Opera senza autore (2018)
- michemar
- 4 giu 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 9 mag 2023

Opera senza autore
(Werk ohne Autor) Germania/Italia 2018 biografico 3h9’
Regia: Florian Henckel von Donnersmarck
Sceneggiatura: Florian Henckel von Donnersmarck
Fotografia: Caleb Deschanel
Montaggio: Paatricia Rommel, Patrick Sanchez-Smith
Musiche: Max Richter
Scenografia: Silke Buhr
Costumi: Gabriele Binder
Tom Schilling: Kurt Barnert
Sebastian Koch: prof. Carl Seeband
Paula Beer: Ellie Seeband
Saskia Rosendahl: Elisabeth May
Oliver Masucci: prof. Antonius van Verten
Ina Weisse: Martha Seeband
Florian Bartholomäi: Günther May
Hans-Uwe Bauer: prof. Horst Grimma
Ben Becker: caporeparto
Antonia Bill: infermiera
Rainer Bock: dr. Burghart Kroll
TRAMA: Il giovane artista Kurt Barnert si è rifugiato nella Germania dell'Ovest ma continua a essere tormentato dalle esperienze che ha fatto durante l'infanzia e la giovinezza sotto il nazismo e il successivo regime della DDR. Quando incontra la studentessa Ellie, Kurt si convince di aver incontrato l'amore della sua vita e inizia a creare dipinti che rispecchiano non solo il suo destino ma anche i traumi di un'intera generazione. Troverà però la dura opposizione del padre di lei.
Voto 6

Che in TV possa iniziare anche mezz’ora prima del consueto indica già a priori quanto sia lunga questa “opera”, che non è senza autore, anzi è del premiato Florian Henckel von Donnersmarck (Le vite degli altri, recensione) alla sua terza regia. Un’opera così corposa (3 ore e 9 minuti) che sembra proporzionale al suo fisico (è alto 2 metri e 5 centimetri), ma non è un colossal, piuttosto un film mastodontico, pieno di avvenimenti, una storia lunga una vita.

Ricordo che da ragazzino lessi che la preoccupazione principale di un accorto oratore non era tanto quando vedeva gli astanti guardare l’orologio, ma piuttosto se subito dopo lo accostavano all’orecchio (il classico ticchettio dell’orologio, adesso non esiste quasi più). Ecco, guardando questo film mi è capitato di controllare quanto mancasse alla fine. Film pesante? insignificante? No, forse interessante lo è anche, ma è piatto, fin troppo lineare, con vari tentativi di emozionare invano (almeno per me) il pubblico quando invece la trama avanza come un imponente fiume tedesco che attraversa pianure e città senza curarsi del resto della natura.

Ispirato a fatti realmente accaduti, il film racconta tre epoche di storia tedesca attraverso l'intensa vita dell'artista Kurt Barnert, dal suo amore appassionato per Elisabeth, al complicato rapporto con il suocero, l'ambiguo professor Seeband che, disapprovando la scelta della figlia, cerca di porre fine alla relazione tra Kurt ed Elisabeth. Quello che nessuno sa è che le loro vite sono già legate da un terribile crimine commesso da Seeband decenni prima. Florian Henckel von Donnersmarck ha scritto la sceneggiatura basandosi su eventi realmente accaduti: il personaggio principale è basato sulla storia della vita del pittore tedesco Gerhard Richter, raccontata nel libro Ein Maler aus Deutschland. Gerhard Richter. Das Drama einer Familie del giornalista Jürgen Schreiber.

Ad essere più sintetici, direi che risulta un vero feuilleton televisivo più che cinematografico, un contesto che potrebbe pericolosamente trasformarsi in una serie TV, tanto è lungo e tanto potrebbe allungarsi. Una lunga fiction. Che per me è sempre la morte del cinema. A molti è anche piaciuto e la mia sufficienza si rivela molto generosa, dovuta almeno all’enorme impegno tecnico e artistico e per la devozione che hanno dedicato i vari attori, piccoli e grandi, ad iniziare dal più famoso Sebastian Koch e dalla presenza mai trascurabile della bella Paula Beer (Frantz, recensione, La donna dello scrittore).
A prescindere da questi due nomi ben noti, da notare il protagonista Tom Schilling, nato a Berlino Est, l'ideale per un film come questo, che già avevo scoperto in un piccolo cult che a molti sembrerà di un altro pianeta, il sorprendente Oh Boy: Un caffè a Berlino, che (sono convinto) non si vedrà mai in TV ma che per fortuna fa parte della mia videoteca. Era già in quella occasione un attore spigoloso, duttile, a tratti sconcertante, bravo, in poche parole. In precedenza si era distinto ancora, con quella faccia a cui non si riesce a dare la giusta età, in I ragazzi del Reich, ma per come sia cercato lo dimostra che a soli 38 anni ha già un carnet di ben 62 presenze tra schermo piccolo e grande.

Ci si può appassionare anche emotivamente, oppure ci si può annoiare. A voi la sentenza.
Premio Oscar 2019
Candidatura miglior film straniero
Candidatura miglior fotografia
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