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Omicidio in diretta (1998)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 18 gen 2024
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 14 dic

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Omicidio in diretta

(Snake Eyes) USA 1998 thriller 1h38’


Regia: Brian De Palma

Sceneggiatura: David Koepp

Fotografia: Stephen H. Burum

Montaggio: Bill Pankow

Musiche: Ryūichi Sakamoto

Scenografia: Anne Pritchard

Costumi: Odette Gadoury


Nicolas Cage: det. Rick Santoro

Gary Sinise: comandante Kevin Dunne

John Heard: Gilbert Powell

Carla Gugino: Julia Costello

Stan Shaw: Lincoln Tyler

Kevin Dunn: Lou Logan

Michael Rispoli: Jimmy George

Joel Fabiani: Charles Kirkland

David Anthony Higgins: Ned Campbell

Mike Starr: Walt McGahn

Peter McRobbie: ag. FBI Gordon Pritzker

Luis Guzmán: Cyrus


TRAMA: Durante un incontro di boxe, valido per la conquista del titolo dei pesi massimi, il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti viene assassinato. Di colpo i quattordicimila spettatori diventano tutti potenziali testimoni e potenziali assassini. Kevin, l’ufficiale di marina incaricato della sua protezione e Rick, un suo amico, agente di polizia coinvolto in episodi di corruzione, iniziano le indagini.


Voto 7


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Ci sono thriller e film d’azione che partono sparati e altri che aprono con la lentezza del vivere quotidiano, magari in un bar durante la colazione, un viaggio di piacere, e così via. Questo ha un avvio del primo tipo ma non basta per essere paragonato agli altri, è molto di più. È una sequenza di introduzione che ha qualcosa di caotico ordinato, di paranoico come la vita ingarbugliata di Rick Santoro, detective della polizia sempre su di giri tra corruzione, scommesse per guadagnare presto dei dollari che gli servono per far un regalo costoso alla sua amante, intrecci e abusi con la piccola criminalità. Una vita totalmente diversa rispetto all’amico di sempre che invece è un ufficiale della marina.



Pronti, via, e la prima inquadratura è dedicata alla reporter di una televisione locale che presenta in diretta il grande evento di pugilato, valevole per il titolo mondiale dei pesi massimi, davanti all’ingresso del Millennium di Atlantic City, lo stadio in cui si stanno recando migliaia di appassionati, tra cui il Segretario alla Difesa Charles Kirkland. La giornalista è coperta da un impermeabile rosso perché sta imperversando un temporale potente, tanto da essere definito da questa come un vero uragano. Ma a chi può interessare se c’è un evento sportivo di tale importanza? Vicino a lei un altro giornalista pronto per il collegamento, a cui si avvicina il detective Rick Santoro (Nicolas Cage), sempre vivace e chiacchierone, che entra nel tunnel d’ingresso mentre chiama al cellulare l’amante (promettendo una eccitante serata da trascorrere dopo l’incontro), poi la telefonata della moglie. Non ha tempo né pazienza, deve trovare soldi per scommettere, deve sedersi in prima fila, deve assistere al match, insieme agli altri 14.000 spettatori urlanti. Vicino a lui, in seconda fila, arriva il politico che l’amico in divisa, il comandante Kevin Dunne (Gary Sinise), deve proteggere coadiuvato da una squadra di agenti. Nel caos del tifo, però, si possono notare alcuni soggetti da tenere d’occhio, sospettabili ai fini della sicurezza: una rossa sexy e appariscente, un uomo misterioso al telefono, ma soprattutto ecco arrivare una bionda in tailleur bianco, Julia Costello (Carla Gugino), che non passa inosservata e si siede a fianco a Rick e davanti al politico, a cui rivolge alcune parole.



