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Padre (2018)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 18 gen
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 20 ago

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Padre

(The Padre) Canada 2018 thriller 1h38’

 

Regia: Jonathan Sobol

Sceneggiatura: Stephen Kunc

Fotografia: Paul Sarossy

Montaggio: Bryan Atkinson

Musiche: Mark Domitric, Grayson Matthews, Jeff Milutinovic, Tom Westin

Scenografia: Iñigo Navarro

Costumi: Sheila Fitzpatrick

 

Tim Roth: Padre

Valeria Henríquez: Lena

Nick Nolte: Nemes

Luis Guzmán: Gaspar

Julio Pachón: Federico

 

TRAMA: Il Padre è un piccolo truffatore che, vestito da prete, è in fuga da una coppia di poliziotti, lo statunitense Nemes e il colombiano Gaspar. Messo alle strette dalla giustizia, l’uomo decide di scappare rubando un’auto, senza accorgersi che sul sedile posteriore si nasconde Lena, un’orfana di 16 anni che desidera riunirsi con la sorella. Con il passare del tempo e con rischi sempre crescenti, i due creeranno un legame inaspettato.

 

VOTO 6,5


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Due attori d’eccezione in ruoli che conoscono a memoria e che sanno interpretare ad occhi chiusi e un caratterista esperto predisposto per ogni ruolo sono gli interpreti principali assieme ad una giovanissima attrice, che si muovono tra gli Stati Uniti e il Centro America: chi scappa e chi insegue. Schema classico con tanto di lestofante che campa con sotterfugi e furti e un misterioso uomo che si è messo in testa, costi quel che costi, di giustiziarlo per chissà quale vendetta, aiutato da un poliziotto locale assoldato.



Tim Roth (il Padre) è perfetto nel ruolo del truffatore travestito da prete con tanto di tunica sporca, come la sua vita fatta di imbrogli e ruberie di ogni sorta; Nick Nolte (Nemes) è il conosciuto e consueto omone che trasuda rabbia e giustizia “fai da te”. Solo alla fine si comincerà a capire il motivo per cui non demorde nel suo intento e la rabbia che lo spinge così lontano. Oltre questi tre, il quarto incomodo – perché lo diventa suo malgrado - è Lena, un’adolescente sola e senza famiglia, alla disperata ricerca della sorellina di cui non ha più notizie. Quest’ultima, incoscientemente, si aggrappa al più inaffidabile delle persone che possano aiutarla, perché il Padre finto non ha tempo né voglia di aiutarla. Lui deve pensare a scappare dall’inseguitore tra le strade di Bogotà ma la ragazzina non demorde, fin quando, proprio nel momento dell’abbandono, si accorge che non può tirarsi indietro, anche perché sta arrivando la resa dei conti. Qualcuno resterà a terra ma l’importante è che la giovane Lena possa assolutamente salvarsi.



Le molto buone performance e l’accurata scelta dei luoghi di e intorno a Bogotà elevano questo thriller che ha tutte le caratteristiche del cinema di nicchia, nonostante abbia un cast di tutto rispetto. L’inglese Clive Lowry, che poi sarebbe il vero nome del prete, è quindi in fuga in una Colombia presentata incasinata, polverosa e dal rossastro dominante della fotografia, inseguito da un uomo che in realtà è un ex sceriffo a cui si è aggiunto, tirato per la giacca, il poliziotto locale Gaspar (Luis Guzman), materialmente trascinato perché serve all’inseguitore come guida e traduttore. Questi si adegua ma non manca di far presente più volte le difficoltà che incontrano, non capendo mai bene il motivo di tanta ossessione. “Coloro che cercano vendetta dovrebbero scavare due tombe.” Poco incoraggiante come consiglio, ma l’americano non lo ascolta, pare la replica del capitano Achab che non vuole mollare la sua balena bianca: “Sono legato a lui... Ho legato il mio destino a una lancia e l’ho puntata al suo cuore!”, continuando a sfondare porte e brontolare costantemente.



Nel frattempo, il fuggitivo incontra Lena (Valeria Henríquez), un’orfana che ha la disperata necessità di raggiungere gli Stati Uniti per ritrovare la sorella perduta. Lentamente scopriamo la gravità del distacco tra le due fanciulle: la sorellina era stata comprata su un sito web di adozioni al mercato nero da una famiglia del Minnesota. I due viaggiano verso sud in maniera irregolare, tra mille pericoli e con l’occasione, per esempio, l’uomo approfitta, essendo squattrinato, per rapinare una chiesa per finanziare il loro viaggio.



Se in principio non sono chiari i motivi per cui si è scatenata rabbiosa la ricerca, quella di Nemes è personale ed emotivamente carica, mentre la storia si sviluppa con tocchi prevedibili di redenzione. Roth e Guzman interpretano ruoli familiari, ma è Nolte a brillare, con una performance intensa che lo vede spesso al centro dell’azione. Sarà pure un film scontato ma la bravura degli attori tiene alto l’interesse e Tim Roth, attore che molto spesso non viene valutato per l’effettiva bravura, che sa eccellere nei ruoli più a lui adeguati, non è da meno e i due protagonisti sanno rubarsi la scena a seconda dei casi. Due big.



E come accade sempre in trame simili, ci si dovrebbe schierare dalla parte del rappresentante della legge, ammesso che sia giustificato e legale il suo comportamento, ma, come appunto succede abitualmente, si finisce per fare il tifo per il fuorilegge, vuoi perché è più simpatico, vuoi perché se ne ammira la furbizia o si perdona per via della necessità che lo spinge. Non è il caso del fascino del bel bandito ma funziona anche con i brutti simpatici.

Piccolo film, senz’altro, ma è un piacere assistervi.



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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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