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Parliamo delle mie donne (2014)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 20 nov 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

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Parliamo delle mie donne

(Salaud, on t'aime) Francia 2014 dramma 2h4’


Regia: Claude Lelouch

Sceneggiatura: Claude Lelouch, Valérie Perrin

Fotografia: Claude Lelouch

Montaggio: Stéphane Mazalaigue

Musiche: Christian Gaubert, Francis Lai

Costumi: Christel Birot


Johnny Hallyday: Jacques Kaminsky

Eddy Mitchell: Frédéric Selman

Sandrine Bonnaire: Nathalie Béranger

Irène Jacob: Printemps Kaminsky

Pauline Lefèvre: Été Kaminsky

Sarah Kazemy: Automne Kaminsky

Jenna Thiam: Hiver Kaminsky

Agnès Soral: Bianca Kaminsky

Valérie Kaprisky: Francia


TRAMA: Durante la sua carriera come fotografo di guerra, Jacques Kaminsky si è preoccupato più del lavoro che dei suoi figli. La sua è stata però una scelta che finirà con il rimpiangere.


Voto 6,5


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Claude Lelouch lo aveva promesso quattro decenni prima a Johnny Hallyday: quando avrai una certa patina sul tuo corpo, quando avrei il fisico giusto ti scriverò un film su misura. Ed è avvenuto, nel 2014, quando il grande rocker francese ha assunto quella cadenza fisica, quello sguardo azzurrissimo ancora più stanco, quando quel biondo si è imbiancato, quando la lentezza dell’età lo ha reso più fragile nel corpo ma sempre duro nel carattere. Da parte sua, Johnny erano cinque anni che non calcava più le scene di un set cinematografico e questa volta ha trovato un ruolo cucito su misura dall’amico regista, che ben si addice alla sua fama di divo al centro della scena. Una scena che gira totalmente sul suo personaggio, Jacques, attorniato da tante donne, tutte belle: prima curiose e sconosciute tra loro, poi innamorate di quell’uomo ed infine anche arrabbiate.


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Jacques Kaminsky è un fotografo di guerra che nell’età più che matura - è arrivato a quasi settant’anni - prende una decisione quasi estrema per un giramondo come lui: quella di sistemarsi e trovare quiete e pace nel buen retiro sulle Alpi, in Alta Savoia, dove si è innamorato di una casa bellissima (per la cronaca, è proprio quella di Lelouch!). Gliela vende una agente immobiliare, Nathalie, e in quella occasione pensa di aver trovato anche la donna della vita, almeno in quel dato momento, dopo tanto girovagare e dopo aver frequentato tante (troppe?) donne che gli hanno riempito l’esistenza irrequieta. È lì che, tramite l’opera dell’amico fraterno di sempre, ha un sogno che parrebbe irrealizzabile, quello di riunire le quattro figlie che ha avuto. Da quattro madri diverse. Eh sì, è stato un bastardo, proprio come recita il titolo originale (salaud), un bastardo irresistibile che causerà stati d’animo ribollenti a tutte quelle donne, sotto lo sguardo innamorato e complice della nuova ed ultima compagna.


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Il grande errore della sua vita è stato quello di aver anteposto il suo lavoro alla famiglia, agli affetti, alle cose che poi sono quelle che restano per sempre e che contano di più. Ma quel maledetto lavoro per Jacques era una droga, in tutti i posti della terra dove c’erano battaglie, scenari da immortalare con le innumerevoli macchine fotografiche, reportage da inviare ai giornali e alle riviste. Per lui quella professione era come l’aria che respirava e negli intervalli trovava l’amica giusta del momento per tornare con i piedi per terra. Quella reunion diventa così l’occasione per tirare le somme, per fare i conti e magari provare a sentirsi in famiglia, che fino a quel momento aveva rifiutato. La riconciliazione con le quattro ragazze però non è così facile, lo sa anche lui: le ha richiamate ben sapendo che sono ignare di essere sue figlie e tramite il suo fidato Frédéric ha organizzato una messa in scena, una oscura menzogna che in primo momento non accetteranno, anzi scatenerà litigi furiosi.


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È il cinema di Claude Lelouch, che da sempre mescola amicizia, forti legami affettivi, amori che nascono fanno giri e poi ritornano, un cinema fatto di parole e sguardi, di panorami, di emozioni intense, rapporti furibondi. La trama ci racconta di abbracci, di bevute di tanto vino rosso, di chiacchiere e finalmente di rappacificazione, ma si sa, mica è un cinema di tarallucci e vino e basta! Quando la situazione sembrerà volgere per il meglio arriva la tragedia finale, perché quando il nostro “eroe” (negativo? positivo? in ogni caso accettabile?) prenderà la decisione finale sarà un pugno nello stomaco.


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Brave, belle, simpatiche tutte le donne della compagnia (ritroviamo nomi eccellenti del cinema francese d’autore: in primis Sandrine Bonnaire, poi Irène Jacob e Valérie Kaprisky) ma sono i chiari occhi stanchi di Johnny Hallyday a dominare la scena. È davvero un personaggio perfetto per la fama che si è costruito nella sua vita. Primavera, Estate, Autunno, Inverno, così il suo Jacques ha voluto chiamare le quattro figlie, come le stagioni non solo dell’anno ma di tutta una vita trascorsa, con le varie fasi che ognuno di noi attraversa, che vive con diversi stati d’animo e con differenti (s)fortune. Il senso della vita e della famiglia fatto di amori, tradimenti, bugie, questo è il film di Claude Lelouch, forse perfino dai toni autobiografici.



 
 
 

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