Notizie dal mondo (2020)
- michemar

- 13 feb 2021
- Tempo di lettura: 7 min

Notizie dal mondo
(News of the World) USA/Cina 2020 dramma/avventura 1h58’
Regia: Paul Greengrass
Soggetto: Paulette Jiles (romanzo)
Sceneggiatura: Luke Davies, Paul Greengrass
Fotografia: Dariusz Wolski
Montaggio: William Goldenberg
Musiche: James Newton Howard
Scenografia: David Crank
Costumi: Mark Bridges
Tom Hanks: cap. Jefferson Kyle Kidd
Helena Zengel: Johanna Leonberger
Elizabeth Marvel: Gannett
Michael Angelo Covino: Almay
Mare Winningham: Jane
Neil Sandilands: Wilhelm Leonberger
Chukwudi Iwuji: Charles Edgefield
Christopher Hagen: Durand
Thomas Francis Murphy: Merritt Farley
TRAMA: Cinque anni dopo la fine della Guerra civile americana, il capitano Jefferson Kyle Kidd, vedovo e veterano che ha combattuto tre guerre, si sposta di città in città come narratore, raccontando storie di presidenti, regine, gloriose faide, catastrofi devastanti e avvincenti avventure dai luoghi più remoti del mondo. Nelle pianure del Texas, incontra Johanna, una bambina di dieci anni accolta dai Kiowa sei anni prima e cresciuta come una di loro. Ostile a un mondo che non ha mai sperimentato, Johanna deve essere riportata contro la sua stessa volontà alla zia e allo zio biologici. Kidd accetta di accompagnare la piccola ma, durante il viaggio per centinaia di miglia nelle lande selvagge, i due si ritrovano ad affrontare enormi sfide, sia umane sia naturali, mentre cercano un posto che entrambi possano chiamare casa.
Voto 7,5

Dopo il notevole Hostiles - Ostili (Hostiles) di Scott Cooper del 2017 (recensione), mi ero detto che finalmente qualcosa di nuovo e soprattutto di diverso si muoveva nel Hollywood system a proposito del genere sempre amato del western. E quando meno me lo aspettavo ecco un altro colpo di cannone, un bell’esempio di film di genere ma fuori da ogni solito schema, magari mescolandolo con l’avventura e il dramma, per giunta con la firma di un regista che abbiamo apprezzato negli anni con operazioni ben differenti. Film d’azione, di guerra, i suoi, cioè sempre di movimento e quasi sempre con armi spianate, apprezzati in tutto il mondo e ancora oggi validi per essere rivisti ogni tanto. Anomalo, si diceva, perché il protagonista ex capitano Kidd, un enorme Tom Hanks, non è un pistolero, né tantomeno un cowboy, ma una persona perbene come l’attore, perenne esempio di uomo educato, moderato, disponibile, che invecchiando non perde un grammo di quell’incantesimo che lo accompagna dai primi film. Un ex ufficiale della Guerra Civile Americana animato dalla voglia di limare i caratteracci dei reduci della sanguinosa rivalità tra il Nord ed il Sud, di far capire alla gente comune e ignorante, ma ancora rancorosa, che solo la cultura e la convivenza civile può portare la pace e la prosperità, dopo tanti lutti. E per far ciò gira l’intero sud degli Stati Uniti, paese per paese, villaggio dopo villaggio, portando con sé giornali locali e nazionali (nei limiti di ciò che questo vuol dire in quei tempi) e leggere le notizie, più o meno fresche alla gente riunita in locali stracolmi. Gli basta ricevere le monete offerte dagli ascoltatori per sbarcare il lunario e, chissà, tornare un giorno nel suo Texas dove a San Antonio pare ci sia ancora la moglie ad attenderlo.

