Noi credevamo (2010)
- michemar

- 13 mar 2021
- Tempo di lettura: 3 min

Noi credevamo
Italia 2010 storico 2h50’
Regia: Mario Martone
Soggetto: Anna Banti (romanzo)
Sceneggiatura: Mario Martone, Giancarlo De Cataldo
Fotografia: Renato Berta
Montaggio: Jacopo Quadri
Musiche: Hubert Westkemper
Scenografia: Emita Frigato
Costumi: Ursula Patzak
Luigi Pisani: Salvatore Tambasco
Luigi Lo Cascio: Domenico Lopresti
Valerio Binasco: Angelo Cammarota
Francesca Inaudi: Cristina di Belgiojoso da giovane
Andrea Bosca: Angelo Cammarota da giovane
Edoardo Natoli: Domenico Lopresti da giovane
Guido Caprino: Felice Orsini
Renato Carpentieri: Carlo Poerio
Michele Riondino: Saverio Tambasco
Peppino Mazzotta: Don Carmine Lopresti
Franco Ravera: Antonio Gomez
Stefano Cassetti: Carlo Di Rudio
Andrea Renzi: Sigismondo Castromediano
Ivan Franek: Simon Bernard
Roberto De Francesco: Ludovico
Toni Servillo: Giuseppe Mazzini
Luca Barbareschi: Antonio Gallenga
Fiona Shaw: Emilie Ashurst
Luca Zingaretti: Francesco Crispi
Anna Bonaiuto: Cristina di Belgiojoso
TRAMA: Tre ragazzi del sud Italia, in seguito alla feroce repressione borbonica dei moti che nel 1828 vedono coinvolte le loro famiglie, maturano la decisione di affiliarsi alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. Attraverso quattro episodi che corrispondono ad altrettante pagine oscure del processo risorgimentale per l'Unità d'Italia, le vite di Domenico, Angelo e Salvatore verranno segnate tragicamente dalla loro missione di cospiratori e rivoluzionari, sospese come saranno tra rigore morale e pulsione omicida, spirito di sacrificio e paura, carcere e clandestinità, slanci ideali e disillusioni politiche.
Voto 8

La ricostruzione storica della unificazione della nostra Italia è qui raccontata da uno dei più impegnati dei nostri registi, Mario Martone, autore vocato alla narrazione di quegli avvenimenti storici che sono stati la base della nascita della nostra bella Repubblica e di figure essenziali della nostra Letteratura. Martone stesso alla presentazione del meraviglioso film su Giacomo Leopardi faceva volentieri riferimento a questo film, quando diceva che più o meno tutti i suoi lavori sono concatenati, in particolare appunto Il giovane favoloso (recensione) e questa opera.

E spiegava anche: “Parla dell’oggi, è un film politico prima che storico; racconta il passato ma aiuta a capire cosa è successo e come si è arrivati alle contraddizioni che adesso sono proprie dell’Italia.” Un critico della levatura di Mario Sesti scrive: “Dall'aspirazione velleitaria di giovani meridionali antiborbonici ai circoli intellettuali di esuli e patrioti a Parigi e a Londra, dal terrorismo risorgimentale alla repressione sudista dei Savoia, dal romanticismo nobiliare alle plebi rivoltose, dalle esecuzioni in piazza ai salotti aristocratici, dalle sonate di Bellini alle imboscate sull'Aspromonte, dalle prigioni cavernose alle baie scintillanti, da Mazzini a Crispi, il Risorgimento destrutturato da Martone e De Cataldo somiglia a uno sceneggiato quanto la Divina Commedia a un romanzo di fantascienza…. Un coro possente in un teatro antico e secolare dai velluti consunti, gli specchi opachi, le macchie d'umido sulle pareti, che intreccia voci e volti di Toni Servillo, Luca Zingaretti, Valerio Binasco e Luigi LoCascio, sopra tutti gli altri.”


Ambientato durante il Risorgimento, il film segue le vicende di tre giovani che si uniscono alla Giovine Italia animati da ideali patriottici e repubblicani. Sicuramente uno dei film più importanti degli ultimi anni, è un’opera impegnativa per chi lo ha realizzato e per chi assiste alla proiezione e Mario Martone si conferma quel regista autorevole che ben conosciamo, tra cinema e teatro sempre allo stesso impegno e livello, anche come recitazione di questo favoloso cast.

Sebbene il film abbia in maniera inequivocabile una regia antiretorica e asciutta e uno stile interpretativo, da parte dei numerosissimi e straordinari attori magnificamente diretti, più da palcoscenico che da set cinematografico, è un’opera così affascinante che se ci si lascia coinvolgere si percepisce come epica, anche se è un aggettivo fuori luogo, ma è proprio nella magniloquenza e nella maestosità che si scopre la sua bellezza e importanza storica. Come una storia epica, che commuove e dà orgoglio.






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