Oppenheimer (2023)
- michemar

- 24 feb 2024
- Tempo di lettura: 11 min
Aggiornamento: 11 mar 2024

Oppenheimer
USA/UK 2023 biografico 3h
Regia: Christopher Nolan
Soggetto: Kai Bird e Martin J. Sherwin (Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica)
Sceneggiatura: Christopher Nolan
Fotografia: Hoyte van Hoytema
Montaggio: Jennifer Lame
Musiche: Ludwig Göransson
Scenografia: Ruth De Jong
Costumi: Ellen Mirojnick
Cillian Murphy: J. Robert Oppenheimer
Emily Blunt: Katherine “Kitty” Oppenheimer
Matt Damon: generale Leslie Groves
Robert Downey Jr.: Lewis Strauss
Florence Pugh: Jean Tatlock
Josh Hartnett: Ernest Lawrence
Jason Clarke: Roger Robb
Casey Affleck: Boris Pash
Rami Malek: David L. Hill
David Krumholtz: Isidor Tabi
Kenneth Branagh: Niels Bohr
Alden Ehrenreich: aiutante del Senato
Macon Blair: avvocato Lloyd Garrison
James D’Arcy: Patrick Blackett
Tom Conti: Albert Einstein
Jefferson Hall: Haakon Chevalier
Britt Kyle: Barbara Chevalier
Matthew Modine: Vannevar Bush
Dane DeHaan: Kenneth Nichols
Benny Safdie: Edward Teller
Danny Deferrari: Enrico Fermi
Tony Goldwyn: Gordon Gray
Michael Angarano: Robert Serber
Gary Oldman: Harry Truman
Hap Lawrence: Lyndon Johnson
TRAMA: La storia dello scienziato americano J. Robert Oppenheimer e del suo ruolo nello sviluppo della bomba atomica.
Voto 9

La storia di un uomo che voleva essere lasciato in pace alla sua scienza ma che il momento storico – la guerra, l’intervento degli USA, le pressioni militari – ha spinto le sue approfondite conoscenze e il suo enorme talento verso la definizione di una arma tremenda. La storia di un uomo che aveva idee di sinistra in un’America che ha sempre messo i comunisti allo stesso livello dei nazisti e per questo da epurare e mettere a tacere, nonostante il contributo alla patria. Per questo processato come una persona eversiva e dall’altare è sceso nella polvere, non avendo più diritto al nullaosta alla sicurezza, messo sulla sedia degli accusati come un Giordano Bruno, senza diritti legali e giuridici minimi per un processo a porte aperte e le garanzie di cui ogni cittadino ha diritto. Nessuna prova delle accuse: bastò l’enunciazione. Ma la coerenza e l’onestà intellettuale, di cui era dotato, non lo fecero piegare e si difese solo come poteva. Dalla gloria della prova generale dell’esplosione nel deserto di Los Alamos, dalla copertina del Times, all’accontamento definitivo, tra la derisione del Presidente Truman e le manovre, più o meno sotterranee di Lewis Strauss, il politico di spicco nello sviluppo delle armi nucleari, per anni componente, prima come membro e poi come presidente, della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti d'America, la AEC: il vero artefice della caduta dello scienziato Oppenheimer. Dalle idee socialiste, donnaiolo impenitente, in sofferenza per la perdita tragica di una delle sue amanti, Jean Tatlock (Florence Pugh), coerente fino al suicidio professionale, sicuro delle proprie intuizioni ma rispettoso delle menti a lui superiori (la devozione per Einstein è quasi commovente), ma anche affezionato alla moglie Kitty (Emily Blunt), altra esponente del pensiero comunista in quegli anni.