Non si sa molto di quest’uomo, solo quello che dice con voce stentorea quando si presenta agli agricoltori, ai cowboys, ai soldati che sorvegliano e ai brutti ceffi che raccoglie al suo ascolto: Buonasera gentlmen, sono il capitano Jefferson Kyle Kidd e sono qui per raccontarvi storie vere appena successe in questi giorni. Non si intuisce se la moglie lo aspetta ancora, se ha dei figli e cosa faceva prima dei maledetti quattro anni sprecati in guerra, periodo che recrimina ancora oggi, sapendo di aver visto cose orrende e di aver commesso atti che si rimprovera, ma tant’è, la guerra è fatta così. Durante uno dei suoi trasferimenti scopre i resti di un carro evidentemente oggetto di un assalto vicino al quale c’è un uomo impiccato al ramo di un albero ed una ragazzina che scappa via vedendolo avvicinarsi. Deve inseguirla, bloccarla, chiederle cosa è successo ma non ottiene risposte: è troppo terrorizzata e soprattutto parla una strana lingua. È infatti, intuisce subito, il linguaggio della tribù dei kiowa, pur essendo dalla pelle chiara e biondissima. Scopriremo in seguito che lei fu l’unica sopravvissuta al barbaro sterminio della sua famiglia ad opera di soldati nemici e che venne amorevolmente accolta da una famiglia pellerossa e cresciuta ovviamente con le loro usanze. Da una documentazione raccolta vicino al carro distrutto il capitano è in grado di capire che la bimba, di nome Johanna, è di origine tedesca, come i tanti immigrati che si sono stabiliti in un villaggio non lontano dalla sua casa di San Antonio. Non resta che portarla al reparto dell’esercito che cura i ricongiungimenti ma dopo aver capito che - anche allora - la burocrazia non avrebbe aiutato più di tanto la piccola, Kidd decide di affrontare un faticoso viaggio di settimane e le spianate desertiche del Texas per riconsegnarla ai parenti. E quindi il racconto diventa una storia di strada (è necessario ripetere on the road?), un pellegrinaggio pericoloso che diventa addirittura azzardato dal momento che la ragazzina fa gola agli sbandati che la adocchiano. Una trasferta che offre l’occasione per la nascita di un rapporto di affetto sincero che unisce un brav’uomo e una silenziosa bimba selvatica che scopre di potersi fidare dell’altro. E lo fa senza condizioni. Un viaggio di sofferenze e di pericoli che si trasforma in un itinerario dell’anima e del cuore.

Il capitano Jefferson Kyle Kidd è un uomo che da soldato, controvoglia e solo per dovere, si è trasformato in lettore di notizie, considerando questo lavoro come una missione per unire un Paese lacerato dalla Guerra Civile, per dare un messaggio alla gente comune che qualcosa di positivo si può fare, scegliendo notizie politicamente e socialmente importanti ma anche originali e spiritose, come quella del finale conclusivo e lenitivo. Kidd è una persona che si ritrova nell’età del bilancio esistenziale, in una fase caratteristica della maturazione. Quando si hanno figli e si vuole che vivano in un mondo migliore e diverso, bisogna adoprarsi affinché questo avvenga e quindi il viaggio del protagonista che cerca una casa per la ragazzina è anche un cammino verso un futuro migliore. Anche se nell’animo ci si trascina pesi che non fanno dormire. Kidd sa bene quanto la nazione sia divisa, quanto rancore portino le persone verso chi è stato nemico, quanta sofferenza e lutti abbia portato la guerra fratricida: dentro di sé abitano ombre e demoni e quel viaggio può essere un risarcimento dell’anima e la redenzione che lo acquieti, che dia pace anche alla tomba che andrà a visitare commosso, rimpiangendo il tempo sprecato e non goduto con la persona più cara della sua vita.

