- 21 ago
- Tempo di lettura: 5 min

Nel centro del mirino
(In the Line of Fire) USA 1993 thriller 2h8’
Regia: Wolfgang Petersen
Sceneggiatura: Jeff Maguire
Fotografia: John Bailey
Montaggio: Anne V. Coates
Musiche: Ennio Morricone
Scenografia: Lilly Kilvert
Costumi: Erica Edell Phillips
Clint Eastwood: agente Frank Horrigan
John Malkovich: Mitch Leary
Dylan McDermott: agente Al D’Andrea
Rene Russo: agente Lily Raines
John Mahoney: Sam Campagna
Jim Curley: il Presidente
Sally Hughes: first lady
Gregory Alan Williams: agente Matt Wilder
Gary Cole: agente Bill Watts
Fred Dalton Thompson: Harry Sargent
Tobin Bell: Marty Mendoza
Cylk Cozart: agente Cozart
Steve Hytner: agente Tony Carducci
Joshua Malina: agente Chavez
Patrika Darbo: Pam Magnus
John Heard: prof. Riger
TRAMA: Dal giorno in cui hanno ucciso Kennedy a Dallas, Frank Horrigan, un agente dei servizi segreti degli Stati Uniti, non s’è più ripreso. Oggi è a un passo dalla pensione ma è ancora lì a badare alla sicurezza dell’attuale Presidente. Un giorno inizia a farsi vivo un aspirante attentatore, Leary, che dimostra di essere al corrente delle ossessioni dell’agente. Inizia così un duello a distanza.
VOTO 7