Nel 1926, il 22enne J. Robert Oppenheimer (Cillian Murphy) è un brillante studente di fisica, laureato a Cambridge dove ha modo di venire in contatto con Niels Bohr (Kenneth Branagh) che, intuitene le capacità, gli suggerisce di studiare fisica teorica a Gottinga, dove completa il suo dottorato di ricerca e incontra Isidor Rabi, uno dei tanti scienziati con cui collaborerà in seguito. Diventa titolare di un dottorato nell’università tedesca dove ha la possibilità di incontrare il più celebre collega Werner Heisenberg. Dopo essere tornato negli Stati Uniti, comincia a insegnare a Berkeley e al California Institute of Technology continuando a espandere il suo percorso di ricerca nella fisica quantistica. Tutto cambia – la sua vita, quella dell’America, della guerra - nel 1942, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale con i nazisti che, a quanto pare, sono vicini alla realizzazione di una bomba di potenza devastante, quando il generale dell’esercito americano Leslie Groves (Matt Damon) lo recluta come responsabile del Progetto Manhattan per sviluppare la bomba atomica, il programma militare statunitense top secret con cui un team nutritissimo di fisici americani e scienziati profughi europei devono cooperare per produrre l’arma finale. Oppenheimer, di famiglia ebrea, accetta il ruolo, ben consapevole che gli scienziati nazisti, sotto la guida di Heisenberg, stanno portando avanti lo stesso tipo di ricerca. Diventa così una corsa contro il tempo per battere i nemici europei, ma nello stesso tempo è chiaro che serve molto tempo per sviluppare le nozioni di base in possesso e giungere ad un’arma potentissima di cui non si conoscono i limiti. Tanto che la perplessità maggiore riguarda i confini dei danni che una esplosione può provocare e c’è chi teme che la potenziale reazione possa non fermarsi circoscritta, ma possa espandersi fino a dar fuoco a tutta l’atmosfera terrestre, distruggendo completamente il pianeta. Solo la mente serena ed esperta del vecchio Einstein (Tom Conti) può tranquillizzare i timori, fondati, di Oppenheimer.

“Mi è stato chiesto se in futuro, sarà possibile uccidere 40 milioni di americani, usando le bombe atomiche in un’unica notte. Purtroppo, la risposta a questa domanda è sì.” Questa affermazione può essere la sintesi dei timori e ciò che vede dallo sviluppo dell’arma lo spaventa: pensa all’umanità che sta combattendo contro il temibile nemico e ha paura dei risultati. Ma la corsa all’armamento non si può fermare, pena la sconfitta in guerra e la vittoria del nazismo. Non basta neanche la notizia della morte di Hitler e l’evidente prossimo trionfo della democrazia, perché non tutti i nemici sono in débâcle: il Giappone è sempre attivo e pericoloso. E difatti i politici e il comando americano sono decisi ad usare la bomba atomica su un paio di città nipponiche a scelta tra un elenco che include persino Tokyo, risparmiata solo per un particolare affettivo di chi deve decidere quale città bombardare. Così l’opzione cadde su Hiroshima e Nagasaki. Con le tragicissime conseguenze che conosciamo e che si protrassero per anni e anni sulla popolazione.