Solo Tom Hank poteva essere Kidd. Per il semplice motivo che lui, attore enorme, buono per mille personaggi buoni, è l’unico erede dei grandi buoni del passato. Da James Stewart da Henry Fonda da Gary Cooper lui ha ereditato il meglio dell’americano che sa accarezzare, sorridere, allungare lo sguardo sull’orizzonte, tranquillo e sereno perché conscio di aver adempiuto ai doveri, che ha dato tutto anche se pretenderebbe da sé ancora di più. Tom Hanks è colui il quale ha avuto il compito di presentare la cerimonia dell’insediamento del nuovo presidente Biden, è colui il quale ha avuto il coronavirus e ne è guarito dando un messaggio di speranza alle persone, come quando legge qui le notizie piacevoli e del progresso che arrivava alla fine del 1800 nel lontano ovest: la ferrovia, il lavoro, il probabile benessere. Tom Hanks è colui al quale non si arriverà a dare un semplice Oscar alla carriera un giorno (spero vicino) piuttosto (perché no?) sarebbe un sogno dargli l’opportunità di diventare Presidente, magari del mondo. Sento il dovere di scrivere queste cose di lui perché anch’io devo pagare pegno: anni fa non lo amavo molto ma arrivò il giorno che lo vidi in originale e capovolsi letteralmente il mio giudizio su di lui. Ancora una volta il doppiaggio mi aveva impedito di conoscerlo e giudicarlo bene e quando ciò è successo ho cominciato a capire la sua grandezza di attore. Gli darei un Oscar all’anno.

La piccola Johanna, che poi scopriremo chiamarsi Leonberger di cognome, è interpretata da Helena Zengel, una ragazzina tedesca che all’epoca del set aveva solo 12 anni e - come scrivo sempre - a lavorare con i bambini (diceva Vittorio De Sica) ci si perde sempre perché si rischia fare brutta figura. Tom Hanks è troppo grande per capitargli questo, ma ciò non toglie che la bella Helena stupisce per la sicurezza della recitazione, per le espressioni infallibili che sa usare, per le pause che non capisco dove e quando abbia imparato. E tanto per completare la sorpresa, la Zengel è da pochi giorni la più giovane candidata ai Golden Globe della storia del cinema, nella categoria della miglior attrice non protagonista! Ha un bel visino tondo, bionda, che tanto mi ricorda la piccola Jennifer Lawrence: ha una strada tracciata?

Paul Greengrass ci ha abituati a film di carattere e di ottima fattura ma ultimamente lo trovo perfino migliore: forse nella maturità artistica e anagrafica sta dando, come è ovvio, i migliori risultati della sua più che soddisfacente carriera. Oltre a tanti buoni film, oltre alla eccellente serie di Jason Bourne, la sua visione di un cinema d’indagine dell’animo umano e delle anomalie della società moderna (e antica come nel West) lo aveva portato a partorire nel 2018 una pellicola notevole come 22 luglio (recensione) ed ora ne abbiamo una conferma inequivocabile.
Questo non è il solito western, come dicevo nell’introduzione, non è nella tradizione hollywoodiana: è molto di più, è uno sguardo malinconico ma pieno di speranza per il futuro dell’America, anche se Greengrass è britannico di nascita. Perché lui guarda al mondo, all’uomo della Terra, la cui natura selvaggia ha saputo fotografare nella essenza impervia e aspra, con le mille insidie che nasconde.

Per come ha voluto inquadrare i pellerossa nella narrazione, è un po’ anche la storia di noi appassionati di cinema: eravamo cresciuti con i bianchi buoni e gli indiani cattivissimi e senza civiltà, poi arrivarono Un uomo chiamato cavallo e soprattutto Soldato blu, quando capimmo che non ce l’avevano raccontata giusta. A chiudere il discorso ci ha pensato Kevin Costner, quando diventò chiaro che gli indians era i legittimi abitanti delle pianure e dei fiumi nordamericani. I bianchi sono stati gli invasori illegittimi e barbari, che hanno usato violenza e genocidio verso un popolo pacifico e pieno di tradizioni rispettosi della Terra. Questo bellissimo film contribuisce a scrivere un’altra pagina a favore degli indigeni, che ricevono il giusto omaggio nella scena in cui Johanna si avvicina ad un triste corteo di pellerossa – inquadrati nella nuvola di una tempesta di sabbia come in una visione onirica - che si trasferisce verso l’ignota fine e il capo la dona un cavallo a lei per salvarsi. Mentre altrove i bianchi, reduci militari contadini banditi, fanno ancora giustizia da soli in bande armate che sfruttano i poveri manovali di colore, schiavi prima e dopo il conflitto.
È bellissimo il nuovo western, in special modo questo, in cui si rileva una assoluta novità, un personaggio nuovo: un lettore di notizie. Mai visto o raccontato fino adesso. Così come lo racconta il romanzo di Paulette Jiles: News of the World.






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