Il primo film realizzato con la totale collaborazione dei servizi segreti statunitensi (lo si nota nella efficace rappresentazione di diverse sequenze, tecnicamente attendibili), ci parla di Frank Horrigan (Clint Eastwood), un agente del Secret Service con una lunga esperienza alle spalle. Purtroppo per lui, nel 1963 era addetto alla scorta personale di John Fitzgerald Kennedy, ma a Dallas non riuscì a proteggere il presidente e da allora è tormentato dai sensi di colpa. L’occasione giusta per il riscatto gli si presenta quando viene individuata una nuova minaccia nei confronti del presidente in carica, minaccia rappresentata da Mitch Leary (John Malkovich), che Frank soprannomina Booth (il nome dell’assassino di Abraham Lincoln). Una sera riceve una telefonata dal killer (che pare parecchio ragguagliato sul suo conto), il quale lo informa della sua intenzione di assassinare il presidente e sfida Frank a fermarlo. Dopo essersi fatto assegnare alla scorta del presidente, Frank riceve altre telefonate dal misterioso uomo, il quale lo sfida a una vera e propria partita, psicologia e fisica, che terminerà solo se Horrigan riuscirà a salvare il presidente. Diventano uno l’ossessione dell’altro, in un duello mentale pari ad una partita a scacchi, ma con il rischio serio di un assassinio.
In effetti, nel cuore della storia americana, quel 22 novembre 1963 rimane una ferita sempre aperta. Quel giorno, a Dallas, il presidente John F. Kennedy venne assassinato sotto gli occhi del mondo ma anche quelli del nostro protagonista, che porta ancora il peso di quel fallimento: è uno dei pochi agenti viventi ad aver perso un presidente. Ora, decenni dopo, in un’America nuovamente in fermento per le imminenti elezioni presidenziali, Horrigan si ritrova a fronteggiare un nuovo incubo. Mitch Leary, un Malkovich più inquietante del solito, è tra l’altro un ex agente della CIA, quindi esperto e con un piano preciso: assassinare il presidente, convinto di condividere con il suo avversario un legame invisibile, entrambi traditi da un governo che avevano servito con lealtà. Per questa idea malsana decide di contattare direttamente l’agente, dando il via a un perverso gioco psicologico.
La telefonata tra i due è il punto di svolta. Horrigan, tormentato dal passato e deciso a non fallire di nuovo, si fa assegnare al servizio di protezione del presidente: questa volta, promette a sé stesso, prenderà lui il proiettile, se necessario. Ma Leary ha dalla sua, oltre al suo anonimato, il vantaggio del tempo, della preparazione e di una burocrazia che, nonostante il pericolo evidente, si rifiuta di modificare l’itinerario presidenziale. Ed un’arma non convenzionale e sorprendente. Con l’avvicinarsi delle elezioni, la tensione cresce e le possibilità di evitare una nuova tragedia sembrano assottigliarsi.
John Malkovich, fino a questo film, spesso sottovalutato dal grande pubblico, offre qui una delle sue interpretazioni più memorabili. Già acclamato per il ruolo di Lenny nell’ottimo Uomini e topi di Gary Sinise del 1992, l’attore trova finalmente un palcoscenico che gli consente di brillare. Il suo personaggio psicopatico è un antagonista glaciale, intelligente e spietato, capace di rivaleggiare con Hannibal Lecter per freddezza e complessità psicologica. Un villain che non si limita a minacciare, ma che seduce lo spettatore con la sua logica contorta e la sua calma inquietante.
Rene Russo, nel ruolo dell’agente Lilly Raines, offre una performance solida, la più convincente della sua carriera fino a quel momento. Sebbene il suo personaggio sia inizialmente relegato al ruolo di “vetrina” femminile, come suggerisce lo stesso Horrigan, Russo riesce a infondere dignità e spessore a una parte ingrata, emergendo con forza anche accanto a un gigante come Clint Eastwood. Che, dal canto suo, abbandona la corazza impenetrabile di Dirty Harry per mostrare un volto più umano e vulnerabile. Il suo personaggio è un uomo tormentato, ossessionato dal passato e dalla possibilità di un nuovo fallimento. Non è più solo il duro che spara per primo, ma un individuo capace di introspezione, di emozione, persino di lacrime. Una sfumatura rara nella filmografia dell’attore, che ricorda la sua interpretazione in Gli spietati.
Alla regia, Wolfgang Petersen dimostra ancora una volta la sua maestria nel costruire thriller ad alta tensione. Dopo U-Boot 96 e Prova schiacciante, il regista tedesco orchestra con precisione chirurgica. Il ritmo è serrato, la suspense palpabile e la narrazione si sviluppa con coerenza e intensità. Riesce a trasformare una trama apparentemente convenzionale in un’opera coinvolgente, grazie anche a un cast di ottimo livello. È un thriller che va oltre la formula che ben conosciamo, sebbene dal punto di vista narrativo non reinventa il genere e la struttura è quella classica del thriller politico, con qualche colpo di scena ben piazzato. Ma ciò che lo distingue è la profondità dei personaggi e la tensione costante che permea ogni scena. Il duello psicologico tra Horrigan e Leary è il vero cuore pulsante del film, un confronto che esplora le zone d’ombra dell’animo umano con sorprendente realismo. Resta anche un gran film senza effetti speciali, ma pieno di belle sequenze, come per esempio quella in cui Clint ascolta Miles Davis in solitudine, nella penombra. È merito del regista, appunto, aver unito la figura dell’attore alla sua nota passione per la musica in un tono d’atmosfera che ricorda l’aria crepuscolare che più volte ha ammantato il lavoro registico di Eastwood.
Un bel film tra ossessione, redenzione e tensione politica, che offre una seconda possibilità al protagonista immalinconito, che deve lottare ad armi impari (lui è noto, l’altro no) contro il volto del “male calcolato” rappresentato da Malkovich. Per fortuna, il lato gentile arriva dalla bella presenza di Rene Russo, che rappresenta quindi la fragilità che si contrappone alla brutalità. Bravo su tanti punti il buon Wolfang Petersen, anche per la tensione tenuta fino all’epilogo e a dirigere il buon cast. Bravi anche i responsabili del montaggio e della sceneggiatura.
Riconoscimenti
Oscar 1994
Candidatura al miglior attore non protagonista a John Malkovich
Candidatura alla miglior sceneggiatura originale
Candidatura al miglior montaggio
Golden Globe 1994
Candidatura al miglior attore non protagonista a John Malkovich
BAFTA 1994
Candidatura al miglior attore non protagonista a John Malkovich
Candidatura alla miglior sceneggiatura originale
Candidatura al miglior montaggio

































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