Non è una trama, tra l’altro fedele alla Storia, da potersi raccontare brevemente: è un film potente, complesso, stratificato, una piovra dalle tante braccia, dai mille risvolti, con un personaggio centrale altrettanto complesso sebbene caratterizzato da indecisioni e ripensamenti. Certamente problematico, visionario, ma non arrivista. L’intuito, il talento, la visione, la mente eccelsa, aiutato dai valenti colleghi, lo conducono in maniera inevitabile al risultato che ottenne. Non del tutto merito suo ma anche degli studi di quei colleghi, ognuno specializzato in rami specifici, con l’effetto finale di un congegno che metteva paura. Christopher Nolan lo introduce con una didascalia che non lascia scampo: “Prometeo rubò il fuoco agli dèi e lo diede all’uomo. Per questo venne incatenato a una roccia e torturato per l’eternità.” Oppenheimer è quel titano che trova il fuoco maledetto che solo in un secondo momento si accorge che le sue scoperte scientifiche sarebbero state usate come armi di distruzione di massa. Ne è fiero ma anche spaventato, quindi dibattuto, tra le vicende scientifiche e quelle umane personali. Nolan ci porta entrambi i lati offrendoceli contemporaneamente, come una spola tra lo scienziato e l’uomo con le sue tentazioni terrene. La scienza è una entità a due facce e se usata dai politici e dai militari diventa sempre una tragedia.
Solo pochissimi autori possono permettersi di girare un film di tre ore senza annoiare e senza diventare superflui. Nolan è uno di questi e la durata è giustificata dall’enorme mole di materiale necessario (storico e umano) per esaurire le argomentazioni dello scienziato e dell’uomo. È un film dai diversi aspetti, tutti comprimari e della medesima valenza.
È un biopic, innanzitutto, che ci porta a conoscere l’uomo e lo studioso nei minimi comportamenti, nei suoi adeguamenti nella società e nel campo scientifico, nella famiglia, che ovviamente non può frequentare come ogni altro individuo, specialmente nei due anni trascorsi nel deserto del New Mexico per il Progetto Manhattan. Il film inizia con un giovane di belle speranze, che tocca l’apice nell’ambito della fisica quantistica e che vede il fondo del burrone quando politici al servizio del suo amico-nemico lo demoliscono moralmente.
È un film storico narrato con il ritmo dei giorni importanti, delle decisioni determinanti le sorti di una guerra mondiale, degli interessi politici e degli uomini della politica sporca, cioè quella quotidiana, di sempre, anche quella di oggi. La Storia nel momento dell’evoluzione delle armi, della scienza usata per uccidere, la Storia che si ripete con i grandi e i piccoli statisti, con le guerre, dell’uomo che guarda lontano nello spazio e nell’infinitesimale piccolo, che brucia il non allineato, che premia la fedeltà dei prezzolati.
È un thriller perché raccontato come un thriller, che non gioca con i difficili concetti dello spazio-tempo di Interstellar ma con i tempi di un giallo legale che deve trovare forzatamente un colpevole per levargli i meriti affinché trionfino solo i giochi dei potenti. Perché “I dilettanti – come si sente nel film – cercano la luce e si bruciamo. Il potere rimane nell’ombra”. E sotto questo profilo, sicuramente Oppenheimer si rivela un ingenuo, un dilettante, che, accecato dal suo lavoro, non si accorge che gli sfilano il suo personale risultato – sia di scienziato che di manager dell’impresa – e di essere stato solo una pedina nello scacchiere più importante in cui lui non ha alcun ruolo preminente, se non quello di farsi mangiare.
È un film del “teorico” in cui ci si appassiona come fosse d’azione ed è anche un film d’azione anche se i personaggi non si muovono dalle sedie e dalle scrivanie.
È un film drammatico che raggiunge il picco con una storia d’amore che non porta da nessuna parte, se non al suicidio, perché impossibile da coltivare e trova il rispecchio nel senso di colpa che assale il protagonista.
Affinché queste caratteristiche diventino una sinergia e artefice di un film capolavoro serve solo un grande autore. Christopher Nolan assume il ruolo del grande sarto per cucire un’opera grandiosa e vicina alla perfezione. È un suo film al cento per cento: complesso, perfezionista, curatissimo, con un montaggio da capogiro, come al solito con un commento musicale che blinda di piombo come una cassaforte l’intera narrazione. Chi dice che la musica è invadente non ha capito nulla dell’importanza di quelle note e di come si zittiscono di colpo nel momento apicale dell’esplosione atomica. Un minuto di assoluto silenzio come se i nostri timpani fossero diventati sordi a causa del boato, della luce accecante e del sole esploso di rosso distruttivo. In quei tremendi istanti, mentre tutti i collaboratori esultano e gioiscono per il risultato raggiunto, Oppenheimer si porta le mani alle tempie, chiude gli occhi e immagina le conseguenze dell’apocalisse nucleare sull’uomo, la distruzione, la morte, le sofferenze. Sapeva che i suoi studi e quelli dei colleghi avrebbero potuto portare a questo ma osservare la potenza dell’ordigno ora trova conferma. Siamo alla vigilia dell’autodistruzione del genere umano oppure, come teorizza un personaggio del film, sarà la fine delle guerre perché la bomba è troppo potente. “L’inizio della fine” come sentiamo dire nello studio ovale del Presidente.
Inizio travolgente di musica, immagini, suoni, colori e i primi piani sugli occhi chiari spalancati di Cillian Murphy che è in continua estasi e ispirazione (tormento ed estasi, si potrebbe parafrasare con Michelangelo), mentre non dorme di notte, fissa i quadri di Picasso, le formule sulla lavagna, riflette lanciando una pallina contro il muro della camera o calici per osservarli mentre esplodono in decine di frantumi, mentre, appunto, la musica che ci accompagna e ci illustra i vari momenti, con l’avvitamento di note emotive colorando ancor più le roteazioni delle galassie e del cielo stracolmo di stelle. E lui sogna, immagina, spera di aver trovato la fissione dell’atomo. Fili di luce roteante in un susseguirsi di spezzoni montati ad arte. Non c’è pausa per l’occhio, per l’orecchio e per la nostra mente che deve mettere assieme questi dettagli (son più che dettagli), ordinarli, dare una logica e recepire la personalità di Oppenheimer. È appena l’inizio e siamo giù travolti dal frenetico montaggio di Jennifer Lame (Tenet, Storia di un matrimonio, Manchester by the Sea, Hereditary - Le radici del male), che sotto la direzione del regista dà il via ad un film che non permette di rilassarsi. Nolan dopo solo qualche immagine di quello studente visionario, ci catapulta subito nel tourbillon del flashback continuo che sarà il vero film: avanti e indietro negli anni in tre livelli temporali per rimandarci da quei primissimi anni al vergognoso processo politico, e in mezzo gli amori, le passioni carnali, gli intrallazzi politici, i convulsi lavori di Los Alamos dove fece sorgere un villaggio da vivere 24 ore al giorno, tra studi, esperimenti e passatempi. Culminati nell’alba del giorno fatidico, quello dell’esperimento nucleare denominato Trinity, la prima esplosione atomica della storia, avvenuta il 16 luglio 1945 in quello spazio del deserto allestito da Oppenheimer come un set. Esperimento “illuminante” anche nel senso letterale fino quasi all’accecamento. Sequenze a colori, altre in bianco e nero e qui e là l’onnipresente Lewis Strauss a condurre le danze, nel bene e nel male, soprattutto per Oppie, ingenuamente caduto nelle sue braccia mortifere. Questi è una figura ispirata alle inchieste della commissione maccartista per la repressione delle attività antiamericane, inizialmente amico del fisico ma che diventa il nemico numero uno a causa di un equivoco: cosa si dicono Oppenheimer e Einstein lontani dalle sue orecchie a distanza di qualche decina di metri? Sicuramente parlano male di lui, si dice tra sé e sé, spinto anche dalla voglia di vendetta per una frase umiliante fatta da quello che è divenuto l’obiettivo principale della rivalsa. Si potrebbe intravedere in lui il mozartiano Salieri con i poteri, però, per poterlo distruggere.
Regia e sceneggiatura di Christopher Nolan da antologia, musica di Ludwig Göransson che rimane nella mente (come le altre volte, come dimenticare Hans Zimmer di Interstellar?) e che acquista significato attraverso le immagini: commento musicale che è assolutamente complementare all’ordine narrativo in cui Nolan scompone la linearità e la ricompone a suo piacimento al fine della nostra attenzione. Fotografia superba di Hoyte van Hoytema, montaggio di cui prima, scenografia scintillante che sposa l’ambientazione, costumi perfetti (il cappello a larghe falde del protagonista sono già nella storia del cinema), il nutritissimo cast.