L’incontro ha inizio, si sentono i colpi dei guantoni ma la regia ignora i pugili, siamo sempre con la macchina davanti al detective mai fermo un minuto, come la cinepresa. Quando, inaspettatamente, dopo non molti secondi dall’inizio del primo round si verifica il KO e il telefono dell’agente squilla ancora, si ode un colpo che colpisce alla gola il Segretario ed un altro sfiora il braccio della bionda. Cosa c’è di strano e di innovativo in questa prima scena? Semplice e innovativo, per quei tempi: è una dozzina di minuti di un solo ed unico piano sequenza, sin dalla pioggia scrosciante che cade fuori dal complesso stadio-albergo. Un’unica ripresa senza stacchi, rumorosa e caotica come la vita di Santoro. Ma ecco il cambio, l’inquadratura è dall’alto e panoramica, mentre i colpi fragorosi di arma da fuoco si susseguono e la folla intorno al ring è in pieno panico man mano che si rendono conto di ciò che sta accadendo. Quello che non doveva accadere è successo ed ora il responsabile della sicurezza Kevin Dunne deve prendere decisioni. Blocca le uscite ed inizia la ricerca affannosa del killer.



Un incipit di questa maniera non è frequente, con un solo e continuo piano sequenza meno che mai: Brian De Palma ha dato il via ad una full immersion ad altissima tensione dentro un giallo che non ha avuto un secondo di pausa dal primo frame. E solo adesso ci si rende conto che la bionda, ferita di striscio ad un braccio, buttata a terra da Santoro per proteggerla, ha perso la parrucca mostrando i suoi reali capelli neri, fuggendo e mimetizzandosi tra la folla urlante. Man mano che la storia procede, non si può fare a meno di notare gli accessori appariscenti che vengono inseriti solo per divertimento da De Palma, come quella rossa formosa. Il regista ha sempre preferito giocare a ingegnosi giochi tecnologici piuttosto che sviluppare personaggi e avere un senso narrativo, e anche in questo film si diverte a prendere alcune tangenti ingannevoli.



De Palma non si smentisce neanche per altri particolari. Il film, che raramente si avventura al di fuori del complesso alberghiero e del resort, riproduce l’assassinio da varie prospettive, tra cui quella dei pugili (in una scena di boxe che sembra e suona palesemente finta e il motivo c’è). In un’altra interessante sequenza, il sistema di sorveglianza dell’hotel diventa uno strumento fondamentale per localizzare le stanze dove forse si è rifugiato l’assassino. Durante questa scena, la macchina da presa (riecco i tic del regista) assume un atteggiamento voyeuristico e diventa una spia dall’alto per osservare ciò che accade in diverse suite.



Il seguito è il tipico thriller con non poche sorprese e capovolgimenti, che riguardano perfino quello che pareva l’irreprensibile ufficiale della Marina, che – cosa che non ci si sarebbe mai aspettata – causa una trasformazione imprevedibile del poco affidabile detective in guardiano incorruttibile della verità e della giustizia. Insomma, dopo averci invitato a disprezzare Rick, il film ci chiede di fare un respiro profondo e di cominciare a pensare che sotto questo apparente fannullone e affaristico poliziotto si celi, in realtà, una persona dalla coscienza solida come una roccia, che non si lascia corrompere (!). Vederlo concludere la storia come un piccolo eroe ma, in questa fase, sfortunato per non poter godere della fama conquistata, stupisce ma solo fino ad un certo punto.


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Gary Sinise è davvero bravo e Nicolas Cage va a nozze con un ruolo che gli calza a pennello: d’altronde i registi che lo impiegano conoscono bene le sue caratteristiche e questo suo Rick, schizofrenico e isterico, implicato in molte attività per mantenere famiglia e donne, è un personaggio che lui sa come trattare. I personaggi di De Palma sono sempre particolari e intorno a loro ricama storie spesso spiazzanti, ai limiti dell’ordinarietà, anzi molto frequentemente oltre le righe. Ma ci disorienta sempre durante la narrazione con sorprese che ci costringono ad inversioni ad U, come questa volta. Il suo cinema è quasi sempre artificioso, tecnologico, che strizza l’occhio all’eros, capace con la macchina da presa di compiere virtuosismi che in tanti hanno copiato.


Ci sono attimi in questo film che bisogna tenere le cinture allacciate.



 
 
 

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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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