Qui ci vorrebbe un articolo a parte. Il cast è per necessità numeroso ma Nolan non si accontenta solo di alcuni attori importanti e ne acquista una barca. Cillian Murphy È Oppenheimer, lo interiorizza, si trasforma, ne diventa la rappresentazione che certamente il regista cercava e lui gli rende omaggio nel migliore dei modi, cioè che meglio non si poteva. L’attore difficilmente avrà in futuro un’occasione simile, è il ruolo della vita. È da Oscar e la statuetta non può sfuggirgli: una performance da standing ovation. Una delle più belle sorprese, che in realtà è una conferma felice, è la prestazione di Robert Downey Jr., qui nella prova più matura della sua carriera: la sua innata eleganza gestuale nel caso trova il personaggio adatto e la misurata recitazione trova sfogo in un ruolo importante, quasi un alter ego al protagonista. Tanto da sembrare l’altra faccia della stessa medaglia. Una prova memorabile. Jason Clarke lascia la recitazione muscolare ancora una volta dopo The Caine Mutiny Court-Martial e risponde all’appello con una prova di eccellente recitazione. Mettendo da parte le decine dei ruoli maschili, da notare l’ottima presenza di Emily Blunt, prima in sordina poi in un crescendo che la porta in primo piano (notevole la sua deposizione nel processo, tutt’altra che comprimaria) e che fa diventare la moglie Kitty sempre più importante, fino a portarla sull’uscio dei premi. Particolare è l’impiego della mia amata Florence Pugh: Nolan la inquadra di traverso, angolata, raramente di fronte, quasi a significare la sua personalità turbata che evita di farsi fotografare: la sua Jean non riesce ad accontentarsi delle briciole affettive e quando è pronta per la decisione terminale il suo uomo è troppo distratto, o attratto da altre. Pochi minuti ma buonissimi. Per Matt Damon il ruolo del generale che affianca il protagonista, anche facile per lui quando si atteggia a uomo tutto d’un pezzo. Curioso ogni tanto ritrovare Benny Safdie attore, anche stavolta in un personaggio particolare, adatto per un fisico teorico ungherese noto per essere il padre della bomba all'idrogeno.

Fatte questa tante considerazioni, come poteva, il film, essere inferiore alle tre ore? Opere come queste devono trovare il tempo necessario per svilupparsi e far completare il discorso del suo autore e Christopher Nolan è stato grandissimo e porterà il film tante volte sul palco degli Oscar.
Il più radicale del regista, non semplicemente il miglior film dell’anno ma uno dei migliori degli ultimi anni, indiscutibilmente. Un capolavoro? Forse, ma solo perché è una parola impegnativa, dal punto di vista dei giudizi, ma ci siamo vicini.
“Che ci piaccia o no, J. Robert Oppenheimer è la persona più importante che sia mai esistita” ha dichiarato il regista. “La sua vicenda è centrale per il modo in cui viviamo ora e per il modo in cui vivremo per sempre. Ha definitivamente cambiato il mondo come nessun altro ha fatto prima.” E lo ha fatto immergendoci in un buco nero narrativo.

Uno degli ultimi fotogrammi è un geniale primo piano di Kitty invecchiata, una Emily Blunt strepitosa: un piccolo movimento facciale di disprezzo verso Edward Teller, l’ex collega del marito che aveva testimoniato contro. Una piccola smorfia che racchiude e chiude.

Riconoscimenti
2024 - Premio Oscar
Miglior film
Miglior regista
Miglior attore a Cillian Murphy
Miglior attore non protagonista a Robert Downey Jr.
Miglior montaggio
Miglior fotografia
Miglior colonna sonora originale
Candidatura al miglior sonoro
Candidatura alla miglior sceneggiatura non originale
Candidatura alla miglior attrice non protagonista a Emily Blunt
Candidatura ai migliori costumi
Candidatura ai migliori trucco e acconciatura
Candidatura alla miglior scenografia
2024 - Golden Globe
Miglior film drammatico
Miglior regista
Migliore attore in un film drammatico a Cillian Murphy
Migliore attore non protagonista a Robert Downey Jr.
Migliore colonna sonora originale
Candidatura per la migliore attrice non protagonista a Emily Blunt
Candidatura per la migliore sceneggiatura
Candidatura per il miglior risultato al cinema e al box office
2024 - Premio BAFTA
Miglior film
Miglior regista
Miglior attore protagonista a Cillian Murphy
Migliore attore non protagonista a Robert Downey Jr.
Migliore colonna sonora
Miglior fotografia
Miglior montaggio
Candidatura per la miglior sceneggiatura non originale
Candidatura per la miglior attrice non protagonista a Emily Blunt
Candidatura per la miglior scenografia
Candidatura per i migliori costumi
Candidatura per il miglior trucco o acconciatura
Candidatura per il miglior sonoro


























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